Recensione - The Binding of Isaac: Rebirth

La nostra recensione di The Binding of Isaac: Rebirth, reamke del titolo di Edmund McMillen

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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The Binding of Isaac: Rebirth è pura inquietudine, un concentrato di indefinibile e palpabile irrequietezza, pronto a gettarvi in un oscuro oceano di traumi infantili e paure ancestrali. C’è il Diavolo, una mamma assassina, un bambino a cui non restano che le sue lacrime, un Dio che chiede continui atti di fede e un dungeon che conduce nei recessi della propria anima dannata. Non solo: non c’è pace, né la possibilità di giudicare con precisione la condotta morale del giovane Isaac, tormentato avatar a cui sono stati sottratti persino i vestiti, che per sopravvivere, in effetti, dovrà scendere a patti più volte con Satana stesso.

Non c’è niente di autobiografico, ha più volte confermato Edmund McMillen, già autore del meraviglioso (e similmente malato) Super Meat Boy, ma è difficile credergli vista la lucidità con cui dipinge la sua personale visione dell’inferno. Perché se fossero tutti cattivi sarebbe più facile, ma non è affatto così. Nessun “buono” in senso classico: solo vittime che diventano a loro volta carnefici. Isaac e sua madre, apprendiamo dal prologo, vivevano sereni e felici nella loro piccola casa. Eppure diversi flashback, che il piccolo sventurato rivive durante la sua epopea, contraddicono l’idilliaco quadretto della famigliola felice. Nel degenerare della situazione iniziale, quando l’instabile genitrice prima rinchiude il figlio nella sua camera e poi prova ad ucciderlo per rispondere alla “chiamata” di Dio, le cose si complicano ulteriormente. Scampato alla follia omicida, trovando momentanea salvezza nello scantinato di casa, Isaac dovrà affrontare i suoi demoni diventando a sua volta un mostro: protuberanze ed escoriazioni gli deturperanno il volto, ma sarà il prezzo da pagare per potenziare le sue statistiche e avere una chance in più di rivedere la luce del sole.

[caption id="attachment_137552" align="aligncenter" width="600"]The Binding of Isaac: Rebirth screenshot The Binding of Isaac: Rebirth - screenshot[/caption]

The Binding of Isaac: Rebirth è un roguelike dal coefficiente di difficoltà piuttosto elevato, con un sistema di controllo affine al genere dei twin stick shooter. A partire da una visuale isometrica, dovrete liberare le varie stanze di cui si compone il dungeon dai nemici, fino allo scontro con il boss finale, usando come arma non convenzionale le lacrime dell’avatar. Ci sono poche possibilità di sopravvivere contando solo sulle proprie forze. La riserva di cuori è limitata, in breve si finisce per essere incalzati da un nutrito numero di mostruosità assortite dotati di pattern d’attacco difficili da eludere. Si finisce in fretta per andare a caccia di zone segrete, sfruttando appieno la scorta in dotazione di bombe e chiavi. Negozi, scrigni, patti con il diavolo: sono numerose le possibilità offerte per appropriarsi di power-up con cui incrementare gittata, potenza dei colpi, velocità di spostamento. Siete all’inferno tuttavia: per ogni ricompensa c’è un prezzo da pagare. A volte dovrete sacrificare parte della vostra barra di salute. Altre correrete il rischio di ritrovarvi con un item pressoché inutile, quando non dannoso. Spesso si tratterà di affrontare minacce che avreste anche potuto evitarvi se solo non aveste dato ascolto a curiosità e ingordigia.

Un po’ come in Spelunky, altro meraviglioso indie disponibile sia su PlayStation 3 che su PS Vita, la fortuna è il quid del gioco: croce e delizia che spesso vi condannerà a tremendi game over, raramente vi premierà con sospetta generosità. Il discriminante tra il capitolare nelle primissime stanze e giungere con qualche speranza nel livello più basso del dungeon è rappresentato da un singolo power-up magari trovato per puro caso, sparando a qualche escremento o facendo detonare un cumulo di macerie. Come se non bastasse, il più delle volte si scopre solo con l’esperienza (o sbirciando su internet) l’effettivo potere sprigionato dagli oggetti raccolti. Il risultato è un’esperienza assuefacente e incredibilmente inquietante. Non ci si riesce a staccare dallo schermo, soprattutto quando ha le dimensioni contenute di quello della PS Vita, sia perché si ha sempre la netta sensazione di potercela fare, sebbene il livello di difficoltà aumenti esponenzialmente, sia perché persiste la curiosità di imbattersi in qualcosa di mai visto prima.

[caption id="attachment_137550" align="aligncenter" width="600"]The Binding of Isaac: Rebirth screenshot The Binding of Isaac: Rebirth - screenshot[/caption]

In questo senso, The Binding of Isaac: Rebirth racchiude al suo interno tutti gli oggetti, nemici e arene dell’originale e dell’espansione Wrath of The Lamb. Presenti anche le Challenges: serie di livelli da affrontare partendo con bonus e malus preimpostati. Non manca neanche l’intrigante co-op solo su PlayStation 3 e PC: nei panni di uno dei tanti aiutanti in cui Isaac può imbattersi nel suo viaggio, potrete dare manforte a un amico, sebbene il vostro intervento gli ruberà parte della vita.
Lievemente ritoccato anche il comparto grafico-sonoro. Visivamente gli sprite godono di una miglior definizione e sono mossi da animazioni più curate. Notevole anche la rinnovata palette cromatica, sebbene il gioco continui ad essere dominato dai marroni e grigi. D’impatto il sonoro, efficacissimo nel creare l’atmosfera opprimente e terrificante su cui si basa l’intera esperienza.

Naturalmente queste timide migliorie estetiche non bastano a giustificare l’acquisto di questo remake se già a suo tempo avete spolpato a dovere l’originale e DLC. Al contrario se siete a caccia di qualcosa che ricordi per impostazione e feeling la paranoica assuefazione di Spelunky e degli altri roguelike, preparatevi psicologicamente: The Binding of Isaac: Rebirth è un gioco capace di incatenarvi al pad con un gameplay ben articolato in ogni sua componente, ma vi trascinerà in un mondo sporco, malato e perverso. Se siete già intristiti dalla fine dell’estate e dall’imminente arrivo dell’inverno, fareste bene a stare alla larga da uno dei giochi più malsanamente inquietanti che l’industria videoludica abbia mai partorito.

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