Recensione - Tales of Zestiria
Bandai Namco prova a cambiare la formula di una della sue serie più amate: la recensione di Tales of Zestiria
Il mondo di Tales of Zestiria, il continente fittizio di Glenwood, è governato da due differenti tipologie di esseri senzienti: gli angelici serafini ed i più comuni umani. I primi sono dotati di grandi poteri sovrannaturali, in grado di dissipare la malvagità in cose e persone, i secondi sono invece conosciuti per la loro straordinaria forza fisica. Da qualche tempo però l’influenza benefica dei serafini si è fatta sempre più debole, al punto che le forze oscure hanno iniziato a corrompere il mondo circostante, dando così vita agli avernali, malefici mostri il cui unico obiettivo è quello di seminare panico e distruzione. La leggenda narra però che proprio quando la disperarazione avrà raggiunto il suo culmine un eroe, il cosiddetto Redentore, si paleserà nelle terre di Glenwood per dissolvere la malevolenza e portare di nuovo la pace tra umani e serafini. Questo Redentore è, manco a dirlo, proprio il protagonista del gioco, Sorey, che grazie al potere di stringere patti con alcuni degli esseri angelici più potenti acquisisce l’abilità di purificare gli avernali dall’aura negativa che li circonda. Nonostante l’incipit sia molto classico ed estremamente abusato nei prodotti di stampo prettamente giapponese è nella caratterizzazione dei personaggi che risiede il vero punto di forza del gioco. Ognuno di essi presenta molteplici sfaccettature, al punto che le loro azioni non saranno mai completamente bianche o completamente nere: c’è largo spazio per sfumature che spingeranno più volte il giocatore ad interrogarsi su quanto appena avvenuto a schermo.
Non è tuttavia nella trama che risiede la vera rivoluzione di Tales of Zestiria, quanto piuttosto nel gameplay. Dopo gli esperimenti condotti con i due Xillia, Bandai Namco vira finalmente verso una struttura esplorativa di ancora più ampio respiro, nella quale enormi aree sono interconnesse tra loro, un po’ come succedeva nel mai troppo lodato Xenoblade Chronicles per Wii. Questa volta però, a differenza che nei due titoli, il level design assume maggior consistenza, ritornando così agli standard qualitativi degli episodi più lontani. Una menzione va fatta per il sistema di transizione tra esplorazione e scontri: niente più caricamenti e battaglie all’interno di arene: ora si affrontanoi nemici direttamente nel punto in cui si sono incontrati, snellendo e velocizzando il ritmo globale dell’avventura.
"Bandai Namco vira finalmente verso una struttura esplorativa di più ampio respiro, nella quale enormi aree sono interconnesse tra loro"[caption id="attachment_147691" align="aligncenter" width="600"] Tales fo Zestiria - screenshot[/caption]
Ciò che invece non è cambiato è purtroppo lo sforzo profuso nel comparto grafico, che sembra essere quello di un titolo di medio budget. Anche su PlayStation 4, nonostante gli ovvi upgrade visivi dati dalla maggior potenza della macchina, vengono comunque offerte texture talvolta slavate e a bassa risoluzione, ambienti spesso spogli e poco caratterizzati e modelli poligonali di personaggi non giocanti anonimi e mal animati. Nemmeno questa volta la serie Tales of fa il tanto atteso salto qualitativo in chiave tecnica.
Tales of Zestiria è un prodotto sicuramente meritevole di attenzioni: il rinnovato sistema di combattimento evolve finalmente il concetto di action JRPG verso nuovi orizzonti, richiedendo al giocatore un certo grado di abilità per portare a termine gli scontri più impegnativi. Ciò che convince meno sono purtroppo il comparto grafico e l'applicazione della direzione artistica, che deludono, in quanto anonimi e privi di quel guizzo di originalità che aveva caratterizzato invece il mondo di Tales of Xillia. Per il resto ci troviamo al cospetto di un solido Tales of, che come da tradizione pone l’accento sul cast dei suoi personaggi più che sull’intreccio vero e proprio dell’avventura, una scelta che si è rivelata anche in questa occasione tutto sommato convincente.