Recensione - Sacred 3 - Ancaria cambia volto

Sacred 3 stravolge la serie: la nostra recensione

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


Condividi

L'operazione con la quale il team di sviluppo di keen games ha reinterpretato la saga di Sacred non è piaciuta a molti. La serie era nata come gioco di ruolo, con una enorme mappa che consentiva al giocatore di vagabondare a lungo anche in zone lontane da quelle ove risiedevano gli obiettivi principali; la terza iterazione, la prima ad opera dei ragazzi tedeschi, stravolge completamente la natura del gameplay, spostandosi verso una netta linearità, quella derivata da un impianto di gioco hack and slash.

Operazione discussa, dicevamo, nella misura in cui i fan hanno rigettato la scelta, e si può anche capirli, ma se il punto di partenza deve essere il fatto che il gioco di ruolo è bello a prescindere, l'hack and slash brutto per forza, allora non si può accettare l'assunto. Anche perché, lo diciamo senza timore di essere smentiti, il primo Sacred era davvero un gran bel gioco, ma già il secondo non è che fosse così eccezionale. Purtroppo eccezionale, anzi nemmeno buono, non lo è anche Sacred 3, nonostante alcune scelte di gameplay coraggiose ed interessanti, che se sviluppate all'interno di un prodotto meglio concepito avrebbero sicuramente pagato.

[caption id="attachment_135158" align="aligncenter" width="600"]Sacred 3 - screenshot Sacred 3 - screenshot[/caption]

La produzione vuole delineare l'hack and slash secondo canoni purissimi, anacronistici forse al giorno d'oggi, dotati di quella genuinità da vecchia scuola ma purtroppo non supportati da adeguate strutture. Orde di nemici si scagliano a frotte sul proprio personaggio, selezionabile tra un roster di quattro eroi, nemmeno poi tanto diversi nello stile di gioco e nelle abilità, e tocca solo sterminarli, da soli o compagnia di un massimo di altri tre giocatori, sia in locale che online,  in maniera molto poco cerebrale, ma facendo sfoggio di un repertorio di attacchi scenografici ed abilità letali, poche ma buone. Non si ricorre solo al button mashing però, Sacred 3, soprattutto al livello di sfida più elevato, richiede ottimi riflessi, soprattutto negli scontri con i boss di fine livello, che sono grandi, grossi e cattivi, e menano forte.

"Non c'è niente in Sacred 3 che possa elevarlo da una consolante e comoda sufficienza, verso livelli qualitativi più elevati"

Già, livelli, perché l'opera di smantellamento dell'impianto ruolistico prevede anche una ben più canonica, anzi quasi vecchia, perché relegata ormai a pochissimi generi (i platform, gli shooter) suddivisione in livelli. Non è un problema, il problema è il come siano realizzati, ed è il difetto che affossa la produzione, gettandola in una ripetitiva sequenza di massacri, piacevoli certo, ma sempre e solo quelli, offrendo niente dal punto di vista della varietà. Il level design non propone mai soluzioni atte a variare il ritmo della progressione, non concede niente all'esplorazione, solo occasionalmente prova a introdurre qualche elemento diverso, ma si tratta di porte da aprire, ruote da girare, postazioni da distruggere, e l'impatto che questi espedienti hanno sull'economia del gioco è nullo. Sacred 3 è tutto incentrato sul picchiare e tagliare e sminuzzare, e questo sarebbe potuto essere oro per gli appassionati di tipologie di gameplay immediate e senza fronzoli, ma non può reggersi solo su quello senza cadere nel baratro della ripetitività, anche al netto di un'esperienza che non brilla per longevità, attestandosi sulle otto, nove ore di gioco.

[caption id="attachment_135159" align="aligncenter" width="600"]Sacred 3 - screenshot Sacred 3 - screenshot[/caption]

Una componente ruolistica appena accennata prova a rendere più solida l'offerta del gioco, ma è solo una traccia, fatta da abilità passive che si sbloccano con il passare dei livelli e si acquisiscono con moneta sonante e da potenziamenti per le (pochissime) armi. Equipaggiamento? Non pervenuto, perché Sacred 3 ripudia completamente il loot, punto focale di produzioni come Diablo, e non è che dispiaccia poi molto la scelta, visto che il ritmo del titolo si tiene sempre elevato, senza passare ore nei menu a controllare le statistiche ora di questo, ora di quell'oggetto, ma si sarebbe potuto includere anche in altre maniere, più adeguate alle dinamiche del gioco e meno invasive.

Non c'è quindi niente in Sacred 3 che possa elevarlo da una consolante e comoda sufficienza, verso livelli qualitativi più elevati. Non basta il suo umorismo strambo, né un comparto grafico quello sì, al passo con i tempi, con tanto movimento su schermo, una direzione artistica apprezzabile ed una tecnica che sfoggia modelli dettagliati, texture buone ed un'ottima varietà di effetti, per un titolo che invece nel gameplay è molto classico. Al di là degli integralismi quindi, quelli secondo il quale una saga deve rimanere tale e quale nel tempo e mai provare a cambiare, che vanno rifiutati, il titolo di keen games non appassiona, nonostante faccia vedere del buono, quel buono che magari potrà essere in futuro sfruttato in maniera migliore.

Continua a leggere su BadTaste