Recensione - Ronin

Un action platform che mischia azione a turni ed in tempo reale: la recensione di Ronin

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Devolver Digital è ormai una affermata realtà legata all’universo indie, un publisher capace di proporre titoli interessanti e vari in un segmento che, pur tra alti e bassi, sembra crescere senza sosta, e in cui la competizione è esasperata. Con Hotline Miami 2: Wrong Number, Titan Souls e Not a Hero il 2015 dell’azienda texana è stato sin qui notevole, e Ronin si propone di proseguire la scia di grande successo di pubblico e critica sin qui ottenuto.

Il titolo sviluppato individualmente da Tomasz Waclawek si presenta in modo non esattamente originale, ma comunque molto intrigante; una donna vuole vendicare il padre, uccidendo cinque suoi soci in affari responsabili, a quanto pare, della sua morte. Per farlo, la nostra eroina senza nome, armata di una sola katana e di una agilità da ninja, dovrà farsi largo attraverso una serie di livelli bidimensionali, tratteggiati con uno stile grafico minimalista, al punto da presentarsi quasi come una sorta di Killer7 in 2D.

[caption id="attachment_144932" align="aligncenter" width="600"]Ronin screenshot Ronin - screenshot[/caption]

Se le premesse narrative omaggiano Kill Bill quasi fino al plagio, dalla protagonista in katana e tuta da motociclista al plot generale, il gameplay risulta subito più originale di quanto non possa apparentemente sembrare. L’azione è essenzialmente quella di un action platform bidimensionale, con la particolarità che il salto è affidato allo stick destro del pad, con cui disegnare curve e parabole e muovendoci virtualmente senza limiti lungo gli stage, e il combattimento è rigorosamente a turni. La combinazione di questi due elementi distintivi conferiscono a Ronin un ritmo e uno stile di gioco singolari e quasi unici. A differenza di altri titoli simili, come ad esempio l’immenso capolavoro che fu Mark of the Ninja, l’azione stealth è pressoche nulla e anzi l’ingaggio diretto coi nemici è essenzialmente obbligat,o per riuscire a completare i livelli e soddisfare gli obiettivi opzionali.

"Il mix di azione a turni, grafica stilosa e pianificazione tattica delle mosse funziona bene ed è nel complesso divertente"

La sfida, che come è ovvio è di crescente complessità lungo i quindici livelli disponibili, consiste nel raggiungimento di un obiettivo prefissato, che prevede generalmente il disinnescare i vari allarmi presenti nei livelli per poi proseguire oltre. Oltre a disinnescare gli allarmi e uccidere, nei livelli dedicati, i cinque soci del defunto padre, in ogni livello sono presenti una serie di obiettivi opzionali, come ad esempio uccidere tutti i nemici presenti nello stage e risparmiare (senza allertarli) i civili inermi. Completare gli obiettivi opzionali è fondamentale per ottenere skill points, con cui acquisire nuove abilità da una lista che per la verità non appare troppo ampia e invitante, tanto è vero che è possibile superare i livelli senza ingegnarsi più di tanto per ottenere skill point e abilità.

[caption id="attachment_144933" align="aligncenter" width="600"]Ronin screenshot Ronin - screenshot[/caption]

Il mix di azione a turni, grafica stilosa e pianificazione tattica delle mosse funziona bene ed è nel complesso divertente, ma le ambizioni di Ronin si schiantano ben presto contro una serie di limiti strutturali piuttosto evidenti. Il level design, pur nel complesso sufficiente, mostra ben presto la sua eccessiva semplicità e linearità; spesso per completare il livello c’è un unico modo di procedere, tarpando le ali alla fantasia del giocatore e alla voglia di sperimentare soluzioni diverse e trasformando l’intera esperienza in un lungo e ripetuto trial and error. A peggiorare, se possibile, questo approccio cosi lineare e semplicistico si aggiungono obiettivi opzionali che, come detto, mancano di varietà e interesse, e che sono per di più funzionali all’ottenimento di skill non sempre utili. Rivedibile anche il sistema di checkpoint, che ad ogni morte riporta troppo indietro l’azione, obbligando il giocatore a ripetere passaggi già agevolmente superati, invece di riproiettare l’azione al momento del game over.

In un quadro del genere, appare quasi salvifica la longevità del titolo, contenuta in una manciata di ore; per paradossale che possa sembrare, se Ronin avesse richiesto 12 ore per essere completato, anziché 5 o 6, la qualità generale ne avrebbe ulteriormente risentito. Stando così invece le cose non ci si annoia mai, pur con i detti limiti il titolo è godibile e scorre via abbastanza agevolmente. Resta l’amarezza per ciò che sarebbe potuto essere, ma una volta tanto va bene cosi.

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