Recensione: OldBoy, il Blu-Ray Disc

L'edizione HD del film è in grado di trasmettere il grande lavoro di immagini e musiche che il team del film ha infuso in ogni fotogramma di OldBoy...

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Dati Tecnici

  • Video: AVC, 1080/24p, 2.40:1

  • Audio:

    • 5.1 DTS: Italiano Francese Spagnolo Tedesco

    • 5.1 DTS HD Master Audio: Inglese

  • Sottotitoli: Italiano Inglese NU Francese Spagnolo Tedesco

  • 1 disco 50 gb

  • Region free

  • Amaray

  • Prodotto e distribuito da Universal.

  • Edizione ITALIANA disponibile nei seguenti paesi: IT, FR, DE, ES, UK.

Film

1993. Joe Doucett è un dirigente che lavora nel campo della pubblicità. E' inaffidabile, alcoolista, volgare e collerico, in particolare con la sua ex moglie e la figlia di tre anni. Dopo l’ennesimo sgarro con un importante cliente a causa del proprio carattere, si ubriaca e vaga per le strade di un quartiere orientale, fino a quando abborda una donna sconosciuta. Senza che abbia memoria dell'accaduto, Joe si risveglia in una strana stanza d'albergo, che si rivelerà essere una vera e propria cella da cui è impossibile uscire. Rinchiuso, torturato psicologicamente, incastrato per l'omicidio della sua ex moglie e tenuto in vita nonostante i tentativi di suicidio, Joe passa vent'anni segregato e separato dal mondo esterno, covando un profondo senso di rabbia e vendetta, cercando di capire chi può volere tutto questo. Improvvisamente viene rilasciato e per Joe è giunto il momento di consumare la vendetta, ritrovare sua figlia e cercare una risposta alla sua domanda. Forse però la vera domanda non è perché è stato rinchiuso, ma perché è stato rilasciato.

Quando si parla di remake, la reazione unanime e costante che gli appassionati di cinema hanno è quella di un profondo malessere, fastidio e rabbia, senza nemmeno sapere i dettagli. Al di là dell'isterismo causato da convinzioni personali, c'è da dire che per alimentare tutto questo Hollywood c'è l'ha messa tutta, fino a far diventare questo termine uno dei peggiori spauracchi possibili. Una volta, all'alba del cinema, il remake non era altro che una forma rivista e corretta che gli stessi autori dell'originale sviluppavano per concretizzare una versione più vicina al loro ideale, suffragata dall'evoluzione che il mezzo compiva ogni anno: basti pensare alle due versioni de I Dieci Comandamenti di DeMille. Poi sono venuti fuori quei remake che pescano dai film del passato, ma sono solo un mezzo di espressione dell'autore, di cui l'esempio più sbandierato è La Cosa di Carpenter. E poi vennero i remake il cui unico scopo è continuare a vendere il marchio, sfruttando la fama del film originale e qui gli esempi si sprecano. Sono proprio questo tipo di remake ad aver inasprito il cuore degli appassionati di fronte a queste operazioni, perché ci si ritrova davanti prodotti scialbi il cui unico traino dovrebbe essere la fama dell'originale, ignorando che spesso si fa un danno proprio a quelle pellicole per la generazione che non li conosce. Titoli come Oldboy, qui in oggetto, appartengono a una categoria ancora diversa e legata per lo più da un problema linguistico e culturale. L'America, ma non è certo l'unica, quando sente il clamore di un prodotto all'estero, lo ripropone tale e quale o quasi, ma rifatto made in Hollywood, copiando per filo e per segno il titolo che all'estero è diventato un cult. Il perché probabilmente è legato alla pratica del doppiaggio, sostanzialmente “sconosciuta” in America, o più semplicemente si saccheggia dove è possibile farlo per sopperire alla mancanza di idee o di coraggio nel supportarle.

Oldboy, che è tratto da un manga giapponese, è un remake del titolo omonimo di culto diretto da Park Chan-wook, dal quale fu consacrato come uno dei più stimati autori Sud Coreani. Di lunga gestazione, passato da mani diverse, è diretto da Spike Lee e sceneggiato da Mark Protosevich e, nonostante l'opera cartacea originale, pesca a piene mani dal titolo di Park e lo rielabora americanizzandolo, dalla geografia fino all'etnia. Ma al di là di quanto detto sin ora, Spike Lee, checché se ne dica, rimane uno degli autori più brillanti in America, armonizza e da una propria anima a un prodotto che parte da una base preesistente. Lo stile di Lee non scimmiotta la tipica lentezza e lo stile quasi ermetico del collega coreano, ma rispetta la propria poetica, il suo soffermarsi prepotentemente sui personaggi, sui dettagli per raccontare una storia e creare un'atmosfera con il potere delle immagini e della gamma delle emozioni umane. Rispetto ai suoi lavori più personali, Lee non esagera con i propri vezzi, ma mantiene un equilibrio in modo da dare maggiore spazio alla storia stessa. Josh Brolin nel ruolo di Joe si carica tutto il film sulle spalle e per tutta la durata è lui a dare il ritmo, a scandire i toni e a dare la direzione, dimostrandosi non solo uno dei migliori interpreti della sua generazione, ma anche uno dei migliori attori viventi, capace di sfoggiare un ampia gamma di emozioni con un volto che buca lo schermo, una recitazione fisica convincente (per il ruolo è dovuto ingrassare e dimagrire nel giro di pochi giorni) e un uso notevole della dialettica (ogni inflessione di Joe è indimenticabile). La parte migliore del film è, per l'appunto, costituita dai primi quaranta minuti, ossia la prigionia di Joe, dove si assiste ad una notevole prova attoriale e ad una direzione registica in grado di favorirla al meglio. Ma a dispetto di quello che si potrebbe considerare un one man show, il cast di supporto sorprende ugualmente, grazie all'incredibile talento di Elizabeth Olsen, una delle più quotate giovani attrici del momento, anch'ella in grado di calarsi in un ruolo segnato da un profondo dolore che lascia trasparire con un solo sguardo e con il proprio corpo (la sequenza di sesso tra Joe e Marie è tra le cose migliori che si sono viste negli ultimi anni in un titolo commerciale). Gradita la partecipazione del sempre verde Samuel L. Jackson, che in qualche modo pesca dal proprio repertorio un soggetto di tarantiniana memoria. Mentre Shartlo Copley si sta sempre più specializzando in ruoli “freak”, eccessivi e sopra le righe, tale da essere l'elemento più difficile da inquadrare. Benché le di scene di violenza, sia fisica che emotiva, siano dirette sorprendentemente bene, cosa insospettabile per la direzione in cui il cinema odierno si sta muovendo, ciò che non convince sono gli eccessi, derivati in parte dalla pellicola di Park e riproposti, con qualche variazione, tanto da sembrare estranei con il resto del film, in particolare la nuova versione dell'arcinota sequenza di combattimento nel corridoio, dove il protagonista affronta da solo e con un martello una serie interminabile di brutti ceffi. La sequenza è riproposta in modo fin troppo simile, da essere aliena, scollegata dal resto del film ed eccessivamente ludica, considerando la complessità dei temi trattati e il finale. E' proprio il finale il maggior punto di distacco tra l'opera di Park e quella di Lee: mentre il primo dava un finale volutamente criptico, incerto e sospeso, lasciando intendere una probabile scelta amorale, quello di Lee da un finale chiaro e definitivo, operando maggiore coerenza con la costruzione del personaggio e con la sua evoluzione. Indipendentemente dalla propria opinione sulle operazioni di remake, Oldboy di Spike Lee è un prodotto che vale la pena sperimentare, capace di regalare uno spettacolo di squisita fattura, tutto incentrato sulle interpretazioni, a cui raramente si riesce ad assistere ai giorni nostri.

 

Video

Del tutto in sordina, quasi un'uscita tecnica, Oldboy di Spike Lee arriva finalmente anche nel mercato Home Video italiano, sotto la distribuzione di Universal. L'edizione, del tutto priva della formula Triple Play (quindi niente copie digitali o copie DVD), è costituita solamente da un disco singolo, contenente il film in alta definizione Blu Ray, confezionato in amaray senza slipcover.

Spike Lee ha deciso di realizzare questo film in una babele di formati in pellicola. Per la maggior parte girato in 35 mm Techniscope, viene affiancato da sequenze in 8 mm Super 8, 16 mm Super 6 e 35 mm Super 35 per gli effetti visivi, il tutto finalizzato in un master digitale a 2K di risoluzione (digital intermediate). Viene da se che queste scelte caratterizzano non poco l'esperienza visiva e che il tutto è pensato per enfatizzare l'aspetto emozionale del film.

Il quadro video viene caratterizzato da diversi gradi di ruvidezza e di rumore, così come l'intera vicenda. In particolare la prima parte del film, prima ancora della prigionia, presenta una grana molto fitta e di grandi dimensioni, perché girata in Super 16 e questa caratterizza quel lato di vita del personaggio Joe, sempre ubriaco e succube dei propri impulsi. Pur mantenendo la stessa rumorosità, il quadro si fa molto più definito e fine, con il progredire della detenzione e, più in particolare, dopo il rilascio, per sottolineare in parte il tempo trascorso, ma più ancora la lucidità del protagonista. In ogni caso, assistere a un film girato ancora in pellicola al giorno d'oggi fa un certo effetto, vista la direzione only digital in cui ormai ci troviamo. E ancora una volta, la superiorità, non tanto di risoluzione, ma di resa, spessore, colori, che la pellicola è in grado di trasmettere non ha eguali. La definizione del quadro è sempre di altissimo livello, grazie alla struttura dei grani, qui riportata fedelmente e che racchiude tutto il dettaglio, ed è in grado di regalare primi piani scolpiti nella pietra, tanto sono definiti e ricchi di micro dettagli e voluminosi da bucare lo schermo, che siano i lineamenti morbidi della Olsen o il volto spigoloso di Brolin. La definizione non cala, sia nei frangenti scuri, che nelle panoramiche (quelle poche esistenti) e il livello di rumorosità resta invariato. I colori sono estremamente brillanti e pieni, ma mai saturi, e il colour grading è ampio, tale da creare una ampia gamma di sfumature precise. Questo, insieme a un livello del nero molto intenso, ma mai schiacciato e anzi ricco di dettagli, è in grado di conferire una tridimensionalità perfetta in ogni sequenza. Come è facile intuire per tutti i titoli derivati da D.I., il quadro è perfettamente stabile, nessuno sfarfallio nell'esposizione, nessun segno di graffi o usura. Grazie a una compressione ad altissimo bitrate in AVC, la trasposizione del quadro è del tutto perfetta e pronta per essere ammirato su qualsiasi pannello.

 

Audio

Come da prassi, che non ha conosciuto quasi mai variazioni, Oldboy presenta il doppiaggio italiano nel consueto DTS a 768 kbps e mixato in 5.1 canali, mentre l'originale inglese è elevato in un DTS HD Master Audio a 5.1 canali.

Gran parte della scena sonora di Oldboy è costituita dalle splendide musiche di Bruce Hornsby e dai dialoghi, specie quelli di Josh Brolin. La traccia italiana è riuscita a preservare questi aspetti, grazie a una pulizia assoluta dei canali e delle frequenze, con dialoghi potenti e sempre precisi, integrati nelle scene e una colonna sonora ricca di sfumature, posizionata come un perfetto tappeto. Non sono molte le sequenze con effetti sonori incisivi, tranne forse la famosa scena di lotta nel corridoio. In quel caso, gli effetti sono ricchi, le frequenze non sono mai sature, ma anzi mostrano una grande dinamica. Buono l'uso dei posteriori e del subwoofer e in generale ottima la geometria sonora, con una collocazione perfetta degli elementi. La controparte inglese non presenta differenze abissali, se non la solita naturalezza in più, ma niente che debba far temere uno scarso lavoro di mixing sulla nostra traccia.

Extra

Un'edizione che, seppur semplice, è perfetta sul fronte tecnico, viene mortificata da un comparto di contenuti speciali pressoché inesistente. A dispetto di quello che viene lasciato intendere, le due uniche voci presenti, sono in realtà dei brevissimi filmati che si risolvono in meno di due minuti, risultando più dei trailer dei veri contenuti, più che degli speciali stessi. Il primo, Trasformazione, mostra il lavoro di Josh Brolin sul proprio fisico per trasformarsi nelle due versioni di Joe: quella grassa e quella provata dai vent'anni di prigionia. Il Making of mostra i punti salienti della lavorazione del film, senza mai scendere nel dettaglio. Ciò che dispiace sapere è che la controparte americana, targata Sony, presenta invece un comparto più dignitoso, presentando una galleria di scene tagliate, un vero dietro le quinte di diciassette minuti e il lavoro delle coreografie della scena di lotta nel corridoio. Perché le edizioni europee e italiane devono risultare sempre più scarse di quelle americane?

  • Trasformazione

  • Il Making of di Oldboy

Conclusioni

Spike Lee confeziona un film di rara bellezza visiva e grande recitazione, capace di far provare forti emozioni, indipendentemente da quale che sia la nostra posizione sul tema dei remake di grandi film. L'edizione HD del film è in grado di trasmettere il grande lavoro di immagini e musiche che il team del film ha infuso in ogni fotogramma; spiace solo constatare un comparto di contenuti speciali del tutto inesistente.

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