Recensione - Mugen Souls Z - Conquista planetaria

Compile Heart torna alla carica, con il JRPG per PlayStation 3 Mugen Souls Z

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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Quando Compile Heart si mette al lavoro, è praticamente impossibile che venga fuori un titolo normale. Le produzioni del team di sviluppatore nipponico sono sempre di gusto smaccatamente orientale, magari poco comprensibili ed affascinanti per il giocatore medio nordamericano o europeo, ma NIS America, succursale occidentale di Nippon Ichi Software, continua nel proporre anche in quei mercati simili titoli, perché evidentemente una nicchia di giocatori che cerca qualcosa di diverso in un panorama videoludico piuttosto uniforme di generi c'è. Tutto questo per dire che Mugen Souls Z, col suo carico di fanservice, lolicon e chi più ne ha (di stereotipi giapponesi) ne metta, il suo senso ce l'ha. Anche se, fin dal primo momento, chi si chiede a cosa diavolo si stia giocando.

Il primo impatto con il titolo di Compile Heart è straniante. S'inizia con l'idiozia totale, in senso buono, del video introduttivo, tutto j-pop e ammiccamenti, con i personaggi del gioco che danzano in un tripudio di colori; si prosegue con una sequenza che porta il gioco nel bel mezzo dell'azione, con uno scontro tra una nave spaziale ed un robot che sembra uscito dalla produzione anni '80, '90 del genere. E sì, il robot è nostro, e la battaglia procede secondo dinamiche alla carta, sasso, forbice. Poi ha luogo uno scontro in perfetto stile ruolistico, perché Mugen Souls Z, in tutta la sua bizzarria, è comunque un gioco di ruolo orientale; poi l'esplorazione di un mondo, tonnellate di dialoghi, personaggi che appaiono e scompaiono. Insomma, il caos più totale, che rende subito chiaro come l'esperienza con il titolo sarà tutt'altro che ordinaria e di facile fruizione.

[caption id="attachment_121386" align="aligncenter" width="600"]Mugen Souls Z screenshot Mugen Souls Z - screenshot[/caption]

Mugen Souls raccontava la conquista dei sette mondi da parte di Chou Chou, che diventava così la dea incontrastata; in Mugen Souls Z di mondi da conquistare ce ne sono dodici, Chou Chou è stata privata dei suoi poteri e si è decisamente ridotta nelle dimensioni, e deve affidarsi alla generosa, in termini caratteriali così come di forme, Syrma, una dea anch'essa, definitiva. Ora, tutto il discorso sulla divinità e sui poteri e sui sudditi e sulla conquista dell'universo è trattato in maniera talmente deficiente che ognuna delle numerose sequenze di dialogo tra i personaggi risulta spesso in una sonora risata, per la bizzarria delle situazioni così come per l'idiozia dei personaggi, stereotipatissimi, ma che comunque piacciono. L'eroica Nao, che poi tanto eroica non è, sembra la più sana di mente del gruppo, Ryuto ha un'apparenza normale ma è in realtà un masochista al quale piace essere trattato male, Tsukika sembra una ragazza indifesa ma ha in realtà una forza incredibile, e via di luoghi comuni, tra situazioni ammiccanti, stramberie senza fine e ironia a profusione.

"Mugen Souls Z è per fortuna perfettamente godibile anche senza badare ai complicati orpelli del gameplay"

Fosse un manga, Mugen Souls Z sarebbe di genere ecchi, ma certamente non di quelli più piccanti, anzi, sfocia talmente tante volte nel ridicolo che la carica allusiva è quasi nulla. E' un videogioco e, come detto, è un gioco di ruolo orientale, e regge quindi su una struttura assolutamente classica. Mondo da esplorare e battaglie con i nemici quindi; in questo impianto sono però infilati talmente tanti espedienti di gioco da dare alla testa, non sempre efficaci. Di certo la caratteristica più rilevante di un sistema di combattimento semi action, a turni ma con una certa possibilità di movimento, è la peculiarità di Syrma di poter conquistare i nemici e trasformarli così in sudditi o pezzi di equipaggiamento. Per farlo la dea definitiva può assumere diverse personalità, ognuna con un costume diverso, e di fatto sedurre i nemici con pose ammiccanti e frasi a effetto, ovviamente in base ai loro gusti. Nonostante la sua particolarità, è un meccanismo con il quale si prende subito confidenza e che è piacevole utilizzare, anche perché il numero e la varietà di sudditi ha varie ripercussioni su altri elementi del gioco. E' tutto il resto, e non è poca roba, a risultare eccessivo e ad appesantire troppo la produzione.

[caption id="attachment_130332" align="aligncenter" width="600"]Mugen Souls Z - screenshot CC Sadist Mugen Souls Z - screenshot[/caption]

Lo stesso sistema si estende ai pianeti, la cui conquista è l'obiettivo principale di Chou Chou, Syrma e compagnia, e quindi del giocatore. Sulla mappa sono presenti dei punti nei quali va svolta una particolare azione, sia un ammiccamento come nei combattimenti, sia la cessione di un oggetto o la sconfitta di un particolare numero di nemici, e soddisfacendo abbastanza il pianeta lo si conquista. Questo elemento segna una progressione non lineare, ed è in questo apprezzabile, ma allo stesso tempo dilata i tempi, senza aumentare la qualità dell'esperienza e facendosi ripetitivo alla lunga. Si scende comunque a patti con questa componente del gameplay, mentre ve ne sono innumerevoli altre che proprio non trovano il loro senso compiuto, come la possibilità di scagliare i nemici in giro per il campo di battaglia, che di fatto niente aggiunge ai combattimenti, o quella di rompere i cristalli presenti negli scontri (che concedono bonus e malus se si rimane nella loro area, effetti misteriosi se li si distrugge), o ancora la possibilità che Syrma ha di incoraggiare i compagni, ripristinandone alcuni punti abilità, macchinosa e irrilevante.

[caption id="attachment_130333" align="aligncenter" width="600"]Mugen Souls Z - screenshot trio Mugen Souls Z - screenshot[/caption]

Mugen Souls Z è per fortuna perfettamente godibile anche senza badare ai complicati orpelli del gameplay, accettandone la natura particolare e divertendosi con un sistema di combattimento comunque rapido e piacevole. Ha problemi di ritmo, nel momento in cui spesso si alternano a brevi sequenze giocate lunghi dialoghi, ma è una questione che è pesante nelle prime ore e si va alleggerendo mano a mano che si procede. E' un titolo con il quale non si può scendere a patti, ma è onesto nella sua proposta, perché è ben evidente quali siano i suoi toni; anche dal punto di vista tecnico è tutt'altro che digeribile per i più, sfoggiando una direzione artistica apprezzabile ma una tecnica appena sufficiente, con una colonna sonora ed un doppiaggio invece convicenti. Nel complesso, anche al netto di tutte le sue stranezze, rimane comunque una produzione discreta, e più che apprezzabile.

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