Recensione - Medal of Honor: Warfighter - Da medaglia?

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Warfighter non fa nulla per rendere i vari elementi del gioco in armonia fra loro

Recensito il nuovo capitolo della saga bellica di EA...

A volte capita che i publisher vogliano a tutti i costi rilanciare titoli, brand o storie che, per un motivo o per l’altro, si erano perse negli anni. I reboot, che oggi vanno tanto di moda non solo in campo videoludico, tuttavia sono un materia da maneggiare con estrema delicatezza, e anche con un po’ di rispetto, dato che non sempre i risultati sono all’altezza delle aspettative. La serie di Medal of Honor, nata su Playstation nell’ormai lontano 1999, pur non eccellendo in quasi nulla aveva una sua leggerezza, una grazia complessiva che, nel giro di pochi anni, la fece emergere come massimo esempio di quel gaming scanzonato e non troppo impegnativo che oggi chiameremmo “casual”. Dopo alcuni episodi non proprio indimenticabili, però, il brand venne abbandonato senza colpo ferire e spostato sullo scaffale delle proprietà intellettuali d’antiquariato. Nel 2010 qualche dirigente di EA, ha deciso di riprovarci e ha tirato fuori dal cilindro Medal of Honor, reboot in salsa moderna del gioco originale. Come mostra Metacritic, però, il risultato fu tutto fuorché un successo. Ma l’azienda di Redwood ha deciso di non perdersi d’animo e, puntualissima, quest’anno ci ha riprovato con Medal of Honor: Warfighter che, nei sogni dell’azienda, dovrebbe poter competere con Call of Duty.

Le cose, però, non sono proprio andate così.

Medal of Honor: Warfighter riprende la vicenda dei soldati TIER 1 laddove l’avevamo lasciata, con il rientro in patria di Preacher e l’inizio della sua, almeno apparentemente normale vita off duty. Peccato però che il ritorno dalle zone di guerra non sia mai qualcosa di tranquillo e piacevole, saremo dunque presto richiamati in servizio e sbattuti ai quattro angoli del globo, andando ad operare nelle zone più pericolose ed instabili del mondo. Divertente, dirà qualcuno, certo, rispondiamo noi, peccato però che i ragazzi di Danger Close, nel loro tentativo di restituire al meglio il senso e la tragicità delle operazioni speciali abbiano dimenticato del tutto un componente fondamentale dei videogiochi: il gameplay. Warfighter, infatti, fa man bassa di tutto l’armamentario classico degli FPS bellici ma non fa nulla per rendere i vari elementi del gioco in armonia fra loro. Intendiamoci, noi di BadGames non siamo tra quelli che cercano l’innovazione ad ogni costo, tuttavia anche le opere più di maniera devono avere una loro coerenza interna; tanto per cominciare sarebbe interessante capire perché, dopo ogni cut scene, ci ritroviamo con in mano l’arma di default anche se nel corso della missione avevamo raccolto altri strumenti, per poi arrivare alla gestione dei momenti scriptati che, anziché rafforzare la tensione e l’impianto scenografico del titolo, si inseriscono malamente nelle sequenze di gioco e rendono l’intera esperienza molto più finta, come se Warfighter fosse più un’esperimento che un titolo completo. L’intelligenza artificiale dei nemici è pessima, con avversari che si nascondono sempre dietro le stesse quattro/cinque coperture e ci corrono incontro per farsi ammazzare mentre le mappe, per quanto a tratti evocative, si riducono ben presto a un reticolo di corridoi senza arte ne parte, dove oltre a mancare l’immaginazione, manca anche il senso logico di determinati movimenti.

Strano a dirsi ma anche il comparto tecnico, interamente basato sul Frostbyte 2.0 di DICE, si mostra in linea con il resto della produzione, offrendo un motore grafico lento e poco ottimizzato, dotato di buoni effetti particellari, ma incapace di reggere il confronto con nessun titolo simile, a partire da Battlefield. Dal punto di vista del multigiocatore, pure qui, non si capisce bene dove Danger Close abbia voluto andare a parare, il multiplayer, infatti, sembra la copia carbone di quello che troviamo in Battlefield o CoD, tuttavia senza il bilanciamento, l’eleganza delle mappe e le opzioni a cui gli sparatutto cosidetti “tripla A” ci hanno abituati. Nel complesso l’intera produzione soffre di un peccato originale, voler a tutti i costi competere in un settore che - spiace dirlo - ha già campioni fin troppo affermati. Medal of Honor: Warfighter avrebbe potuto essere un ottimo titolo se, anziché concentrarsi sul contorno (ovvero le consulenze tecniche da ex soldati e la presunta fedeltà delle operazioni a quelle reali) si fosse rivolto a un pubblico più definito, scegliendo fra il mainstream puro e gli appassionati più sfegatati, quelli che si comprano ArmA e non Call of Duty. Volendo accontentare tutti, EA ha finito per non accontentare nessuno e, anche quest’anno, il trono rimarrà ad altri.

Tipologia di Gioco:

Medal of Honor: Warfighter è un FPS bellico dall'impianto abbastanza classico, basato sulle operazioni reali delle squadre speciali dell'esercito americano e di alcuni gruppi d'elite europei.

Come è Stato Giocato:

Abbiamo testato il gioco grazie a una copia gentilmente fornitaci da EA, per completare la campagna principale ci abbiamo messo circa sei ore. Successivamente ci siamo dedicati al multiplayer per altre dieci ore complessive.

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