Recensione: Lo straniero senza nome, il Blu-Ray Disc

L'edizione per il quarantesimo anniversario dello Straniero senza Nome presenta un'ottima rimasterizzazione del classico di Clint Eastwood...

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Una elegante cover bianca. Un cowboy che impugna una frusta nella mano sinistra e una pistola nella mano destra. E’ così che Universal Pictures festeggia il 40° anniversario de “Lo Straniero senza Nome”, il western diretto e interpretato da Clint Eastwood per l’occasione restaurato e rimasterizzato in digitale su supporto Blu-ray.

Lo scheletro del disco è composto da una notevole traccia video, codificata in MPEG-4 AVC, che restituisce il film in full HD 1080p in aspect ratio 2,35:1, abbinata ad un’ampia selezione di tracce audio, tra cui la lingue Inglese fedelmente proposta in un DTS HD Master Audio 5.1 e l’Italiano in DTS Digital Sorround 2.0 Mono; quest’ultimo formato è riservato anche al Francese, Tedesco, Spagnolo, Ceco, Ungherese e Tailandese.

High Plains Drifter” (1972) è la seconda prova da regista di Eastwood che, dopo il successo di “Brivido Nella Notte”, torna al mondo western dopo l’esperienza “spaghetti” avuta con Sergio Leone e gli insegnamenti ricevuti dall’amico Siegel. Si parla sempre di uno straniero ma non è il monco, il biondo o il Joe della trilogia del dollaro. E’ un ambiguo pistolero che appare improvvisamente nel paesino di Lago e, vista la sua bravura ad uccidere, gli viene chiesto subito di proteggere il territorio. Il villaggio deve infatti difendersi da una banda di criminali che, prossimi all’uscita di prigione, torneranno a saccheggiare le abitazioni. Conscio dell’esclusività della sua abilità, lo straniero impone le sue regole alla cittadina, spodestando lo sceriffo ed eleggendo un nano. Mentre si attende il ritorno dei criminali, Lako cambia veste sotto i suggerimenti egoistici e scaltri del pistolero..

Eastwood riprende il mito dello “Straniero senza Nome” inaugurato con il western italiano fondendolo con il thriller e il noir. Violenza, vendetta, ipocrisia e la visione anarchico-individualista del regista che riversa odio e disperazione sui tetti di Lako, giustizia e redenzione nella frusta dello straniero.

La trattazione dimostra un’ottima dose dei tempi, specialmente perché il clima è quello con cui si aspetta una catastrofe biblica piuttosto che la resa dei conti; il senso di inquietudine è comunque mitigato dall’umorismo virile leoniano e dall’esasperazione umana tipica del Callaghan di Siegel, di modo che la pellicola non si tramuti in una lenta marcia verso un destino nefasto.

Il polveroso western perde soggettività in favore delle terre californiane di Lako, tranquille, ordinate e silenziose ma che nascondono nelle fondamenta la viltà della borghesia e la stagnazione morale dei suoi abitanti. Lako è una moderna Sodoma, un luogo in cui anche la più ottimistica redenzione di Cristo non è applicabile. Qui il crepuscolo non è l’attesa per un futuro incerto e sicuramente infelice. Lako è solamente una parabola in attesa che si avveri. Le considerazioni morali del regista tuttavia non investono solo il villaggio ma anche la figura dell’eroe che, appunto, gode di leggendarietà in due sole inquadrature: l’arrivo e il congedo attraverso un caldo sfondo fluido. Per il resto parliamo di un semplice uomo.

La fantasmaticità del protagonista è resa sul piano onirico e reale, in passaggi suggestivi che la fotografia di Bruce Surtees non manca di sottolineare grazie a ricercate sfocature nei flashback notturni e a graffianti macchie di sangue lievemente illuminate. Il restauro operato da Universal propone un quadro video stupefacente per il dettaglio e la saturazione dei colori. Le finezze dei volti e degli abiti sono marcatamente visibili e non sono ostruiti da una grana che, seppur ben evidente, non è fastidiosa e nemmeno pare ingigantita dai trattamenti riparativi . La resa dei neri è discreta non tanto per la compressione, che è davvero minima, ma per il senso visivo che mira più alla creazione di ombre e fuochi che non a tenebrosi fondali scuri. Si alternano inquadrature ben illuminate, distinte da una gradazione bluastra fredda (specie nei paesaggi), con grigie ambientazioni d’interni (come il bar e dal barbiere).

All’ottima fattura del quadro video segue la solida proposta audio. La lingue Inglese crea un ottimo coinvolgimento grazie al supporto dei 5 canali e del subwoofer che, pur derivando da un audio originariamente monocanale, riesce ad approfondire il suono delle pistole e i rumori ambientali quali la rottura dei legni, gli sforzi fisici dei lavoratori e il galoppo dei cavalli. La partitura musicale si sofferma perlopiù sull’esoterismo della pellicola richiamandola con sonorità lugubri ed echi lontani; il canale LFE quindi non è coinvolto per buona parte dei 105 minuti se non per dare più vigore agli scontri e ai dialoghi. La controparte italiana, presentata in DTS 2.0 Mono, è alquanto rappresentativa. Non può competere con l’audio nativo non tanto per la spazialità ( 5.1 Inglese contro 2.0 Italiano) ma per l’elaborazione ad alto bitrate di cui gode il DTS HD Master Audio.

Al di là del distinto abbinamento audio-video, i contenuti aggiuntivi del disco offrono solo il trailer SD e un menù classico Universal che, pur essendo funzionale e semplice, costituisce ormai una prassi che magari l’utente gradirebbe abbandonare per qualche titolo.

Clint Eastwood propose a John Wayne di fare un western assieme ma il buon sceriffo di Ford rifiutò per il grado di violenza e revisionismo del vecchio West operato nel film in oggetto. Wayne dunque ne sconsiglierebbe la visione, probabilmente per l’arroganza del protagonista e l’irrimediabile abiezione della cittadinanza. Non si può negare che il risultato sia tetro e insolito nel panorama western ma si tratta pur sempre di un traguardo sensazionale per essere solo la seconda creazione registica di Eastwood. Il Blu-ray che Universal sfoggia è grandioso: ad un restauro fatto con cura segue una trasposizione che farà felice gli amanti dell’alta definizione e i nostalgici della frontiera selvaggia.

 
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