Recensione - King’s Quest – Rubble Without a Cause
Graham è diventato re: la recensione di Rubble Without a Cause, la seconda parte di King's Quest
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Rubble Without a Cause, secondo episodio di King’s Quest, riutilizza, immutato, il medesimo espediente narrativo già visto all’opera in a A Knight to Remember. Quello del racconto, del ricordo di imprese affrontate diversi anni prima, è un semplice ed efficacissimo escamotage che, di fatto, ha permesso e permetterà agli artisti di The Odd Gentlemen di accostare avventure temporalmente (e concettualmente) distanti senza troppe preoccupazioni.
Al termine della puntata precedente avevamo lasciato un giovane Graham fresco di nomina a cavaliere. Lo ritroviamo, diversi anni dopo, alle prese con i grattacapi di un sovrano alle prime armi, certamente determinato a rendere onore al suo illustre predecessore, ma ancora inesperto e non del tutto consapevole delle gravose responsabilità che gli pesano addosso. Un po’ come per tutti i supereroi di cui leggiamo e vediamo le gesta nei fumetti e film, le proprie potenzialità, il proprio valore, si palesa nei momenti di crisi, quelli in cui, spalle al muro, non si può fare altro che lottare non solo per la sopravvivenza, ma anche per tutto ciò in cui si crede.
[caption id="attachment_149483" align="aligncenter" width="508"] Sarà che siamo ancora in clima “Star Wars VII”, ma notiamo solo ora una certa somiglianza tra Graham e Adam Driver, attore che veste i panni del temibile Kylo Ren.[/caption]
A conti fatti è questa la feature che rende Rubble Without a Cause un episodio meritevole di essere giocato. Se le meccaniche ludiche, ancora una volta bipartite tra reperimento di oggetti e brevissime fasi action, non presentano particolari stravolgimenti, la tensione e adrenalina introdotta dall’urgenza di salvare ogni prigioniero non solo infonde un carattere unico all’episodio, ma permette alla trama di introdurre e sviluppare la crescita interiore di Graham. Un po’ come accadeva in The Legend of Zelda: Majora’s Mask, bisogna pianificare ogni azione, consapevoli che ritornare nella propria cella, facendo così terminare la giornata virtuale, potrebbe costare la vita ai vecchi alchimisti, alla coppia di pasticceri, al fabbro della città o, peggio, alla simpatica capretta guercia imprigionata al di là di un muro apparentemente invalicabile.
"bisogna pianificare ogni azione, consapevoli che ritornare nella propria cella, facendo così terminare la giornata virtuale, potrebbe costare la vita ai vecchi alchimisti, alla coppia di pasticceri, al fabbro della città o, peggio, alla simpatica capretta guercia imprigionata al di là di un muro apparentemente invalicabile"La scrittura, in questo senso, è brillante. Fonde con le giuste dosi l’inalienabile ironia e humor classico della saga, con i pesanti quesiti morali che si pone il giovane Graham ogni notte prima di addormentarsi. È protagonista di numerosi siparietti comici, ma è consapevole che con molta probabilità non riuscirà a salvare tutti i suoi amici. Proprio a questo proposito si rileva il più grande difetto e limite del gioco: spesso non si comprende quando ci si trova di fronte a un punto di non ritorno. Il software, infatti, non fornisce alcun indizio in merito e, senza nemmeno accorgersene, si potrebbe giungere al momento della fuga dalla prigione, pur non avendo ancora adempiuto a tutti gli incarichi che ci si era posti. Un’eventualità piuttosto fastidiosa, certo rimediabile riaffrontando nuovamente l’avventura, ma che costituisce un grande limite di design. Sempre nell’ambito delle incertezze di questo secondo episodio, citiamo anche la longevità, fortemente ridimensionata, praticamente dimezzata, rispetto ad A Knight to Remember.
[caption id="attachment_149482" align="aligncenter" width="508"] Rispetto alle sei ore con cui abbiamo completato a Knight to Remember, questo episodio ci ha impegnati solo per tre ore.[/caption]
Non serve essere esperti di avventure grafiche per intuire che King’s Quest - Rubble Without a Cause sia una puntata di transizione, un passaggio obbligatorio, e per questo un po’ forzato, per sviluppare e approfondire la psicologia del protagonista. Confrontato alla ricchezza di situazioni e ambientazioni ostentata dal primo episodio, la seconda sequenza dell’avventura ne esce con le ossa rotte. Eppure la tensione creata dagli alleati in difficoltà si rivela uno stimolo più che sufficiente per giungere, soddisfatti, al colpo di scena che conclude, almeno per il momento, il gioco. The Odd Gentlemen, insomma, sta proseguendo con successo nella felice opera di restauro di un noto brand del passato. Anche con questo episodio, il reboot di King’s Quest si sta dimostrando un prodotto sviluppato con tutte le cure del caso che farà la felicità tanto dei fan, quanto dei neofiti in cerca di un’avventura grafica sempre divertente, per quanto mai eccessivamente impegnativa.