La notte del 2 Febbraio 1959 nove escursionisti morirono sul versante orientale del monte Kholat Syakhl, una imponente montagna degli Urali. In base alle indagini e alle testimonianze dell’epoca i nove morirono in circostanze misteriose, dato che l’insieme di elementi che comprendevano la loro tenda lacerata dall’interno, la fuga in direzioni diverse e le ossa e gli organi interni lesionati senza apparente segni di lotta sembravano non avere senso, se messi tutti insieme. L’inchiesta delle autorità sovietiche fu chiusa senza giungere ad alcuna conclusione, e ancora oggi aleggia il mistero su quella tragica notte, mistero a cui Kholat si ispira, nel tentativo di creare una avvincente e spaventosa avventura horror.
Il titolo di
IMGN.PRO si presenta con le migliori premesse, è un’avventura in prima persona basata sull’
Unreal Engine 4, che sin dai primi minuti mostra i muscoli, con ottimi effetti di luce e texture che rendono splendidamente la maestosità del colosso nevoso siberiano. A dare ulteriore lustro alla produzione contribuisce il celebre attore
Sean Bean, coinvolto come voce narrante degli eventi su cui vi ritroverete ad indagare e che, per quel che ci riguarda, fa decisamente bene il suo dovere. Purtroppo però i meriti di
Kholat finiscono qui, lasciando spazio a un prodotto confusionario e in definitiva disastroso. Dovessimo definire
Kholat con un aggettivo questo sarebbe
“inesplicabile”, dal momento che sin dal primo istante di gioco si fa quasi del tutto fatica a comprendere quello che avviene a schermo. Non si fa il minimo sforzo per dare una storia, una credibilità o una reale motivazione al nostro alter ego digitale, che sembra essere sui luoghi dove la tragedia si è consumata per motivi che potrebbero essere tanto di investigazione giornalistica quanto di ricerca scientifica, e che soprattutto non portano come vedremo narrativamente a nulla.
[caption id="attachment_144436" align="aligncenter" width="600"] Kholat - screenshot[/caption]
Dopo una breve parte iniziale nell’ultimo villaggio alle pendici del monte, che funge a tutti gli effetti da tutorial, ci si ritrova sulla montagna, nel tentativo di recuperare reperti ed elementi della notte del 2 Febbraio ’59. In definitiva, bisogna dunque girovagare apparentemente senza una meta. alla ricerca di documenti appartenenti ai nove studenti morti o a un investigatore che ci ha preceduto sul
Kholat Syakhl. La ricerca di questi documenti è però ben poco interessante, perché per orientarci in un paesaggio sempre uguale a sé stesso avremo solo una bussola e una mappa, che riproduce il più realisticamente possibile l’aspetto di una mappa vera, senza segnalazioni di alcun tipo per il giocatore, costringendoci quindi a una autentica ricerca al buio basata sulla nostra familiarità con gli elementi visivi del paesaggio. È una dinamica in teoria interessante, che nasce con lo scopo di stimolare il giocatore a giocare senza aiuti o interfacce di alcun tipo, ma che finisce con l’essere incredibilmente frustrante, dal momento che i checkpoint (che fungono anche da zona di salvataggio) ossia le tende abbandonate sulla montagna sono rare e mal distribuite, e le varie sessioni di gioco si riducono a lunghe sessioni di free roaming senza riferimenti e senza nessun altro tipo di input o stimolo al gioco."La ricerca dei documenti è però ben poco interessante"
Come se tutto questo non bastasse, i numerosi documenti dei diari delle varie persone coinvolte nella tragedia sono spesso confusionari, privi di senso e incapaci di aggiungere elementi realmente incisivi e interessanti alla storia. A proposito della storia, non spoileriamo ovviamente nulla per chi fosse interessato al titolo, ma ci teniamo a dire che appare confusionaria, tendenzialmente noiosa, come tutto il gioco, e soprattutto con un finale decisamente scialbo e non premiante in nessun senso degli sforzi del giocatore.
[caption id="attachment_144437" align="aligncenter" width="600"] Kholat - screenshot[/caption]
Kholat è in conclusione un titolo carico di buone intenzioni, ma confezionato davvero male, senza una storia all’altezza e senza un vero e proprio design di gioco. È un’esperienza videoludica, se cosi potremmo dire, che punta tutto sull’atmosfera e sul buon comparto grafico, senza mettere minimamente carne al fuoco. Il consiglio è di starne alla larga.