Recensione - I Am Alive - Vero survival

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Pur non privo di difetti, I Am Alive si fa giocare e, soprattutto, è capace di proporre qualcosa di originale sul mercato.

Il nostro parere sull'ultimo lavoro di Ubisoft

Adam Collins ci ha messo quattro ore per raggiungere la Costa Est con un comune volo interno. Ora, dopo un anno di sofferenze, è di nuovo a casa. La città è spezzata. I terremoti e le inondazioni (parte di una catastrofe nota come l'Evento) l'hanno trasfigurata. 

Sua moglie e sua figlia sono scomparse, trovarle è il suo unico scopo. Possibilmente, sopravvivendo all'intento.

I Am Alive ha vissuto uno sviluppo travagliato: annunciato in pompa magna nel 2008 e apparentemente destinato a diventare uno dei brand di punta di Ubisoft, il progetto è stato prima dato per disperso, poi ridimensionato e spostato sui canali di distribuzione digitale di Xbox 360 e Playstation 3 (i possessori di quest'ultima dovranno tuttavia aspettare ancora qualche settimana per metterci le mani). Solitamente, processi creativi così frammentati danno origine a titoli di scarsa qualità, piagati dalle continue modifiche al concept. Questa volta la storia è diversa: pur non privo di difetti, I Am Alive si fa giocare e, soprattutto, è capace di proporre qualcosa di originale sul mercato.

Non ci sono grandi preamboli all'offerta ludica, nè tutorial troppo estesi: a pochi minuti dall'inizio vi troverete già appesi ai resti di un ponte parzialmente crollato, cercando faticosamente di arrivare all'altra sponda del fiume. Ubisoft, si sa, non è nuova alle cross-reference tra i suoi prodotti: i parallelismi con Assassin's Creed giungono spontanei e non certo immotivati, ma qui la situazione è completamente differente. Per quanto abile nella scalata e nettamente più in forma dell'americano medio, il protagonista Adam è pur sempre un essere umano: ogni sforzo fisico, dalla scalata alla semplice corsa, va a logorare velocemente la sua resistenza, rappresentata da una barra nella parte alta dello schermo. Nel caso essa si esaurisca nel bel mezzo di una scalata, il giocatore si troverà costretto a premere spasmodicamente il grilletto destro del pad per ottenere qualche ulteriore secondo di estremo sforzo, dopodichè il personaggio mollerà la presa.

Questa meccanica, apparentemente molto semplice, rende ogni scalata una vera sfida. Man mano che le arrampicate si faranno più complicate, alcuni strumenti si riveleranno utili per aumentare la resistenza di Adam, aggiungendo un interessante elemento strategico: un rampino, chiodi da roccia (utili per fermarsi qualche istante e ricaricare la barra della stamina) e altre risorse consumabili si presenteranno in quantità limitata, costringendo il giocatore a non farne uso con leggerezza.

Superato il primo terzo di gioco, il giocatore si troverà inoltre a fare i conti con una minaccia ambientale destinata a cambiare profondamente l’esplorazione delle strade per completare i vari obbiettivi: una spessa coltre di polvere, probabilmente originata dai terremoti, ammanterà la città, limitando fortemente la visibilità e logorando ancor più velocemente la resistenza del protagonista. L’unico modo per evitare questo sgradevole effetto sarà portarsi in posizioni elevate, rendendo la scalata ancor più centrale nel gameplay. Spostarsi dal punto A al punto B diventerà dunque una questione di concedersi le giuste “pause” per respirare.

La devastazione della città non è tuttavia l’unica minaccia con cui il giocatore si troverà a fare i conti: quasi un anno è trascorso dall’Evento, e i pochi cittadini rimasti si arrangiano come possono nelle macerie. Alcuni si mostreranno amichevoli, offrendo qualche consiglio o chiedendo aiuto. La maggior parte cercherà invece di uccidervi.

La pistola a vostra disposizione sarà scarica per la maggior parte del tempo, ma i vostri avversari ne saranno ignari: puntargliela contro li metterà in soggezione (a meno che non siano a loro volta in possesso di un’arma carica…), permettendovi di farli arretrare, e occasionalmente farli precipitare nel vuoto o gettarli in un falò. Inizialmente semplice, questa meccanica si complica con l’avanzare della trama, contrapponendo al giocatore gruppi di ostili sempre più assortiti: spesso vi troverete a che fare con un paio di nemici armati con pistole e altrettanti di machete, costringendovi a decidere in fretta queli eliminare per primi, magari facendone avvicinare alcuni abbastanza da poterli uccidere in un solo colpo con la vostra lama.

Formata sostanzialmente da queste due componenti, tra una scalata e un confronto con superstiti ostili, l’esperienza ludica è del tutto lineare: il giocatore si troverà a completare precisi obbiettivi legati alla trama e mostrati su una mappa. Quest’ultima si aggiornerà automaticamente con segni a penna rossa indicando luoghi inaccessibili a causa dei crolli e occasionali scorciatoie, con un un forte déjà vu da Silent Hill.

Purtroppo, le meccaniche tendono a ripetersi: per quanto variegate, le scalate finiranno per giungere a noia a causa di controlli molto imprecisi (un difetto imperdonabile, data la loro centralità) e di punti di salvataggio molto distanti tra loro (in particolar modo al livello di difficoltà più elevato, dove non si potrà usufruire dei “Continua”, peraltro disponibili in numero limitato anche al livello base). Il confronto con gli ostili dal canto suo si basa sempre sulla stessa meccanica, ossia fare tesoro di ogni pallottola (o freccia, una volta ottenuto l’arco) ed eliminare per prime le minacce più immediate.

Il design, supportato da un motore grafico le cui notevoli mancanze poligonali sono abilmente mascherate da filtri e da un orizzonte molto limitato, colpisce nel segno, riuscendo a trasmettere tutta la desolazione e la devastazione causate dall’Evento, garantendo un’esperienza visiva notevole seppure tecnicamente scarsa.

Le circa quattro ore di gioco necessarie per terminare la storia scorrono via tutto sommato veloci, tra sequenze riuscite meglio e un po’ di frustrazione. Peccato soprattutto per la mancata ottimizzazione dei controlli, destinata a rovinare in parte l’esperienza. D’altro canto, I Am Alive è un titolo che merita di essere provato dagli appassionati del genere survival: senza tirare in causa i sin troppo abusati zombie, la produzione Ubisoft Shanghai riesce perfettamente a trasmettere la fragilità del protagonista e l’ostilità dell’ambiente circostante, regalando un intrattenimento lontano dalla perfezione ma comunque valido.

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