Recensione - Gears of War: Judgment - Non colpevole

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Il rapporto che ogni giocatore avrà con Gears of War: Judgment dipende nettamente dalle aspettative

Il nostro verdetto sul prequel di Gears of War ad opera di People Can Fly

Con Cliff Bleszinski fuori dai giochi, la saga di Gears of War è passata dalle mani degli studi di Epic Games a quelli di People Can Fly, sussidiaria già responsabile del divertente sparatutto Bulletstorm. Il risultato è un prequel per certi versi interessante, che, almeno sulla carta, non si limita a riproporre le medesime caratteristiche della trilogia originale, provando a inserire nel contesto qualche nuova idea, purtroppo non sempre con pieno successo. L’offerta ludica di Gears of War: Judgment è piuttosto corposa, con una campagna principale dedicata alle imprese della squadra Kilo, ambientata pochi giorni dopo la prima emersione delle Locuste, e una secondaria, Aftermath, volta a raccontare gli avvenimenti accaduti subito dopo la conclusione di Gears of War 3. A questo si aggiunge immancabilmente il comparto multigiocatore, quasi tutto basato su una variante dell’Orda, dotata di più punti di controllo e di un’opzione Versus, per chi volesse giocare anche dalla parte delle Locuste.

La campagna singolo giocatore principale adotta una formula narrativa basata sul flashback, che vede la squadra Kilo, capitanata dal ben noto Baird, affrontare un processo per l’utilizzo non autorizzato dell’arma di distruzione di massa Lightmass, messo in atto nel tentativo di arrestare l’inesorabile avanzata delle Locuste. Man mano che i teste saliranno al banco raccontando la loro versione dei fatti, il giocatore (o i giocatori, dato che la cooperativa online è supportata sino a quattro partecipanti) si troverà di fronte ad un nuovo livello da attraversare. Sebbene decisamente ermetica, in quanto costituita da frammenti di gameplay ben delimitati e intervallati da fasi dialogiche, questa struttura risulta nondimeno piuttosto originale, e supporta inoltre una piccola novità voluta dagli sviluppatori. Le Classified Testimony (ossia Testimonianze Secretate) si presentano con regolarità all’inizio di ogni livello sotto forma di un teschio rosso impresso su una parete, e permettono di affrontare il seguente livello attivando un modificatore, volto a renderne più difficile il completamento. Visibilità ridotta, munizioni scarse o del tutto assenti, presenza di unità più forti o in maggior numero sul campo, limitazione a uno specifico tipo di armi, queste le tipologie di modificatori offerte, con conseguenze più o meno evidenti sugli scontri a fuoco successivi. Talvolta il livello di sfida subirà una netta impennata, in altre occasioni invece l’impatto si noterà solo fino ad un certo punto. In generale, il bilanciamento del livello di difficoltà di Judgment è soggetto a qualche brusco sbalzo verso l’alto o il basso da un capitolo all’altro, testimoniando un livello di rifinitura in tal senso non sempre appropriato. Lo stesso può dirsi del sistema di valutazione delle prestazioni del giocatore, che assegna da una a tre stelle a fine livello tenendo in conto diversi fattori, tra cui le esecuzioni ravvicinate e i colpi alla testa. Per quanto andare alla ricerca del punteggio migliore sia spesso divertente, non sempre il design dei livelli favorirà tale attività, rendendo ad esempio complicato e scomodo eseguire molte esecuzioni per alzare il punteggio.

Nel complesso, l’azione offerta da Judgment si allinea con quella della trilogia classica, sebbene si noti un netto aumento del ritmo dei combattimenti, supportato anche da un sistema di cambio d’arma e lancio granate rapido, che sacrifica l’utilizzo della croce direzionale in favore di comandi più immediati. Il mix funziona, anche se in alcuni momenti l’intelligenza artificiale finirà per mostrare dei cedimenti, con nemici non sempre reattivi come si vorrebbe. Da un livello all’altro l’azione scorre come da copione, offrendo ambientazioni ricchissime di nemici, con l’unica variante all’incedere lineare costituita da alcuni livelli dove ci si troverà a difendere una postazione sensibile, recuperando il concetto dell’Orda e inserendolo nel contesto della campagna. Dal punto di vista dell’originalità e dell’epicità delle situazioni di gioco, Judgment si assesta su un livello più basso rispetto a quello a cui la trilogia classica ci ha abituato. Forse in questo gioca un ruolo anche la trama prevedibile, che stenta decisamente a decollare e si chiude in maniera molto piatta, ma in generale la campagna non regala molti momenti memorabili, e si rivela quasi del tutto priva di boss fight (con l’unica eccezione rappresentata dallo scontro finale, peraltro non riuscitissimo). Se non si contano i modificatori offerti dalle Classified Testimony, unica caratteristica davvero nuova e interessante, il level design è nel complesso piuttosto pigro e scolastico, limitandosi a scagliare contro la squadra Kilo quantitativi di Locuste via via più massicci e assortiti, senza offrire peraltro mappe molto originali. Anche i nemici non si presentano con novità davvero degne di nota, riciclando perlopiù illustri Locuste viste nei predecessori. L’arsenale, per contro, vede qualche nuova aggiunta interessante, su tutte il Markza, fucile da cecchino molto meno potente del Longshot, ma dotato in compenso della possibilità di sparare a ripetizione una decina di proiettili prima di passare alla ricarica.
Una volta completata la campagna principale (ci abbiamo messo 7 ore abbondanti in compagnia di un collega, coronando le Classified Testimony e raccogliendo quasi tutte le stelle disponibili), si può passare ad Aftermath, che offre ulteriori due ore di gioco senza modificatori, e senza grosse sorprese, né dal punto di vista narrativo né per game design.

In ultimo, il comparto multigiocatore, che gioca quasi tutte le sue carte sulla formula dell’Orda, modificandola e integrandola con le modalità competitive. Nasce così OverRun, modalità dove i COG giocano in difesa e le Locuste in attacco, i primi cercando di difendere tre punti progressivi della mappa. Ogni volta che i vermi riusciranno a conquistarne uno, i COG saranno costretti ad arretrare al successivo, sino al terzo ed ultimo. Se gli umani riusciranno a resistere per il tempo necessario, un attacco con il Martello dell’Alba cancellerà tutte le Locuste dalla mappa, e la partita sarà vinta. Le mappe sono tutte ben disegnate e constestualizzate, e a questa modalità si affiancano i classici deathmatch e team deatmatch, riservando molte ore di intrattenimento per tutti coloro interessati alla componente multigiocatore.

Dal punto di vista grafico, Judgment presenta una qualità in linea con Gears of War 3, affiancandovi un interessante aggiornamento del sistema di illuminazione dinamica, in grado di regalare effetti di luce molto convincenti.
Il rapporto che ogni giocatore avrà con Gears of War: Judgment dipende nettamente dalle aspettative. Chi si aspetta novità interessanti rimarrà in parte deluso, in quanto le Classified Testimony e il ritmo più elevato non sono sufficienti a compensare una campagna molto scolastica e avara di momenti memorabili. Chi invece desidera semplicemente trovarsi nuovamente di fronte a uno sparatutto dalle meccaniche solide e oliate, troverà di sicuro l’esperienza valida, soprattutto se affrontata in cooperativa con uno o più amici. Di certo, il lavoro di People Can Fly non dimostra volontà di andare oltre i confini stabiliti dalla trilogia originale, e questo rappresenta in gran parte un peccato. L’unico punto davvero a favore della produzione è il buon comparto multigiocatore, che rielabora tutto il meglio che la saga ha offerto negli anni in una modalità molto ben costruita e divertente, combinata con mappe interessanti.
Probabilmente, come già accaduto con altre produzioni uscite in questi primi mesi del 2013, la fine generazione sta portando molte software house a tenere le migliori idee dal punto di vista creativo e innovativo per la prossima gen, o, quantomeno, è quello che tutti ci auguriamo.

Tipologia di Gioco:

Gears of War: Judgment è un prequel della celebre trilogia di sparatutto in terza persona a tema fantascientifico. Il protagonista è questa volta Baird, e il gameplay offre buona rigiocabilità grazie alla collocazione casuale dei nemici (diversa ogni volta che si rigioca un livello) e alla valutazione delle prestazioni del giocatore, cui si affiancano delle variabili liberamente attivabili per rendere i livelli più complessi. A fianco della campagna principale c'è Aftermath, che sposta invece gli orologi al periodo immediatamente successivo al terzo capitolo della saga originale per un paio d'ore d'intrattenimento aggiuntive, oltre al comparto multigiocatore, che propone una modalità ibrida in grado di condensare al meglio l'esperienza classica offerta dalla saga.

Come è Stato Giocato:

Grazie a una copia promozionale Xbox 360 concessaci dal publisher Microsoft, abbiamo completato la campagna principale in cooperativa con un collega della stampa italiana in 7 ore abbondanti, impegandone altre due per chiudere anche Aftermath. Abbiamo poi speso cinque o sei ore sulle mappe online, provando le varie modalità disponibili.

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