Recensione - Dragon Quest Heroes: L'Albero del Mondo e le Radici del Male
Un musou diverso dagli altri: la recensione di Dragon Quest Heroes: L'Albero del Mondo e le Radici del Male
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Arriverà sicuramente quel giorno, ma visto il successo che continuano a mietere, soprattutto in patria, i vari Dynasty e Samurai Warriors, ad Omega Force non resta che fare buon viso a cattivo gioco e battere il ferro finché è caldo. Così, dopo essere persino giunta a concepire il remake di un titolo pubblicato solo un anno prima (Samurai Warriors 4-II), questa volta gli è toccato lavorare su commissione per conto di Square-Enix.
Dobbiamo essere sinceri: di un Dragon Quest “Warriors” eravamo terribilmente scettici, tanto più che uno degli ultimi spin-off della serie, Swords pubblicato nel 2008 su Wii, aveva lasciato alquanto a desiderare. Con sommo sollievo, L'Albero del Mondo e le Radici del Male va controtendenza, seguendo le orme del già citato Hyrule Warriors. Debitore nei confronti dell’universo immaginifico della longeva saga a cui si rifà, ne ricalca gli stilemi estetici, con tanto di art design ovviamente curato da Akira Toriyama, veicolando, ludicamente, una timida evoluzione nelle meccaniche, ormai stantie, dei musou.
"Omega Force ha puntato con determinazione sulla perfetta sintesi tra ambizioni action e istanze ruolistiche, a tutto vantaggio di un’insospettabile quanto inedita profondità del gameplay"[caption id="attachment_147553" align="aligncenter" width="508"] Graficamente va lodato il frame rate granitico e il livello di dettaglio dei modelli poligonali di eroi e mostri. Anche da questo punto di vista, siamo di fronte ad un musou straordinariamente curato.[/caption]
Anche sul campo di battaglia, buona parte dell’iconografia di Dragon Quest si ripropone praticamente immutata, regalando nuovi spunti alle meccaniche classiche dei musou. Se dovrete comunque vedervela contro decine di nemici che vi circonderanno e vi sfideranno all’unisono, non vi limiterete a sfoderare le solite combo, frutto del concatenamento di attacco leggero e pesante. Sfruttando i punti magia in vostro possesso, potrete richiamare sino a quattro attacchi magici, che diventano cinque, contando anche l’effetto “berserk” attivabile non appena la relativa barra si sarà riempita del tutto. Ad inspessire ulteriormente il combat system, ci pensa la possibilità di alternare il controllo del proprio avatar con uno degli altri tre alleati che vi seguiranno in battaglia. Tra guerrieri dotati di grande forza fisica e altri che preferiranno combattere dalla distanza, le differenze di approccio tra un personaggio e l’altro non solo regalano un pizzico di varietà in più, ma si rivelano fondamentali quando dovrete affrontare le complesse boss fight che segnano la fine del livello.
Se per la maggior parte del tempo si tratterà di difendere alcune zone dalle patetiche offensive nemiche, magari avvalendosi dell’aiuto dei mostri catturati che possono essere utilizzati per pattugliare una via d’accesso, quando scenderanno sul campo i mostri più potenti, dovrete fare molta attenzione visto che basteranno pochi colpi andati a segno per mandarvi al tappeto. Sarà proprio in queste situazioni che tutta la profondità e bontà del gameplay architettato da Omega Force viene a galla. Diventa infatti fondamentale conoscere punti di forza e debolezze del proprio beniamino, imparando ad alternarne il controllo con gli alleati, in base alla strategia che volete adottare. Sarà anche importante gestire al meglio tutti i personaggi. Tra un livello e l’altro, infatti, dovrete preoccuparvi di potenziare l’equipaggiamento, tra armi e armature da acquistare nei vari negozi, distribuire i punti abilità, imparando nuove tecniche offensive e incrementando le statistiche, dotarvi di pozioni e item in grado di rimettervi in sesto durante le schermaglie.
[caption id="attachment_147552" align="aligncenter" width="508"] All’inizio dell’avventura vi verrà chiesto se utilizzare come personaggio principale il riflessivo Luceus o la battagliera Aurora, entrambi capitani dell’esercito del Re. In soldoni, al di là dell’aspetto estetico, non ci sono grandi differenze tra i due.[/caption]
Dragon Quest Heroes: L'Albero del Mondo e le Radici del Male è un musou certamente atipico. Come al solito si tratta di spazzare via orde di nemici in scenari divisi in arene, ma mai come questa volta Omega Force ha preferito la qualità alla quantità. Invece di farvi combattere contro schiere infinite di soldati tutti identici tra loro, ha sfoltito visibilmente le fila, dotando ogni creatura di attacchi specifici. Invece di costringervi a conquistare una zona dopo l’altra, affida al giocatore determinate missioni. Invece di proporre una ricca selezione di generali ed eroi pescati dalla Cina o dal Giappone feudale, tutti ugualmente poco carismatici ed estremamente stereotipati, coinvolge un ristretto cast di soldati che lungo l’avventura evolvono e rendono il semplice arco narrativo estremamente più intrigante.
Ad impedire al gioco di ambire a risultati ancora più lusinghieri, una certa ripetitività di fondo, difetto ormai cronico e connaturato al genere dei musou, che pur con tutto l’impegno del caso, i ragazzi di Omega Force non sono riusciti a debellare completamente nemmeno questa volta. Si tratta comunque di un peccato che gli si perdona strada facendo: un po’ perché vedere il proprio personaggio diventare sempre più forte regala grandi soddisfazioni, un po’ perché sventare i folli piani del cattivone di turno è uno stimolo ben maggiore del condurre l’ennesima dinastia orientale alla conquista di territori di cui nemmeno si conosce l’esistenza.