Recensione - Dishonored Definitive Edition
Il ritorno, in alta definizione, di Corvo Attano: la recensione di Dishonored: Definitive Edition
Uno degli elementi che ha decretato il successo dell’originale consiste nella versatilità del suo gameplay. Il titolo, di base un action game in prima persona, permette al giocatore di adottare differenti approcci alle missioni: dallo stealth, sino alla più classica carneficina a viso aperto. La scelta del proprio stile di combattimento, per forza di cose, influenzerà lo sviluppo delle abilità del protagonista, Corvo Attano, abilità molto variegate tra di loro e che consentiranno per esempio di avere una maggiore resistenza ai colpi, far scomparire i corpi nemici se uccisi di sorpresa, prendere possesso di animali selvatici e via dicendo. Insomma, ce n’è per tutti i gusti, ed anche in questa Definitive Edition ritroviamo tutto ciò che nel 2012 aveva reso Dishonored un titolo degno d’essere giocato.
Interessante anche il comparto narrativo, che allestisce un setting affascinante e per niente banale. Nella città fittizia di Dunwall si sta rapidamente diffondendo un’epidemia di peste che ha ormai decimato l’intera popolazione. L’imperatrice Kaldwin decide così di inviare la sua personale guardia del corpo, Corvo Attano per l’appunto, per investigare sulla faccenda nelle isole vicine. Ma quando questo torna in patria la donna viene brutalmente assassinata, la principessa rapita ed il protagonista ingiustamente accusato di tali crimini. Qualcosa di marcio sta accadendo nei ranghi più alti della società di Dunwall e spetterà proprio al nostro eroe, e ad un manipolo di altri coraggiosi temerari, scoprire quali intrighi nobili, politici e clero stanno mettendo in atto. Il tutto è condito da ambientazioni che mescolano steampunk ad occulto, in un mix che convince ed affascina il giocatore.
[caption id="attachment_146501" align="aligncenter" width="508"] Dishonored Definitive Edition - Screenshot[/caption]
Quello che invece proprio non convince è il comparto tecnico di cui fa sfoggio il gioco. Visivamente infatti ci troviamo dinanzi ad una conversione pigra, quasi frettolosa nella sua realizzazione, che si discosta di poco da quanto visto sulle console di passata generazione. Se qualche texture è stata sicuramente aggiornata, è negli effetti di luce e nelle ombre che si riscontrano i maggiori difetti, per non citare l’ingiustificabile framerate fisso a 30 fotogrammi al secondo. Questa nuova generazione di console ci ha abituati a certi standard qualitativi, soprattutto parlando di remastered, e vedere un prodotto del 2012, quasi immutato nel suo aspetto tecnico, è assolutamente deludente, soprattutto se si considera che mostri come The Witcher 3 o Metal Gear Solid V: The Phantom Pain offrono ben altri standard qualitativi.
Se siete tra coloro che non hanno giocato l’originale, uscito tre anni fa sulle console di vecchia generazione, questa potrebbe essere la volta buona per avvicinarvi al bellissimo Dishonored. Il pacchetto, tra l’altro, include tutti e tre i DLC pubblicati, ma c’è da dire che il prezzo della versione scatolata, purtroppo, risulta eccessivo per il tipo di conversione che è stata fatta: una conversione frettolosa e che visivamente non raggiunge di certo i livelli di altri remastered ben più curati.