Recensione - Dishonored - Ali di Corvo
L’immaginario di Dishonored è disturbante, credibile, eccezionalmente elaborato e, soprattutto, rimarrà con voi anche ben oltre le singole sessioni di gioco
Recensito l'originale stealth di Arkane Studios!
Non tutti però ci stanno. Per quanto proporre al grande pubblico un nome completamente nuovo non sia mai facile, Dishonored è riuscito a guadagnarsi grandi attenzioni nel corso dell’ultimo anno, grazie a un mix di nomi famosi coinvolti nel progetto, e ad uno stile di design molto accattivante.
Di certo, è una produzione differente da ogni altra disponibile in questa stagione invernale 2012, sebbene derivi molte delle proprie meccaniche da grandi del passato e contemporanei. Da Thief a Hitman, passando per Deus Ex e Bioshock, sono molti i deja vu che Dishonored accende, balzando silenziosamente dall’uno all’altro, abile nel mantenere una propria coerenza anche in mezzo a ispirazioni tanto diverse tra loro.
Se c’è un campo in cui Dishonored davvero eccelle, è la prepotente imposizione di un proprio immaginario, che deve i suoi natali per metà a una sorta di Dickens sotto effetto di allucinogeni, per l’altra a Moby Dick, sorprendentemente presente in moltissimi aspetti del substrato narrativo (vi farete letteralmente una fanta-cultura sul commercio dell’olio di balena). A fare da collante c’è del solido steampunk, che dona alla città fittizia di Dunwall un aspetto da Londra ottocentesca meccanizzata, un sinistro amalgama di grandi fabbriche a mattoncini deturpate da estensioni, protesi quasi, distorte e metalliche. L’immaginario di Dishonored è disturbante, credibile, eccezionalmente elaborato e, soprattutto, rimarrà con voi anche ben oltre le singole sessioni di gioco.
Curioso come un comparto grafico/narrativo tanto sviluppato e personale si affianchi ad un personaggio principale schivo, senza voce e (quasi) senza volto, al secolo Corvo Attano. Ex guardiano dell’Imperatrice del regno, il nostro si ritrova accusato del suo assassinio, come risultato di un elaborato complotto. Aiutato da una piccola fazione di ribelli (e da una misteriosa entità soprannaturale), Corvo si mette sulle tracce dei nobili responsabili, intenzionato a portare sul trono la legittima erede.
Da queste premesse Dishonored si sviluppa proponendo una rigida struttura a missioni, nove in tutto, che corrisponderanno, almeno inizialmente, ad altrettanti incarichi di assassinio ai danni dei congiurati. Un’impostazione fortemente verticale, posta in netto contrasto con la libertà di cui i giocatore potrà godere all’interno di ogni singolo incarico.
Giunti al punto di partenza (in seguito a un giro “panoramico” in barca, che vi consigliamo di sfruttare per godere di alcune delle più belle viste di Dunwall), la scelta su come arrivare al vostro obbiettivo sarà tutta nelle vostre mani. Gli strumenti messi a disposizione del giocatore sono molti e supportano ogni tipo di approccio, dallo stealth, all’azione pura, all’improvvisazione. A tenere insieme il tutto ci pensa un pratico menu circolare, la cui apertura rallenta drasticamente lo scorrere del tempo. Nella metà superiore del cerchio troverete le armi, che vanno dalla classica pistola, alla balestra (in grado di caricare munizioni tradizionali, narcotiche o incendiarie), alle granate, passando per alcune mine posizionabili a terra o sui muri.
Molto più interessante la metà inferiore, dedicata invece ai poteri soprannaturali di Corvo, il quale potrà teletrasportarsi per brevi distanze, evocare i famigerati ratti portatori di peste (in grado di divorare i nemici), possedere creature animali o esseri umani per breve tempo, generare una forte spinta cinetica, vedere attraverso i muri (con i nemici e il loro “cono visivo” in bella evidenza) e rallentare il tempo per qualche (preziosissimo) secondo. Un set di strumenti impressionante, con il quale il giocatore avrà tutto il tempo di familiarizzare grazie a un sistema di sblocco delle nuove abilità graduale e del tutto libero.
Per guadagnare nuove abilità sarà infatti necessario raccogliere specifiche Rune sparse nei livelli, spesso in luoghi non facili da raggiungere, facendosi guidare da uno speciale strumento (un disturbante cuore parzialmente meccanico, che pulsa via via più velocemente man mano che ci si avvicina all’obbiettivo) in grado di evidenziare a schermo posizione e distanza delle Rune. Ognuno dei sei poteri avrà un certo costo in Rune, e potrà essere ulteriormente potenziato con ulteriore esborso. Va da sé che sarà il giocatore a decidere quali poteri sbloccare e potenziare secondo l’approccio preferito, solitamente dividendosi tra approcci d’azione o furtivi, magari combinandoli. Per quanto non sia possibile arrivare a fine gioco con tutti i poteri massimizzati, ora delle ultime due missioni Corvo si sarà trasformato in una semidivinità in grado di spazzare via drappelli di guardie senza troppa difficoltà, e trovarsi molto lontano prima dell’arrivo dei rinforzi.
Il sistema delle Rune è affiancato dagli Amuleti d’Osso, in grado di fornire potenziamenti più sottili (come un leggero aumento dell’energia vitale, o della velocità di scalata). Potrete equipaggiarne inizialmente tre contemporaneamente, ma con un certo esborso in valuta di gioco sarà possibile aumentare a sei gli slot.
Sebbene dedicare un certo tempo alla microgestione delle abilità di Corvo sia necessario, metterle in pratica si rivela un’esperienza molto più divertente. La prima sensazione che il gioco è in grado di trasmettere è di grande “mobilità”. Per quanto infatti la visuale in prima persona tenda solitamente a limitare la percezione del movimento nello spazio, alternando i giusti movimenti di camera e un ottimo sfruttamento del potere di teletrasporto, Dishonored riesce a comunicare una grande libertà di spostamento, anche grazie a un level design molto verticalizzato, sempre in grado di offrire molteplici sentieri per arrivare al medesimo traguardo. Saltellare non visti da un tetto all’altro, “possedere” un pesce e addentrarsi tramite un canale di scolo, scivolare silenziosamente alle spalle delle guardie o ingaggiare con loro in punta di spada possono essere i diversi momenti di una stessa missione, alternati a totale discrezione del giocatore.
Una tale libertà d’approccio necessitava naturalmente di un’intelligenza artificiale nemica di primo livello, e, in questo senso, il lavoro è perlopiù riuscito, sebbene con alcune evidenti smagliature. La prima è costituita dalla struttura a “compartimenti stagni” di ogni missione. Tutti gli incarichi porteranno il giocatore ad attraversare due o tre porzioni di livello consecutive, divise da caricamenti. Purtroppo, far scattare un allarme in una di esse non avrà influenza sulle guardie di quelle contigue, minando a volte la credibilità dell’insieme. Dato che le singole porzioni presentano spesso un’estensione di tutto rispetto, non sempre questo difetto risulta evidente, ma ci è capitato più volte di riuscire ad attraversare un’intera piazza, scatenare l’inferno in mezzo alle guardie, e poi accedere ad un edificio separato da un caricamento, trovando la calma più totale al’interno.
Un problema simile è legato al cono audio-visivo delle guardie, spesso molto limitato, al punto da renderle incapaci di accorgersi di un duello o sparatoria in corso a pochi metri di distanza. Anche in questo caso il difetto viene in parte compensato dallo svolgersi al chiuso di buona parte delle missioni, dove gli spazi limitati rendono impossibile il verificarsi di queste stranezze, ma si tratta comunque di difetti talvolta molto evidenti. Soprattutto, a dispiacerci è che queste mancanze non si risolvono alzando il livello di difficoltà, laddove quest’ultimo sembra influire più che altro sulla disponibilità di pozioni di salute e mana.
Nonostante queste mancanze, le prime cinque missioni presentano un continuo crescendo di idee di level design e originalità d’approccio, avvolgendo nel contempo il giocatore con l’affascinante contesto narrativo. Sebbene la possibilità di salvare in qualunque momento possa facilitare un po’ troppo il “trial and error” (ossia provare una soluzione, morire nel tentativo, caricare e riprovare in un altro modo), la ricchezza dei livelli sopperisce in larga parte a qualunque debolezza dell’impianto di game design. È un vero peccato dunque che, in seguito a un telefonato colpo di scena, la seconda metà della campagna cambi direzione, proponendo percorsi nettamente più lineari.
L’obbiettivo del giocatore diventerà molto meglio definito, rovinando in parte l’incertezza e i misteri della prima metà, e si ridurrà a un “assalto alla fortezza” senza troppi complimenti, in netto contrasto con la creatività espressa dall’incipit. Qualche ulteriore guizzo di genio ci sarà, purtroppo appannato da un contesto molto meno vario di quanto le premesse suggerissero. Inoltre, proprio nella seconda metà i difetti di bilanciamento si fanno sentire di più, con il potere Possessione che permette di attraversare interi livelli, pur facendo scattare qualche allarme, e arrivare “in corsa” verso il caricamento (probabilmente è proprio questo l’espediente che sta permettendo a diverse persone di finire il gioco in meno di 4 ore e postare sui forum online…).
Naturalmente, questi difetti sono in larga parte evitabili scegliendo di mantenere un approccio rigorosamente stealth, cercando di non farsi mai individuare e esplorando i molti percorsi offerti dai livelli. Si tratta di una scelta nelle mani del giocatore, incoraggiata dall’ottenimento di un finale “migliore” nel caso si riesca ad arrivare a fine partita scatenando il minor “caos” possibile, ma non va dimenticato che la produzione basa la sua ragion d’essere proprio sulla libertà offerta al giocatore, in realtà meno assoluta di quanto si potrebbe pensare.
Dal punto di vista puramente tecnico, Dishonored rappresenta un incredibile esercizio artistico e di design, con una ricerca stilistica curatissima ad opera di Viktor Antonov (lo stesso della City 17 di Half Life 2) unito a un comparto grafico piuttosto datato. Sebbene la versione PC superi nettamente quella console in termini di fluidità, pulizia dei contorni e profondità di campo, le animazioni e la definizione delle texture non sono senza dubbio al top della corrente generazione.
Dishonored è un ottimo titolo, e al tempo stesso un’occasione mancata. Se le prime 4/5 ore in compagnia di Corvo profumano di capolavoro, la seconda metà si smarrisce in parte, tanto nell’offerta ludica quanto nella costruzione di climax efficace. Se a questo si aggiungono alcune evidenti debolezze nel game design, tra poteri non bilanciati e guardie sin troppo aggirabili una volta afferrati certi trucchi del mestiere, il notevole gioco d’illusioni proposto da Arkane scricchiola a tratti un po’ troppo, cedendo il fianco di fronte a produzioni più a tutto tondo con le quali inevitabilmente va a confrontarsi, su tutte il primo Bioshock.
Se il comparto artistico e la contestualizzazione ne fanno un acquisto sostanzialmente obbligato per chiunque abbia affinità con i temi trattati, dal punto di vista del puro gameplay, del quale peraltro si fa sostenitore, Dishonored è ben più fallace di quanto vorremmo, e non può essere eletto a paradigma per altre produzioni future.
Dishonored verrà ricordato per l’incredibile potere immaginifico, che già da solo può costituire un’ottima spinta all’acquisto, ma non per il bilanciamento o la capacità di offrire un gameplay costante e in grado di crescere tra le mani del giocatore. Per un titolo tanto coraggioso, capace di proporre una propria identità in un mare di fotocopie, il dispiacere è doppio, ma una costanza nell’offerta ludica e un adeguato crescendo in una campagna singolo giocatore, soprattutto quando non eccezionalmente longeva e rappresentativa dell'unica identità del gioco, non sono elementi che possono prescindere da un successo su tutta la linea.
Tipologia di Gioco:Dishonored è un gioco stealth con visuale in prima persona, dove il giocatore si troverà a compiere una serie di assassini sfruttando i poteri e le armi a disposizione del protagonista Corvo. Sebbene la struttura a missioni sia lineare, all'interno dei singoli incarichi si godrà di totale libertà su come procedere.
Come è Stato Giocato:Abbiamo testato a fondo la versione PC gentilmente concessaci da Bethesda, completando la campagna singolo giocatore in modalità Difficile in circa 10 ore di gameplay, e rigiocando alcune missioni a Molto Difficile. Non vi sono possibilità di New Game +, dunque ricominciare il gioco o una singola missione dopo il primo completamento non dà accesso ai poteri sbloccati nel playthrough precedente.