Recensione - Dead or Alive 5 - I'm a fighter

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Dead or Alive 5 riesce quasi ad annullare la distanza tecnica fra un pro player e un giocatore che prende in mano il pad per la prima volta

Botte da orbi e belle ragazze per il reboot della saga picchiaduro di Team Ninja

La saga di Dead or Alive, così come quella di Ninja Gaiden, negli ultimi anni ha dovuto affrontare due enormi cambiamenti: il primo è stato la rinascita di Street Fighter, Mortal Kombat e Soul Calibur che, con tutte le iterazioni uscite negli ultimi tre anni, hanno reso l’ambiente dei picchiaduro molto, molto concorrenziale. Dall’altro lato l’abbandono (fra polemiche e recriminazioni) di Itagaki, ha imposto al Team Ninja un ripensamento generale di tutti i suoi brand, in modo tale da sopperire alla mancanza della guida creativa che, per vent’anni, ne aveva condizionato l’evoluzione.

Se con Ninja Gaiden 3 l’operazione è sostanzialmente fallita, con questo Dead or Alive 5, Tecmo ha voluto percorrere una strada diversa, “uccidendo il padre” e impegnandosi per dare alla saga una nuova direzione ludica ed estetica che possa traghettare Ayane, Helena e company nella prossima generazione.Il primo segno di questo nuovo corso si nota dall’estetica delle lottatrici, laddove il fan service collegato alla “presenza scenica” rimane abbastanza notevole, in generale si nota come i costumi, gli atteggiamenti e le inquadrature siano molto più morigerati rispetto agli standard cui ci aveva abituato il buon Itagaki. Certo, stiamo sempre parlando di giapponesi, dunque il tutto va visto con un’ottica abbastanza liberal, tuttavia non spiace che, almeno nella serie principale il focus si sia spostato dal come sono vestite le protagoniste al come combattono le protagoniste. Il cambio d’impostazione si vede e si sente subito: Dead or Alive 5 offre le modalità di gioco che siamo abituati a trovare in ogni picchiaduro, la storia (talmente stereotipata da avere una sua bellezza), l’arcade classico, il versus, l’online e la possibilità di allenarci con un’apposita modalità che spiega per filo e per segno tutte le mosse e le combo disponibili per i vari lottatori. Nel corso della storia, poi, prima di ogni incontro ci sarà esposta una sfida particolare (come eseguire cinque prese, oppure inanellare combo particolari) con l’obiettivo di introdurre i giocatori meno esperti alle dinamiche del gioco, evitando così l’incaponimento sulle solite raffiche di pugni e calci senza soluzione di continuità. All’intero di questo processo di aggiornamento si inseriscono di diritto anche le nuove arene, ora strutturate su più livelli e piene di strutture distruttibili e con cui interagire. Da questo punto di vista i ragazzi del Team Ninja non si sono trattenuti e fra le desolate distese antartiche, New York e il Giappone, chiunque troverà abbastanza presto un setting favorito. La seconda innovazione riguarda, invece, la possibilità di giocare in tag team, scontrandosi due lottatori contro due. Questa caratteristica, inserita per incalzare la concorrenza di Tekken e Marvel vs. Capcom, però, non funziona al meglio, in quanto il combat system di Dead or Alive (incentrato più sui contrattacchi e le parate piuttosto che sulle combo) non si presta benissimo ai continui scambi di personaggio e ai possibili attacchi concatenati che caratterizzano il gameplay dei combattimenti in tag. 

Parlando appunto del gameplay, Dead or Alive 5 smussa alcune imperfezioni dei suoi predecessori senza tuttavia snaturare l’impianto originario della serie. I combattimenti continuano a ruotare attorno a un sistema simile al classico “sasso, carta, forbici”, per cui ogni attacco può essere respinto usando la giusta contromossa e, una volta capito lo schema di massima, risulta abbastanza semplice padroneggiare quasi tutti i personaggi. Proprio in questa relativa semplicità di approccio si nascono i limiti di Dead or Alive 5: per avvicinarsi in maniera più accattivante possibile ai non appassionati, il Team Ninja ha preferito non approfondire troppo il combat system, trasformando buona parte del gioco in una specie di continua danza di attesa e contromosse.

Dead or Alive 5 riesce quasi ad annullare la distanza tecnica fra un pro player e un giocatore che prende in mano il pad per la prima volta, tuttavia non compensa questa diminuzione della difficoltà media con un aumento della profondità. DoA 5 è divertente, ma fa fatica a proporsi come un picchiaduro “core”, capace di rivaleggiare con Street Fighter in quanto a tecnicismo e ricerca della mossa perfetta. Certo, avvicinare il grande pubblico a un genere complesso come quello dei picchiaduro non è cosa facile, però ci pare che il Team Ninja abbia voluto prendere la via più semplice, senza provare neppure a cercare un bilanciamento fra profondità e approccio didattico.

Dead or Alive 5, dunque, si presenta come un buon picchiaduro e - finalmente - come un fondamento solido per ricostruire una saga che rischiava di perdersi. Tuttavia il Team Ninja avrebbe potuto essere più ardito nella ricerca di un combat system che potesse piacere sia ai giocatori occasionali che alla nicchia di appassionati storici. In questo senso DoA 5 non riesce nell’impresa, ma, sul fronte opposto, apre la serie a molti nuovi giocatori che - magari spaventati dall’eccessiva complessità di certi titoli - non hanno mai esplorato a fondo il mondo dei picchiaduro.

Tipologia di Gioco:

Dead or Alive 5 è un picchiaduro tridimensionale che basa l'intera esperienza ludica su un modello di gameplay ispirato alla classica morra cinese: ogni mossa ha una controffensiva in grado di bloccarla e volgere la situazione a nostro vantaggio. Dal punto di vista del combat system, i puristi del genere si troveranno davanti un sistema molto semplice da approcciare, che, tuttavia, non offre troppi spunti di approfondimento.

Come è Stato Giocato:

Abbiamo testato il gioco grazie a una copia di review gentilmente fornitaci dal distributore italiano del gioco. Per scrivere questo pezzo abbiamo ultimato a modalità storia e giocato circa sei ore di partite in arcade mode e multiplayer.

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