Recensione - Child of Light - Nippofilia

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A margine di giganti come Far Cry, Assassin's Creed o Watch Dogs, Ubisoft sta allevando un vero e proprio formicaio di progetti forse più piccoli ma non per questo meno interessanti. Dopo l'ottimo riscontro dei due capitoli di Rayman, l'azienda francese ha deciso di dare carta bianca ai suoi team, permettendogli di usare il framework UbiArt per sviluppare idee magari non troppo mainstream ma di certo interessanti.

Child of Light nasce così e, nelle intenzioni degli sviluppatori, rappresenta una sorta di tributo ai grandi giochi di ruolo giapponesi degli anni '80 e '90, su tutti le prime iterazioni della saga di Final Fantasy. Il gioco è stato ideato da Ubisoft Montreal, lo studio di Far Cry 3 e ci mette nei panni diAurora, una principessa austriaca del XIX secolo che, dopo essersi addormentata a causa di un sortilegio, si trova a dover esplorare il mondo di Lemuria, una sorta di dimensione onirica dove sogni e magia si fondono. Tutti i topoi dei giochi di ruolo sono rispettati, abbiamo oscuri antagonisti, una buffa lucciola come aiutante e una serie di strani personaggi che ci accompagneranno durante le nostre peregrinazioni. Ubisoft,

"le ambientazioni che attraverseremo ricordano le architetture dei Castelli in cielo di Miyazaki ma pure la complessità delle illusioni ottiche di Escher"

lavorando su Child of Light, si è ispirata ai grandi classici dell'animazione nipponica e, per questo le ambientazioni che attraverseremo riportano alla mente le architetture dei Castelli in cielo di Miyazaki ma pure, a tratti, la complessità delle illusioni ottiche di Escher. Come in Rayman, il motore UbiArt si conferma un mezzo straordinario per la creazione di titoli bidimensionali e gli artisti di Montreal ne hanno sfruttato al massimo tutte le potenzialità: tutto il gioco è strutturato secondo quadri a scorrimento laterale che possiamo esplorare in lungo e in largo, cercando scrigni, nemici da sconfiggere o per risolvere vari enigmi ambientali. Procedendo nel corso del gioco Aurora acquisisce poi una serie di abilità che ci permetteranno di esplorare più a fondo le ambientazioni, andando a scoprire segreti e percorsi prima non raggiungibili.

Per quanto riguarda il sistema di combattimento, Child of Light propone un ibrido fra il classico sistema a turni e i più moderni modelli basati sui quick time event. Nella parte bassa dello schermo troviamo infatti una barra che indica la velocità dei nostri eroi e dei nemici nel ricaricare i vari attacchi; colpire al momento giusto può significare l'interruzione della manovra di attacco dell'avversario, così come un brutto tempismo ci può lasciare inermi davanti a un paio di colpi ben assestati. Il sistema, benché non profondissimo, ha una sua logica e fa dignitosamente il proprio lavoro, i problemi iniziano ad emergere negli scontri che coinvolgono tre avversari: in questi casi, soprattutto se i mostri sono particolarmente agguerriti, il rischio di finire a premere i tasti più o meno a caso è abbastanza alto. Tuttavia va segnalato come Child of Light sia piuttosto generoso nei riguardi degli errori dei giocatori, morire o subire danni gravi è molto difficile, dato che gli sviluppatori hanno deciso di privilegiare la dimensione narrativa rispetto a quella della sfida ludica.

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Menzione d'onore, infine, per l'ottimo adattamento italiano che, sia nel doppiaggo che nei testi scritti, ha mantenuto tutte le rime presenti nella versione originale, rendendo l'avventura di Aurora ancora più surreale e onirica.

Nel complesso, dunque, Child of Light è un'esperienza ruolistica leggera ma non banale, capace di divertire qualsiasi giocatore purché, ovviamente, non si sia in cerca di un gioco alla Dark Souls II; in questo senso possiamo dire che l'esperimento di Ubisoft è riuscito piuttosto bene seppur al netto di qualche sbavatura formale che, tuttavia, non pregiudica il senso complessivo di un gioco nato come omaggio a una tradizione e che di questa tradizione recupera lo spirito più profondo.

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