Recensione - Bioshock Infinite - Viaggio tra le nuvole

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Nonostante un’eccessiva sudditanza alle aspettative del pubblico, Bioshock Infinite rimane un'esperienza ludica ben sopra la media

Abbiamo testato a fondo il nuovo lavoro di Ken Levin e Irrational Games

Dalla città sotto al mare alla città tra le nuvole il passo è meno lungo di quanto si potrebbe pensare. Con Bioshock Infinite, il celebre game director Ken Levine torna dopo anni di raccoglimento e intenso lavoro ad una nuova metropoli immaginaria, proponendo ancora una volta uno sparatutto in prima persona atipico, mosso da una trama complessa e da un combat system basato sull’utilizzo combinato di armi da fuoco e poteri soprannaturali.

Nei panni di Booker DeWitt, ex tirapiedi della poco raccombandabile agenzia di sicurezza Pinkerton, il giocatore si troverà a tentare l’unica via rimasta per salvarsi dal baratro dei debiti contratti con le proverbiali “persone poco raccomandabili”. Recuperare una ragazza di nome Elizabeth e portarla a New York, velocemente e senza fare domande. Un compito apparentemente semplice, se solo la ragazza non si trovasse su di una leggendaria città volante, costruita all’apice della gloria statunitense di inizio secolo e poi resasi indipendente, e non fosse prigioniera di una pericolosa creatura, il Songbird.
Sin dai primi minuti di gioco coloro che hanno familiarità con l’originale Bioshock (e, prima ancora, con System Shock 2) vivranno una forte sensazione di deja vu. In maniera volutamente speculare a quanto accadeva al protagonista Jack nel capostipite, attraverso gli occhi di Booker si vivrà una spettacolare ascesa verso Columbia, diventata un’oasi in cui l’imperialismo americano e i principi della dottrina Monroe prolificano, sebbene sotto la superficie la situazione sia molto meno idilliaca rispetto alle apparenze. Tra l’isterismo religioso ispirato dalla setta di Padre Comstock e le violente spinte rivoluzionarie del movimento noto come Vox Populi, il protagonista si troverà al centro di una situazione potenzialmente esplosiva, che finirà per precipitare la splendida città nel caos più totale. La goccia che farà traboccare il vaso sarà proprio il rapimento (o la liberazione, a seconda dei punti di vista) di Elizabeth dalla sua dorata prigione, evento che innescherà una guerra senza quartiere tra le strade e gli sfarzosi appartamenti di Columbia.
Il gameplay proposto da Infinite ricalca fedelmente l’offerta dell’originale Bioshock in molti dei suoi punti salienti, e perché le differenze emergano ci vorrà qualche tempo. Attraverso gli occhi di Booker DeWitt il giocatore esplorerà secondo un percorso lineare le diverse location proposte da Columbia, via via sempre più affollate di nemici, opportunamente divisi in differenti categorie in base alle armi impugnate. Identica è la propensione al backtracking (ossia l’esplorazione ripetuta delle medesime porzioni di livello), così come il combat system, basato sull’utilizzo combinato delle armi da fuoco, sempre impugnate ad una mano, e dei Vigor, in tutto e per tutto simili ai vecchi Plasmidi. Tra i poteri si notano comunque diverse interessanti novità, a partire dal branco di cavalli, che permetterà di sospendere i nemici a mezz’aria (in maniera curiosamente simile alla frusta di Bulletstorm), continuando con la Piovra, perfetta per respingere o attirare a sé i nemici. Proprio come quest’ultimo, tutti i poteri avranno una doppia modalità d’utilizzo, a seconda che il tasto dedicato venga solo sfiorato o la pressione mantenuta per qualche istante. Se utilizzata con i poteri offensivi, la seconda opzione genererà nella maggior parte dei casi una trappola da sistemare a terra, che scatterà automaticamente all’avvicinarsi dei nemici. Sempre derivata dal predecessore è la rigenerazione immediata in caso di morte del giocatore. La salute, a differenza di quanto accade con la maggior parte degli odierni concorrenti, non si rigenera infatti da sé, ma va recuperata con appositi medikit. In caso di morte tuttavia, il giocatore potrà rientrare immediatamente in gioco (come con le Vita Chamber del primo Bioshock), senza reset dei nemici già eliminati e perdendo una piccola somma di denaro. Nel complesso l'espediente non rovina il fluire degli scontri, sebbene al livello Difficile si tenda a sfruttarlo con eccessiva frequenza. Nette somiglianze con il capostipite si notano anche nello storytelling, ancora una volta supportato da un mix di sequenze video in prima persona e, soprattutto, dalle registrazioni vocali dei vari comprimari sparse per i livelli, il cui ascolto è caldamente consigliato per non perdersi importanti dettagli e retroscena della complessa vicenda.

Peraltro, Columbia si propone come un luogo molto differente rispetto alla suboceanica Rapture, e non solo da un punto di vista stilistico. Il trionfo del Vittoriano-Americano, tra idolatria per i Padri Fondatori, razzismo e bigottismo, si raccoglie tra le ampie vie di una città viva e popolata, ben diversa dalla deserta tomba subacqua esplorata nel capostipite. Da questo punto di vista la narrazione, soprattutto nella prima metà, potrebbe apparire come più diretta e meno complessa, in quanto verrà meno il senso di scoperta e di ricostruzione che accompagnava l’attraversamento degli inquietanti corridoi di Rapture. Solo dalla metà in avanti, quando Columbia comincerà letteralmente a trasformarsi sotto gli occhi del giocatore, il quale avrà occasione di rivisitare diverse ambientazioni completamente trasfigurate, verrà fatta in parte ammenda per tale semplificazione.
Con il passare delle ore, anche il gameplay riuscirà a discostarsi, almeno in parte, dagli stilemi del capostipite. Il primo seme della trasformazione è rappresentato proprio da Elizabeth, un personaggio importantissimo ai fini non solo della trama, ma anche della delineazione dello stile di gioco. Seguirà il giocatore per la maggior parte del tempo, rivelandosi equamente efficace e credibile tanto sullo sfondo, quanto nei momenti in cui si farà avanti in prima persona. La sua capacità di aprire “strappi” tra le diverse dimensioni spaziotemporali si risolverà, a livello di gameplay, nella possibilità di evocare sui campi di battaglia diversi elementi di aiuto, come torrette di difesa, armi, ripari e medikit. Sebbene questa possibilità non sia razionalizzata e bilanciata come inizialmente suggerito, essa si rivela ugualmente efficace nel fornire molta varietà agli scontri a fuoco (versioni più vecchie del gioco, visionate durante eventi stampa dedicati, avevano mostrato come l’apertura degli strappi fosse legata a un’energia esaurible, ma nella versione finale questa soluzione è stata del tutto tagliata). Completamente slegata dal controllo del giocatore sarà invece la fornitura da parte della ragazza di medikit e bottiglie di sali, utili a rigenerare l'energia utile all'utilizzo dei Vigor. Ben bilanciata in base al livello di difficioltà, questa caratteristica fa del personaggio un elemento chiave dell'esperienza ludica. Nel complesso, Elizabeth è protagonista di Bioshock Infinite molto più di Columbia, o dello stesso Booker DeWitt. Sebbene non tutte le sue peculiarità siano state gestite con la medesima eleganza (l'abitudine di recuperare soldi dalle ambientazioni e lanciarli al giocatore risulta leggermente forzata e troppo spesso ripetuta), il personaggio risulta come uno dei comprimari più incisivi mai proposti da un videogioco, ancor più della mai dimenticata Alyx Vance di Half Life 2.

Altro elemento inedito legato al combat system sono le cosiddette Skyline, ossia le rotaie sospese in alcuni specifici punti della città cui il giocatore può appendersi, scivolandovi a grande velocità a mò di otto volante. Sebbene la disponibilità dei binari sia estremamente controllata e limitata ad alcuni specifici scontri, il loro utilizzo è molto divertente, coreaografico e soprattutto versatile. Appendersi alle rotaie significherà innanzitutto avere a disposizione qualche secondo per studiare il terreno di scontro e ricaricare, ma attiverà anche la possibilità di eliminare la maggior parte dei nemici istantaneamente, piombando giù dall’alto e uccidendoli in un’unica, fluida sequenza.

Nel complesso, per quanto fortemente derivato da quello proposto dal capostipite, e soggetto agli stessi punti di forza e debolezza, il combat system di Bioshock Infinite risulta sufficientemente complesso e soddisfacente, solo talvolta offuscato da qualche scelta di level design non troppo elegante, soprattutto durante l’intervento dei mezzi volanti a disposizione dei nemici.

In Bioshock Infinite trova anche posto un sistema di potenziamento delle armi e dei Vigor, che richiede in cambio grosse somme del denaro raccolto durante l’esplorazione. Mentre nel secondo caso gli upgrade sono intuitivi ed efficaci, gli aggiornamenti alle armi non ci hanno convinto, in quanto la disponibilità di munizioni non sempre costante porta spesso a dover cambiare bocca da fuoco in corso d’opera. Dato che le limitate disponibilità economiche permetteranno di potenziare solo un numero limitato di armi, e queste ultime potrebbero non essere sempre disponibili, nel complesso il sistema non ci è parso sufficientemente bilanciato. Dal canto loro, i nemici sfoggiano grande personalità sia nel design, sia nel comportamento sul campo di battaglia. Le intelligenze artificiali non sono certo sopraffine, e la generale tendenza è quella ad assorbire un’esorbitante quantitativo di proiettili prima della dipartita, ma grazie al design eccezionale avversari come l’Handyman e il Motorized Patriot sono destinati a stamparsi nella memoria dei giocatori. Allo stesso tempo, nessuna di queste creature riesce a scalfire la memoria del Big Daddy, la cui eccezionale personalità non trova purtroppo in questo seguito un degno rivale. Il Songbird, allo stesso tempo guardiano e carceriere di Elizabeth, avrebbe potuto rappresentare un ottimo candidato, ma misteriosamente gli sviluppatori hanno deciso di lasciarlo quasi del tutto in disparte, una presenza tutto sommato molto marginale nell’offerta ludica.
La durata di Bioshock Infinite varia in base alla curiosità e alla voglia di esplorare del giocatore. Nonostante l’esperienza sia complessivamente lineare, alcuni brevissimi incarichi secondari e la raccolta di soldi e munizioni nelle ambientazioni possono pesare sul conto ore finale, che va dalle dodici alle quindici ore. Si tratta di una longevità di tutto rispetto, sebbene non supportata da grandi valori di rigiocabilità. Il quarto livello di difficoltà sbloccabile dopo aver completato il gioco la prima volta, battezzato 1999 (in onore dell'anno di rilascio di System Shock 2, ndr), non permette purtroppo di ricominciare la partita con i poteri già sbloccati, e dunque il suo scopo risulta in parte vanificato.

Parlando del comparto tecnico di Bioshock Infinite, occorre fare una netta distinzione tra il design sottostante e la componente grafica vera e propra. Il primo, come già testimoniato dai moltissimi concept art disponibili da tempo, è frutto di uno straordinario lavoro che unisce ricerca storica e pura immaginazione, generando un mix allo stesso tempo familiare ed estraneo, meraviglioso tanto nei fasti iniziali quanto nella devastazione e nel degrado successivi. Dal punto di vista puramente tecnico invece, il gioco si affida a una versione modificata dell’Unreal Engine 3, con risultati alterni. La solidità dei modelli poligonali e il comparto animazioni sono ottimi, ma le texture si presentano con definizioni molto incostanti. Soprattutto, al momento il gioco manca di ottimizzazione: la versione PC da noi provata su una macchina di fascia media (e pienamente nei requisiti consigliati dallo sviluppatore) si è prestata a diversi cali di frame rate, nonostante le dimensioni non eccezionali dei livelli e la presenza di diversi punti di caricamento. La speranza è naturalmente che future patch e driver grafici ottimizzati possano migliorare la situazione in tal senso. 
Bioshock Infinite è, sotto molti punti di vista, il vero sequel dell’originale Bioshock. Chi si aspettava un’esperienza completamente nuova, ma animata dalle medesime spinte visionarie, rimarrà in parte deluso. Proprio nella sua intrinseca natura di seguito, non riesce a trovare quello stesso spazio, privato e scollegato da qualunque altra esperienza vissuta pad o mouse alla mano, perdendosi in una storia che tenta di giustificare i propri “strappi” con una lunga spiegazione finale, un deus ex machina senza corpo né nome, ma altrettanto avaro di originalità e inventiva. Raggiunto l’epilogo, sembra quasi di sentire in sottofondo l’immaginaria matita degli sviluppatori tracciare linee sui punti salienti del primo Bioshock che i giocatori si aspettavano di ritrovare in questo seguito, a partire dal colpo di scena conclusivo. Per chi ha giocato a suo tempo il capostipite, questa fastidiosa sensazione potrebbe a tratti “rompere” la magia e la sospensione dell’incredulità offerte da Columbia e dai suoi abitanti, ma solo in parte

Nonostante un’eccessiva sudditanza alle aspettative, e una generale mancanza di coraggio nel percorrere sentieri non battuti, Bioshock Infinite rimane un’esperienza ben sopra la media, tanto stilisticamente quanto per qualità dei contenuti più strettamente ludici. Ancora una volta, e nonostante uno sviluppo travagliatissimo, Ken Levine e il suo team sono riusciti a portare sugli schermi un viaggio imprescindibile per qualunque appassionato di videogiochi, destinato ad alzare ulteriormente i valori produttivi medi del genere d’appartenenza, elevandosi a pietra di paragone per qualunque cosa riservi il futuro.

Tipologia di Gioco:

Bioshock Infinite è uno sparatutto in prima persona atipico, che pone grande enfasi sulla trama e sulla natura evocativa dell'ambientazione, l'immaginaria città di Columbia. Miscelando storia e fantasia, e cercando di immaginare le conseguenze di una proliferazione incontrollata degli ideali imperialisti americani di inizio secolo, il gioco propone, proprio come il suo predecessore, un contesto unico in cui combattere. A questo si affianca l'importanza del personaggio di Elizabeth, che seguirà il giocatore fornendogli supporto durante gli scontri a fuoco.

Come è Stato Giocato:

Abbiamo testato una versione PC di Bioshock Infinite gentilmente fornitaci dal publisher 2K, completando il gioco a livello Difficile. A proposito del bilanciamento, abbiamo scoperto come quest'ultimo tenda a sfruttare nettamente la rigenerazione del giocatore come strumento di gameplay, in quanto completare la maggior parte delle sparatorie senza morire ripetutamente è quasi impossibile. A livello Normale la situazione cambia nettamente, in quanto Elizabeth si rivela molto più propensa a fornire medikit e sali durante gli scontri. Per completare il gioco abbiamo impiegato in tutto 14 ore.

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