Recensione - Batman: Arkham Knight

Il ritorno in grande stile del Cavaliere Oscuro con Batman: Arkham Knight: la nostra recensione

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Batman: Arkham Knight è un pugno in pieno stomaco, un calcio rotante alla Chuck Norris, una bomba che spazza via qualsiasi certezza ormai data per scontata. Eravamo stati vagamente avvertiti ai tempi di Asylum e City, qualche dubbio c’era già venuto allora, ma mai come oggi siamo certi che alcune notti, piovose e fredde, non ti puoi salvare nemmeno se ti fai chiamare Batman, indossi un’uniforme rinforzata in titanio e nel tempo libero giochi a fare il miliardario. Impugnare il pad impreparati può rivelarsi fatale perché, ad attendervi, non ci sarà l’ennesima cavalcata trionfale in cui si mettono in fila i villain, uno dopo l’altro, e li si rispedisce nell’umida cella da cui sono evasi in qualche modo. Rocksteady ha mescolato le carte non solo sul fronte del gameplay, introducendo la Batmobile e rinfrescando progressione e esplorazione degli ambienti: ha giocato sporco con i nostri sentimenti, facendoci ripiombare nell’insicurezza adolescenziale, in quel particolare momento della vita di ciascuno di noi in cui i miti, uno dopo l’altro, cadono dall’Olimpo, si infangano, si sporcano, falliscono e in alcuni casi muoiono.

Del resto, se ancora non si fosse capito, non ci sono eroi in questa storia. Quelli, semmai, sono confinati al mondo dei fumetti, oppure già a lavoro nella vicina Metropolis di Superman, citata più volte tra una missione e l’altra, ma non c’è traccia di questa leggendaria stirpe nelle decadenti strade di Gotham City. C’è un manipolo di poliziotti coraggiosi, rimasti a difendere una città ormai deserta dopo l’evacuazione di massa che funge da prologo e spiega il piano malefico dello Spaventapasseri. Ci sono dei vigili del fuoco che, pur di mettere in salvo i civili rimasti indietro, sono stati sequestrati da gruppi di malintenzionati. C’è il commissario Gordon che coordina i pochi agenti assoldabili e si schiera in prima linea mentre tenta, invano, di combattere le gang armate che si impadroniscono di un quartiere dopo l’altro. C’è naturalmente un ostinato vigilante che, chiuso nel suo mantello, rimugina sul come riportare per l’ennesima volta pace e tranquillità nella sua amata e tanto tormentata città. Uomini che non si risparmiano, certo, ma nulla a che vedere con chi non ha macchie o zone d’ombra da nascondere persino alla propria famiglia.

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Batman: Arkham Knight è prima di tutto la sua storia, le tematiche che cerca di sviluppare in un arco narrativo controverso, complesso, persino sommesso se paragonato a quello dei capitoli precedenti, ma proprio per questo anche più sfaccettato, ricco di significati nascosti, suggestivo, tormentato. Dopo aver superato incredibili prove, similmente a quanto accaduto al Cavaliere Oscuro di Nolan, anche per il giustiziere di Rocksteady giunge il tempo di fare i conti con la propria coscienza, con il suo operato, con il pericolo che lui stesso rappresenta per chi gli sta intorno. C’è un evidente frizione tra il volto imperscrutabile, la voce sempre controllata, mentre pianifica i suoi prossimi spostamenti, e la lenta discesa verso la follia solo apparentemente indotta dall’inalazione dei gas tossici dello Spaventapasseri. I dubbi, le paure, le colpe di Batman si materializzano in un doppio, frutto di una proiezione mentale che non poteva che avere le fattezze di Joker, puntualmente in scena ogniqualvolta l’indagine prende svolte inaspettate e drammatiche. Più Bruce Wayne si scopre solo e abbandonato da amici e alleati, più la sua calma e determinazione appare come una folle ossessione di chi ha ormai perso da tempo il contatto con la realtà.

Gli artisti della software house inglese, in questo senso, non hanno colto la palla al balzo per calcare con ancora più incisività sulla carica di pathos potenzialmente impressa in questa spirale disgregativa dell’eroe mascherato. Non si sono avvalsi dei medesimi espedienti narrativi che hanno reso grande The Last of Us, eppure il non detto, l’appena accennato, il vagamente mostrato basta per proiettare una luce sinistra, anche a posteriori, sull’intero operato del vigilante. Lo abbiamo visto anche altrove negli ultimi anni, tra videogiochi e film, ma il tema della morte dell’eroe, o per lo meno ciò che esso ha rappresentato fino alla seconda e più recente esplosione del post-modernismo, viene coraggiosamente ed efficacemente sviluppato anche in Arkham Knight, tirando in ballo, oltre all’ectoplasma di Joker, anche un villan nuovo di zecca sufficientemente misterioso e carismatico da tenere testa al Cavaliere Oscuro sino ai titoli di coda.

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Una tale progressione narrativa non incontrerà unilateralmente i favori del pubblico. Bisogna sforzarsi spesso e volentieri per interpretare correttamente allucinazioni e monologhi (per bocca di Joker s’intende) del nostro. Inoltre la trama vive di alti e bassi, indispensabili per disseminare il percorso di momenti particolarmente toccanti e commoventi, ma che di fatto costringono l’utente a sorbirsi segmenti di avventura meno coinvolgenti di altri. Tuttavia, Arkham Knight è un grande prodotto proprio perché si prende qualche rischio, senza censure né sconti, forte della potenza del messaggio che vuole veicolare e del solito, strepitoso, cast, tra buoni e cattivi, di cui si avvale.

"l’introduzione della Batmobile rappresenta il più grande stravolgimento che la saga abbia conosciuto sin dalle origini"

Le scommesse, fortunatamente, non si limitano alla sola narrazione. Come sappiamo, l’introduzione della Batmobile rappresenta il più grande stravolgimento che la saga abbia conosciuto sin dalle origini e nel bene e nel male, a conti fatti, ha effettivamente regalato un retrogusto completamente inedito a questo capitolo. Ora indispensabile per disintegrare i tanti blindati che vi si opporranno, ora necessaria per venire a capo dei tanti rompicapo architettati dall’Enigmista, grazie alla sua intercambiabilità, da veloce super-car ideale per gli inseguimenti a carro armato corazzato in ogni fiancata, ha donato un’ineguagliabile varietà alle scorrerie di Batman. Sebbene alla lunga si lamenti una certa ripetitività negli scontri a fuoco fondamentalmente privi di qualsiasi ambizione strategica, gli sviluppatori hanno saputo dosare perfettamente il suo utilizzo, lasciando al videogiocatore, il più delle volte, la scelta se spostarsi su quattro ruote o se preferire il canonico (e ugualmente veloce) binomio rampino-mantello.

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Sulla cima del grattacielo più alto di Gotham City, la vista della metropoli non riempie lo sguardo come ci si aspetterebbe dal primo capitolo next-gen dell’IP, ma non appena ci si imbatte nelle tante missioni secondarie di cui è zeppo questo capitolo, ci si accorge che anche dietro quest’ambito c’è stato uno studio minuzioso sia per evitare l’estrema linearità di Asylum, sia, soprattutto, per vanificare il senso di eccessiva dispersione provato ai tempi di City. Il ritmo dell’esplorazione, in breve, è semplicemente perfetto. Pur mancando un’ambientazione che più di altre lasci a bocca aperta, Gotham City nasconde, tra i suoi vicoli, scorci evocativi e tante piccole attività a cui dedicarsi. I gruppi di belligeranti rivoltosi sono stati eliminati quasi del tutto, ma per una sana scazzottata (o per fare sfoggio di altre abilità) c’è un nutrito numero di simulazioni che sapranno mettervi più che degnamente alla prova. In questo senso, tornano i grandi classici della saga: dall’ampio inventario pieno di diavolerie tecnologiche da usare in accordo con la Detective Vision, indispensabili per risolvere i tanti enigmi che vi sbarrano la strada, al combat system estremamente malleabile. Come sempre, fare a botte è più una questione di ritmo che di altro, ma i videogiocatori più smaliziati non tarderanno ad alternare pugni e calci con un ampio ventaglio di mosse acrobatiche, prese e proiezioni di ogni tipo.

Nulla da eccepire anche dal punto di vista visivo. I lontani eco di Batman Forever (per non dire Batman & Robin), ben visibili nelle luci al neon e in una fotografia che esalta ai colori acidi, si amalgamano con un motore grafico di tutto rispetto che, tra effetti speciali e folle di modelli poligonali che si muovono contemporaneamente sullo schermo, conosce solo rari momenti di incertezza.
Batman: Arkham Knight ha coraggio da vendere e a modo suo cerca di dare un duplice senso all’ideale di next-gen che dovrebbe possedere ed esprimere un capitolo che debutta sulle ultime nate di casa Sony e Microsoft. Da una parte ci mostra un Batman divorato dai sensi di colpa, spinto in un vortice di follia e progressiva incertezza che si materializza in un corrispettivo forte e d’impatto come il fantasma di Joker. Dall’altro, senza rinunciare alle meccaniche che da sempre alimentano la serie, rinfresca la formula rendendo fondamentale e inalienabile l’utilizzo della Batmobile. Il risultato non è perfetto. A volte la tensione narrativa vacilla. A volte combattere a suon di missili e mitragliatori su quattro ruote diventa lievemente noioso.

[caption id="attachment_144649" align="aligncenter" width="600"]Batman: Arkham Knight screenshot Batman: Arkham Knight - screenshot[/caption]

Di sicuro, tuttavia, in questo caso il coraggio va ampiamente premiato, perché se non siamo di fronte al capitolo migliore della saga, sicuramente si tratta di quello più affascinante e per certi versi coinvolgente. Vuoi perché scoprire nuovamente che gli eroi non esistono è drammaticamente sublime e catartico, vuoi perché scatenare i cavalli della Batmobile sulle strade di Gotham City è un’esperienza adrenalinica, vuoi perché, in fin dei conti, non chiedevamo altro che vestire nuovamente maschera e mantello di Batman per prendere a calci i soliti noti che tentano di mettere a ferro e fuoco la sua città.

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