Recensione - Army of Two: The Devil's Cartel - Senz'anima

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Idealmente, un gioco che basa il 100% delle sue attrattive sulle sparatorie dovrebbe essere provvisto di meccaniche di shooting pressoché perfette, ma non è questo il caso

Abbiamo testato il terzo capitolo della saga di Army of Two, ad opera di EA Montreal

La serie di Army of Two aveva delle chance. Dopo un primo capitolo interessante dal punto di vista concettuale, ma debole quanto a meccaniche e intelligenza artificiale, uno sviluppo attento e una buona promozione del sequel avrebbero potuto aumentare l’interesse suscitato dal capostipite, forte di vendite tuttto sommato interessanti. Purtroppo, Electronic Arts sembra non averci mai creduto molto e, dopo una seconda uscita fotocopia, troviamo sugli scaffali un terzo capitolo ancor più anonimo e privo di personalità. 

Inutile girarci attorno, Army of Two: The Devil’s Cartel viene salvato in extremis solo dalla cooperativa a due giocatori online o a schermo diviso, unica vera fonte di relativo divertimento, nonostante gli sviluppatori abbiamo persino tentato di rovinare la prima con un netcode tutt’altro che efficiente.

Come già anticipato dai trailer e video gameplay finora rilasciati, i protagonisti di questa terza uscita dedicata alla guerra contro i cartelli della droga non sono più Salem e Rios, i quali si guadagnano comunque il ruolo di occasionali comparse in alcuni livelli, bensì le reclute Alpha e Bravo. Se già inizialmente il motivo di questo cambiamento non ci era chiaro, anche completata la campagna le motivazioni addotte dagli sviluppatori, ossia garantire maggiore immedesimazione ai giocatori, non ci sono sembrate affatto sensate. Anzi, laddove i due predecessori avevano quantomeno delle personalità ben spiccate, questi due nuovi protagonisti risultano del tutto dimenticabili.
Dal punto di vista del gameplay, il lavoro svolto da EA Montreal ha interessato soprattutto l’aspetto dell’accessibilità. Le basi rimangono naturalmente quelle dello sparatutto in terza persona con coperture, ma, laddove i due predecessori ponevano grande enfasi sull’”aggro” (ossia l’attenzione suscitata da un giocatore presso i nemici circostanti), The Devil’s Cartel tenta di rendere la formula più immediata, togliendo l’Aggrometro dall’interfaccia e puntando tutto sulle prolungate sparatorie e sulla distruttibilità delle coperture. Come nei due passati episodi vi saranno sequenze in cui un giocatore dovrà fare da “esca”, mentenendo l’attenzione del nemico, mentre l’altro si occuperà di aggirare ed eliminare una alla volta le minacce, ma il tutto avviene in maniera nettamente meno controllata e tattica rispetto al passato.
Idealmente, un gioco che basa il 100% delle sue attrattive sulle sparatorie dovrebbe essere provvisto di meccaniche di shooting pressoché perfette, ma non è questo il caso. Alcuni aspetti, come il feedback restituito dalle armi e dalle esplosioni, funzionano a dovere (anche grazie al valore aggiunto offerto dalla buona distruttibilità delle ambientazioni), ma il sistema di coperture dinamico risulta purtroppo molto approssimativo. Molte volte accade che una superficie non venga accettata come valida per ripararsi, e il puntatore dinamico che permette di spostarsi automaticamente da una copertura all’altra è spesso troppo lento, soprattutto rispetto al ritmo elevato delle sparatorie.

Nonostante queste difficoltà e un level design non proprio ispirato, in cooperativa Army of Two: The Devils Cartel riesce a regalare qualche momento intenso e divertente, soprattutto quando si attiva la modalità Overkill. Quest’ultima si rende disponibile una volta caricata una barra tramite le uccisioni ripetute (con bonus per eliminazioni combinate, fiancheggiamento, corpo a corpo, colpi alla testa e altri ancora) e permette di attivare un potenziamento delle armi per una manciata di secondi, ulteriormente enfatizzato nel caso i due giocatori premano insieme il tasto dedicato. Per tutta la durata dell’effetto i proiettili dell’arma impugnata esploderanno all’impatto, polverizzando qualunque cosa a schermo, si tratti di nemici, veicoli o porzioni d’edificio. L’effetto è senza dubbio spettacolare, e, se usato strategicamente, l’Overkill può essere di grande aiuto per cavarsela nelle situazioni più complicate.

A fronte di un livello medio di difficoltà non elevato, in alcuni momenti Army of Two: The Devil’s Cartel può risultare anche molto impegnativo, ma non sempre per volontà degli sviluppatori. Il design dei livelli, spesso caotico nonostante le dimensioni non eccezionali delle mappe, si fa notare per una sistemazione poco attenta dei punti d’ingresso dei nemici. In altre parole, data la mancanza di un “percorso naturale” da seguire all’interno di alcune ambientazioni, capiterà a volte di trovarsi a dare inconsapevolemente le spalle a un punto di spawn delle truppe nemiche, situazione che a livello Difficile porterà quasi sempre al game over, e a conseguente frustrazione. Con le sue circa sette ore di durata, la campagna singolo giocatore non offre grandissime attrattive, se non un’interminabile shooting gallery contro nemici caratterizzati da un’intelligenza artificiale non brillantissima, e animati da routine spesso poco convincenti (vedasi i kamikaze armati di machete, che non faranno che correre incontro ai giocatori, con un effetto spesso tragicomico). 

La possibilità di acquistare nuove armi e personalizzazioni per l’arsenale e l’aspetto del proprio alter ego offre qualche lieve chance di rigiocabilità, ma la piattezza del gameplay rema decisamente contro la capacità del gioco di mantenere alta a lungo l’attenzione del/dei giocatori.

Come accennato in apertura, il netcode delle partite online presenta qualche problema. In particolare, le disconnessioni non sono infrequenti, e, data l’assenza di una funzione di drop in/drop out in tempo reale (veramente imperdonabile di questi tempi, ndr), ogniqualvolta un giocatore esce dalla partita, volontariamente o meno, l’host sarà costretto a ripetere il capitolo. Durante le nostre prove, questo è accaduto persino a capitolo completato, di fronte alla schermata finale dei punteggi, dato che probabilmente il salvataggio automatico è stato incautamente posto successivamente a quest’ultima. Tali leggerezze di design, unitamente a qualche bug disseminato nei livelli, sono purtroppo destinate a gettare qualche ombra anche sulla cooperativa online, unica vera attrattiva di The Devil’s Cartel.
A fronte di un comparto tecnico nella media, con l’unico valore aggiunto rappresentato dalla distruttibilità delle ambientazioni, Army of Two: The Devil’s Cartel si presenta come una produzione sviluppata pigramente, senza spunti particolari né guizzi di originalità. Data anche l’offerta ludica poco corposa, a fronte di un futuro ribassamento di prezzo il consiglio d’acquisto può valere solo per i fanatici della cooperativa a due, i quali, superata qualche frustrazione, potranno godere di diverse sparatorie divertenti, sebbene macchiate da vari difetti e molto ripetitive.

Tipologia di Gioco:

Army of Two: The Devil's Cartel è uno sparatutto in terza persona con grande enfasi sulla cooperativa a due giocatori, online o a schermo diviso. Giocato da soli, infatti, perde sostanzialmente l'unica sua vera attrattiva, anche a causa di un'intelligenza artificiale non brillante. Livelli lineari e talvolta asimmetrici, con i due giocatori incaricati di percorrere strade parallele ma differenti nella stessa ambientazione, si susseguono sul filo di una trama decisamente pretestuosa.

Come è Stato Giocato:

Grazie ad una copia promozionale gentilmente fornitaci da Electronic Arts abbiamo completato la campagna singolo giocatore a Normale in cooperativa, con compagni scelti casualmente tramite matchmaking, sperimentando diversi problemi dovuti al netcode poco ottimizzato. Abbiamo successivamente ripetuto alcuni livelli in solitaria, provando anche i restanti livelli di difficoltà, per un totale di circa 8 ore complessive.

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