Recensione - Anodyne - Un'avventura onirica

Recensito l'action/adventure indie di Sean Hogan e Jonathan Kittaka

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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Se c'è un gioco al quale Sean Hogan e Jonathan Kittaka, i creatori di Anodyne, si sono ispirati, questo è senza dubbio The Legend of Zelda: Link's Awakening. Il capolavoro portatile della serie Nintendo è innegabilmente il loro primo riferimento, ma ai due ragazzi va il giusto plauso per averne preso in prestito solo i pilastri della struttura di gioco, infondendovi poi un carattere del tutto particolare, che risulta poi il vero valore aggiunto del titolo.

Anodyne è quindi un action/adventure, dalla mappa di gioco molto estesa, esplorabile liberamente per la maggior parte, salvo quelle determinate aree che si aprono all'accesso solo dopo l'ottenimento di un determinato oggetto. Il protagonista è Young, un giovane (!) che affronta qualcosa che non è mai ben chiaro se sia un sogno, un'avventura che crea nella propria testa o qualcosa di reale. Ciò provoca nel giocatore, decisamente allo sbando sia per l'iniziale spaesamento, sia per la totale mancanza di coerenza tra le ambientazioni, una sensazione di disagio, a tratti disturbante, che lo accompagnerà per tutta la durata del gioco.

[caption id="attachment_103404" align="aligncenter" width="480"]Anodyne screenshot Anodyne - screenshot[/caption]

Il gioco si apre con Young catapultato in una lugubre strada, che sembra uscita da un'apocalisse di qualche tipo, per poi ritrovarsi nel Nexus, una sorta di hub dal quale accedere in maniera rapida alle varie aree del gioco, comunque collegate tra loro nell'esteso mondo. Capita quindi di spostarsi da una pacifica e ridente pianura, con tanto di laghetto ad una inquietante foresta, da picchi di poetica bellezza a lugubri caverne, esaurendo la tradizione iconografica del genere; ma, parallelamente, ci sono altre ambientazioni di ben altro tipo, come squallidi hotel, zone che sembrano appartenere ad un'altra dimensione, una palude dalle acque rosso sangue. Il giocatore non sai mai dove finirà, e per quanto provi a prevederlo rimane sempre piacevolmente stupito dalla varietà dei luoghi che si ritrova ad attraversare, gustandosi anche delle citazioni non da poco.

"Il giocatore non sai mai dove finirà, e per quanto provi a prevederlo rimane sempre piacevolmente stupito dalla varietà dei luoghi che si ritrova ad attraversare"

Tutto quello che Young può fare, nel suo periglioso viaggio, è attaccare, utilizzando non la classica spada, ma una ben meno eroica scopa, e saltare, ma questa seconda possibilità la otterrà solo a metà avventura. Ciò non deve essere motivo di perplessità, né in alcun modo deve far porre domande riguardo la bontà del gameplay. E' vero che la componente prettamente action è limitata dallo scarso repertorio di Young, lo è altrettanto che questa è una scelta dovuta, visto che gli sviluppatori ci vogliono nei panni di un ragazzo spaesato, ed è decisamente più facile immedesimarsi nel suo disagio quando poco è in realtà a nostra disposizione. Inoltre, ben sapendo questo, i due ragazzi hanno puntato forte altrove per valorizzare l'esperienza di gioco, ovvero sull'esplorazione e sulla risoluzione di mille piccoli enigmi dei dungeon che troviamo nel gioco.

[caption id="attachment_103408" align="aligncenter" width="480"]Anodyne screenshot Anodyne - screenshot[/caption]

La coerenza, non quella naturale della quale si parlava prima, ma strutturale, del mondo di gioco, è infatti totale. Esso è suddiviso in innumerevoli schermate, proprio come in Link's Awakening, e queste si succedono in un sapiente ordine, figlio di un level design che sembrerebbe frutto del lavoro di sviluppatori esperti. L'esplorazione è quindi incoraggiata, perché dà divertimento, soddisfa le voglie del giocatore, premiandolo, sia con l'ottenimento di particolari carte, necessarie per procedere e completare l'avventura, sia restituendogli alcuni scorci particolarmente evocativi, nonostante la natura 16 bit del titolo.

La bontà del level design è apprezzabile ancor di più in quelli che sono i dungeon del gioco, le aree più intricate, al termine delle quali bisognerà combattere contro il classico boss. Non sono mai troppo difficili da affrontare, ma alcune fasi risultano davvero sfiziose da giocare, facendo molto affidamento sulle capacità platformiste del giocatore, al quale sono richiesti balzi in successione o precisi al pixel. Simile il discorso per i boss, per la maggior parte difficili, ma che mai fanno arrivare a picchi di frustrazione.

[caption id="attachment_103410" align="aligncenter" width="480"]Anodyne screenshot Anodyne - screenshot[/caption]

Sullo sfondo dell'avventura di Young non vi è alcuna linea narrativa, ed anzi gli sviluppatori giocano molto sulla sua assenza mettendo in bocca ad un personaggio particolare discorsi pomposi ma in realtà del tutto superflui. Ancora di più quindi ci si sente liberi, ancora di più si prova quella sensazione di mistero e coinvolgimento, mai però di sicurezza, sempre con un certo timore in ogni passo che facciamo.

Il merito è anche di una colonna sonora che, anche dietro i brani meno lugubri nasconde una certa inquietudine, e testimonia una maestria rara, un gusto non comune, da parte del suo realizzatore, Sean Hogan. In breve, la colonna sonora di Anodyne è meravigliosa, una delle più belle che ci sia capitato di sentire recentemente. Il connubio tra la musica e le ambientazioni è praticamente perfetto, ed è un'esperienza stupenda attraversare zone rese attraverso una basilare ma finemente realizzata grafica in 16 bit con quelle note, ammirando ogni singola schermata e lasciandosi catturare dall'ottima direzione artistica. La magia di Anodyne è fatta quindi da ingredienti semplici, ma che messi insieme lo rendono una un'esperienza veramente coinvolgente.

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