Recensione - Animal Crossing: Happy Home Designer

Arriva Animal Crossing: Happy Home Designer, il primo spin off della serie, nel quale il giocatore diventa arredatore; la nostra recensione

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


Condividi

La storia di Animal Crossing, la simulazione di vita di Nintendo, è una storia di aggiunte, di cose da fare, di persone, di edifici, di feste, di interazioni, di espedienti ludici, di una serie di elementi che, messi insieme, hanno dato vita ad episodi progressivamente più ricchi, e quindi più gustosi da giocare, per coloro ai quali la libertà videoludica piace assai. Animal Crossing: Happy Home Designer, primo spin off della serie, va invece in direzione opposta, quindi toglie tanta di quella sostanza che qualità dà agli episodi regolari, a favore di una struttura ludica basata su una sola delle componenti della serie, quella relativa all'arredamento della propria casa. Che qui non è più casa, ma case al plurale, nel momento in cui si vestono di panni di un impiegato di un'agenzia immobiliare e si cerca di esaudire i desideri di chi vuole abbellire la propria magione o costruirne una ex novo.

Si inizia con una piccola infarinatura da parte dei propri colleghi: arredare le case è un'arte, dicono, che richiede attenzione e cura al dettaglio, oltre che seguire le indicazioni del cliente, che fornirà sempre un'idea generale di come vorrebbe la propria magione, e fornisce alcuni oggetti che è assolutamente necessario includere nell'arredamento se si vuole renderlo felice. I primi incarichi vengono svolti con entusiasmo e gusto, ponderando a lungo ogni singolo componente dell'arredamento, le fantasie dei muri e la pavimentazione, inserendo quell'oggetto in più che valorizzi l'ambiente, assecondando quindi non solo i gusti del cliente, ma quel desiderio creativo che è il motore del gioco. Non solo: dall'arredare solo l'interno delle case si passa anche agli esterni, alla struttura della casa stessa, e poi agli edifici del paese, come la scuola e l'ospedale, ed alle attività commerciali, dai negozi ai ristoranti. Crescono le possibilità, cresce la varietà del mobilio, con una varietà di elementi eccezionale, che testimonia una profonda cura profusa dagli sviluppatori nel fornire ai giocatori quante più alternative possibili, per assecondare la loro fantasia e la loro creatività.

[caption id="attachment_146781" align="aligncenter" width="400"]Animal Crossing: Happy Home Designer screenshot Animal Crossing: Happy Home Designer - screenshot[/caption]

"All'entusiasmo dei primi momenti subentra purtroppo, anche abbastanza presto, una sensazione di ripetitività che è davvero poi difficile da scacciare via"

All'entusiasmo dei primi momenti subentra purtroppo, anche abbastanza presto, una sensazione di ripetitività che è davvero poi difficile da scacciare via. Il gioco ce la mette tutta nel mettere in mano all'arredatore situazioni potenzialmente stimolanti, ma fallisce nel motivarlo, e nel divertirlo, nel lungo periodo. La semplicità del gameplay diventa infatti banalità, quando ci si accorge che in realtà basta attenersi alle poche indicazioni fornite dai clienti per avere successo, quando si capisce che manca totalmente un qualunque espediente che sfidi il giocatore a fare veramente del suo meglio, quello che nella serie principale era rappresentato dalla valutazione della propria abitazione da parte dell'Accademia delle Belle Case. L'associazione è presente anche qui, ma in un altro modo: impartisce delle lezioni alle quali si può accedere solo spendendo le monete che si accumulano andando a spasso con il proprio Nintendo 3DS in modalità riposo, lezioni che danno poi nuove possibilità di arredo; la loro subordinazione al portare a spasso la propria console è francamente difficile da spiegare, e peggiora ancora di più la situazione di un titolo che di cose nuove da fare ne sente costantemente il bisogno.

Sarebbe ingeneroso bollare Animal Crossing: Happy Home Designer come un fiasco totale, perché di mobili ed oggetti d'arredamento ne mette davvero tantissimi in mano al giocatore, e perché il suo target di riferimento, molto giovane, è probabilmente più stuzzicato da questo che dalla sfida videoludica, ma comunque fallisce nel proporsi efficacemente, essendo un gioco sull'arredare con gusto ma mancando di un vero sistema di valutazione, cercando in una vastissima selezione di oggetti quella varietà che non riesce ad avere nella sua struttura; in sostanza, banalizzando la sua stessa identità.

Continua a leggere su BadTaste