Recensione - Albedo: Eyes from Outer Space

Dalla galassia dello sviluppo made in Italy, un’avventura grafica a sfondo fantascientifico: la recensione di Albedo: Eyes from Outer Space

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Albedo: Eyes from Outer Space è un grande omaggio ai B-movie fantascientifici degli Anni ‘60 e ‘70, uno schietto e ammirevole tributo a una metodologia filmica passata alla storia grazie a una fotografia riconoscibilissima, ad effetti speciali meravigliosamente posticci, ad una recitazione volutamente esagerata sia nella plasticità delle pose che nell’espressione del pathos. In molti sono rimasti folgorati dalla tecnica cinematografica dell’epoca, tanto da recuperarne e riproporne, in produzioni contemporanee, colori e stilemi. Evitando esempi altisonanti, basterà ricordare il bellissimo Italian Spiderman, nato come semplice tesi di studio di Dario Russo: australiano di nascita, ma con evidenti origini italiane.

A quanto pare, la nostra percezione estetica, prettamente mediterranea, è particolarmente sensibile a quel genere di atmosfere visto che anche questo progetto è capitanato da un italiano. Fabrizio Zagaglia, uomo (praticamente) solo al comando, nel giro di qualche anno e contando su risorse limitatissime, è riuscito a sviluppare un’avventura grafica in tutto e per tutto retrò, trash, naive. Il menu principale, non è un caso, funge da manifesto interattivo: un vago accenno di Theremin, strumento ideale per introdurre la tenue (e comica) vena horror dell’avventura; alcuni display di computer analogici per navigare tra opzioni e file di salvataggio; un art design che mette in mostra tonalità accese e un’immagine sporcata da un delicato effetto filigrana; diverse scritte che evidenziano l’iniziale collocazione del protagonista dell’avventura: la stazione Jupiter dell’Olympus Group.

[caption id="attachment_142645" align="aligncenter" width="508"]Albedo Eyes from Outer Space screenshot 1 Anche con PC non particolarmente potenti, è possibile giocare tranquillamente godendo persino di un discreto livello di dettaglio.[/caption]

Nessun ingegnere dalla mente brillante in stile Half-Life, né temerari space marine alla Doom. John T. Longy è un guardiano notturno più dedito all’alcool che non al suo lavoro. Del resto, vista l’ubicazione del laboratorio, un punto indefinito dello spazio, è difficile trovare malintenzionati determinati a seminare il caos tra provette e becchi di Bunsen: qualche distrazione ce la si potrà pur concedere. Il pericolo, tuttavia, è sempre in agguato e un tranquillo turno di guardia si tramuta in una corsa per la sopravvivenza tra complessi enigmi da risolvere e alieni monocoli a cui sfuggire o abbattere in ogni modo possibile. La trama, volontariamente o meno, è squisitamente Anni ‘60, comicamente in bilico tra un plot che non si prende mai troppo sul serio e il tremendo dubbio di trovarsi di fronte a una gigantesca presa in giro. I risvolti fantascientifici, evidenti nell’esistenza di paradossi temporali ed esperimenti evidentemente sfuggiti al controllo, si scontrano costantemente con apparizioni (e sparizioni) che lasciano intendere che il tutto, in realtà, sia dovuto a una colossale sbornia del nostro.

Così, tra miracolosi crono-visori in grado di suggerire la risoluzione dei rompicapo e pesci pagliaccio che compaiono nelle sale di manutenzione della base spaziale, è facile farsi coinvolgere dalla sottile ironia che permea la pur evanescente sceneggiatura. Fatto salvo per le ultime due, delle otto ore richieste per giungere ai titoli di coda, la trama resta pressoché sullo sfondo, lasciando che siano le ambientazioni e le taglienti battute di John a raccontarci cosa stia realmente accadendo. Lo stile adottato dallo storytelling riesce intelligentemente a celare i numerosi punti deboli della trama. Digressioni, lacune e incongruenze, del resto, erano comuni anche nelle pellicole a cui Albedo: Eyes from Outer Space si rifà, non è dunque da escludere che si tratti di un effetto voluto, ma è evidente che, tra tutti, l’aspetto narrativo abbia ricevuto meno cure e attenzioni da parte dello sviluppatore: non certo una colpa, vista la bontà di tutto il resto.

[caption id="attachment_142646" align="aligncenter" width="508"]Albedo Eyes from Outer Space screenshot 2 Gli aiuti disponibili, comunque facoltativi, sono tantissimi: per ultimo il gioco si prenderà la briga di evidenziare gli oggetti necessari alla risoluzione dell'enigma.[/caption]

Gli enigmi, tanto per cominciare, spiccano per varietà e richiedono capacità di logica e intuizione. Che si tratti di scassinare un lucchetto o di riparare delle tubature, il più delle volte, per accedere alle schermate di risoluzione, bisogna precedentemente individuare nello scenario gli oggetti con cui si può interagire e combinare tra loro quelli conservati nell’inventario. Classico nell’impostazione, Albedo: Eyes from Outer Space propone ostacoli sommariamente sormontabili da chiunque, tenendo anche in considerazione i molti suggerimenti attivabili e che solo raramente dovrete ritornare sui vostri passi a caccia di item lasciati indietro.

A svecchiare la formula tradizionale, ci pensano piccole sezioni action che vivacizzano il corso della storia, pur mostrando il fianco a qualche imprecisione di troppo. Di tanto in tanto dovrete combattere gli alieni a mani nude e verso l’epilogo ci sarà perfino una breve fase in pieno stile FPS. Secondari nell’economia dell’opera, queste sezioni, oltre a evidenziare una congenita superficialità delle meccaniche ludiche coinvolte, affaticano ulteriormente un’interfaccia già di per sé macchinosa. Nonostante un recentissimo aggiornamento abbia migliorato la situazione, soprattutto quando vi sarà richiesto di agire in fretta, faticherete a richiamare l’oggetto prescelto e a combinarlo con un altro con la dovuta disinvoltura.

Albedo: Eyes from Outer Space è un’intrigante e divertente avventura grafica, frutto dello sforzo di un giovane sviluppatore nostrano. Al di là del voto a fondo pagina, che comunque tiene conto degli innegabili difetti del gioco, ma influenzato da granitiche (e spesso futili) necessità classificatorie, siamo di fronte a un prodotto meritevole dell’attenzione di amanti del genere e non. Il ricercato art design, ispiratissimo e fascinosamente retrò, la simpatica trama, di evidente matrice trash, e il discreto livello di sfida offerto dagli enigmi, comunque risolvibili da chiunque con i dovuti aiuti, rendono la creatura di Fabrizio Zagaglia una piccola perla della sempre più affollata scena italiana. Correte su Steam e scaricatelo per averne una prova. Difficilmente ve ne pentirete.

[caption id="attachment_142647" align="aligncenter" width="508"]Albedo Eyes from Outer Space screenshot 3 Dopo tanto spremersi le meningi, dedicarsi a un po' di sano spara-spara senza pretese è una manna dal cielo.[/caption]

In conclusione alla recensione, riportiamo un brevissimo scambio di domande e risposte che lo sviluppatore di Albedo ci ha gentilmente concesso.

Badgames:Come e quando nasce Albedo? Quanto tempo ha richiesto il suo sviluppo?

Fabrizio Zagaglia: Inizialmente non si chiamava nemmeno Albedo! Era nato come (ennesimo) tentativo di remake di Longy, un mio vecchio gioco del 2001 che condivide con Albedo ambientazione e protagonista. Ho iniziato lo sviluppo nell’autunno del 2011, quindi ben 3 anni per approdare in Early Access, e altri 6 mesi per andare in full release su Steam. C'è da dire che ho potuto lavorarci fulltime solo dal 2014, grazie a Ivan Venturi e Merge Games. Prima ci lavoravo nel tempo libero, senza nemmeno troppa costanza... e le cose andavano piuttosto a rilento!

BG: Albedo è pieno di citazioni a film e romanzi di fantascienza. Anche l'art design ricorda vecchie pellicole sci-fi degli Anni 60 e 70. Quali sono state le tue principali fonti d'ispirazione nella creazione dell'ambientazione e della trama dell'avventura?

FZ: Dopo il cambio di nome in Albedo, ho cercato di enfatizzare l'aspetto fantascienza Anni '60 (che in qualche modo era comunque presente nei primi prototipi, anche se in tono minore), cercando però di trovare un compromesso tra lo scifi vintage e qualcosa di più moderno. Quindi sicuramente film e telefilm dell'epoca, da Invaders from Mars a Star Trek, provando a cogliere tutti quegli aspetti naive che magari oggigiorno possono sembrare nella migliore delle ipotesi ingenui, ma che rendevano (e rendono tuttora) questo tipo di opere interessanti ed in grado di suscitare sensazioni come stupore, curiosità e meraviglia, oramai sempre più rare in opere di questo tipo.

BG: Qual'è stato l'aspetto del gioco che ha richiesto più impegno e fatica?

FZ: Bella domanda! Se non si considera il bug fixing e il polishing finale, direi grafica e programmazione a pari merito. Anche perché lo sviluppo è andato avanti, ambientazione per ambientazione, su grafica e codice praticamente di pari passo.

BG: Sono previsti porting di Albedo?

FZ: Yes! Al momento sono previsti (nel senso che ci sto lavorando proprio ora) i porting per Xbox One e PlayStation 4.

BG: Che aspirazioni e ambizioni nutri per il futuro? Da "grande" vuoi fare lo sviluppatore di videogiochi?

FZ: La speranza è quella! Però diciamo che tra le variabili in gioco, dati alla mano, molto dipende dai risultati dell'esperienza Albedo. Quindi credo di poter dare una risposta più concreta solo tra un po'.

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