Rebel Moon: The Director's Cut, la recensione

La versione estesa di Rebel Moon è more of the same, guadagnando qualcosa in cattiveria e peggiorando i difetti narrativi degli originali.

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La recensione della versione estesa di Rebel Moon disponibile su Netflix dal 2 agosto.

Zack Snyder l'ha rifatto, ma stavolta è tutta un’altra storia. Quella fra theatrical e Snyder cut di Justice League era una differenza di visioni piuttosto radicale, fra la leggerezza Marvel prestata alla DC (e perfettamente incarnata da quel Joss Whedon che ne era stato il grande alchimista con The Avengers) e l'approccio di Snyder, ugualmente fumettistico ma più cupo, credente in una personalissima visione contemporanea dell'epica. Recuperare il suo cut valeva la pena proprio in prospettiva autoriale, permettendo di confrontare due diversi house style e di riscoprire la coerenza del progetto originario, sacrificato a riscritture e considerazioni industriali. Non si può dire lo stesso di Rebel Moon.

Snyder inseguiva il concept dal 1997 con l'idea di farne uno "Star Wars rated-R"; e a un certo punto aveva anche tentato senza successo di proporlo alla Lucasfilm. Poi c'è stato il suo coinvolgimento nel DCEU, al termine del quale si è fatta avanti Netflix. Che gli ha dato completa carta bianca, a partire dal fatto di dividere il progetto in due capitoli per non sacrificare nulla del materiale. Questo è fondamentale per approcciare criticamente i nuovi cut, perché ci dice che stavolta non c'era nessuna "visione originaria" da restaurare. Snyder e Netflix sono partiti fin dall'inizio con l'idea di proporre prima due versioni PG-13 e poi, a distanza di qualche tempo, quelle coi contenuti più scabrosi.

Nonostante i salti mortali in interviste varie per sostenere le motivazioni artistiche della doppia uscita (ripetiamo: non dettata da alcuna imposizione industriale ma programmata con largo anticipo) è evidente l'unità d'intenti fra le versioni originali dei due Rebel Moon e quelle da poco disponibili su Netflix. È vero che il tasso di violenza ed erotismo aumenta, ma questo non cambia sostanzialmente la visione (del resto già abbastanza cupa) di Snyder. Al massimo la rende più incisiva in qualche passaggio: la scena iniziale fa ben sperare, con un momento brutale che conferisce maggior spessore al cattivo dello splendido Ed Skrein. Qui Snyder picchia davvero, costruendo back story che danno tridimensionalità ai personaggi e persino - come nella vera epica - ad alcuni oggetti simbolo.

Più spesso accade il contrario: anziché mettere a fuoco, l'aumento di minutaggio rende ancora più dispersivi due film che soffrivano già (soprattutto il secondo) di lungaggini e ripetizioni narrative. La maggior parte delle integrazioni non aggiunge contenuto informativo/emozionale, limitandosi a dilatare a dismisura quello che già accadeva - con più clemenza - negli originali. Tutto è ancora derivativo, basico nelle caratterizzazioni, estenuante quando Snyder filma l'azione o si incanta in parentesi agricole dal sapore quasi mussoliniano. Ma adesso lo è per due ore buone in più: proprio il tipo di film che una volta non sarebbe mai andato in sala senza una buona sforbiciata da parte di produttori avveduti.

Sembra di vedere le edizioni estese del Signore degli Anelli o di Alien (tolto il terzo capitolo): sostanzialmente gli stessi film, a cui si aggiungevano scene tagliate per rendere più agili le versioni cinematografiche, che poi trovavano posto nel mercato home video come chicca per i fedelissimi. Qui però non c'è (quasi) stata uscita in sala, e per quanto ne sappiamo non c'è un fandom. La cosa interessante allora è chiedersi: perché? In ogni caso è probabile che non abbiamo ancora visto la miglior versione possibile di Rebel Moon. Una più stringata di questa, ma coi momenti gore che mancavano alla prima. Può darsi che fra vent'anni Snyder farà come Coppola e ci rimetterà mano. Non garantiamo di presentarci a vedere il risultato...

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