The Reader - A Voce Alta

Un quindicenne, nella Germania del dopoguerra, ha una relazione con una donna molto più matura. Kate Winslet di maniera in un film noioso nella prima parte e ridicolo nella seconda...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloThe Reader - A Voce AltaRegiaStephen Daldry
Voci originali
Kate Winslet, Ralph Fiennes, David Kross, Alexandra Maria-Lara, Lena Olin

Uscita20-02-2009La scheda del film

Ogni anno, agli Oscar c'è almeno un film protagonista che lascia perplessi. Nulla di strano, considerando le tante candidature disponibili e la varietà di scelte a disposizione, che peraltro in questo 2009 hanno portato a tanti nominati meritevoli. In tutto questo, però, è francamente difficile capire come The Reader sia riuscito a ottenere tante segnalazioni importanti, tra cui film e regia. Il merito del 'successo' ha sicuramente un nome, che non è però quello di Kate Winslet, né del regista Stephen Daldry o dello sceneggiatore David Hare, ma quello di Harvey Weinstein. Se in passato aveva portato al successo film semplicemente discreti, qui riesce nell'impresa di far riconoscere un'opera pessima e deludente, in un capolavoro di promozione e marketing che ha dello straordinario. Sarebbe troppo facile elencare qualche titolo come Il cavaliere oscuro, Il dubbio o Wall-E, sostenendo che avrebbero meritato quel posto nella cinquina. In realtà, credo che si possano facilmente trovare 30-40 titoli americani del 2008 che non hanno nulla da invidiare a The Reader (o per dirla più chiaramente, sono almeno decenti).

Fin dall'inizio, si ha di fronte un'opera che non convince, soprattutto per quanto riguarda la relazione tra i due protagonisti. Nonostante questo argomento comprenda tutta la prima parte (quasi un'ora di film) e praticamente non si parli d'altro (è incredibile come venga completamente dimenticata la famiglia del ragazzo o le sue amicizie, che invece avrebbero potuto fornire spunti interessanti), l'impressione è di una enorme superficialità, in cui non si riesce a creare dei personaggi veramente interessanti. Certo, si può apprezzare il coraggio nel portare avanti una storia così delicata (e anche nel mostrare tante nudità, forse fin troppe), ma come racconto di formazione riesce nell'impresa di non conquistare assolutamente. Nella seconda parte, poi, si riesce anche a peggiorare, con una sorpresa che non sta in piedi e che determina il destino assurdo dei personaggi, non parlando del modo in cui la protagonista affronta il confronto in tribunale (come se non capisse minimamente di cosa è accusata).

Purtroppo, i momenti in cui si sfiora il ridicolo (o lo si raggiunge decisamente) sono numerosi. Penso al rapporto sesso/letteratura che sembra proprio uno stereotipo da cineasta europeo pseudoraffinato. O l'infinita scena in cui lei lava il ragazzo (perché? Cosa dovrebbe esprimere di profondo?). E il rapporto epistolare/audio (a proposito di scelte paradossali e sgangherate)? E non parliamo di quando nel finale arriva in scena Lena Olin (non per colpa sua, anzi le parole critiche che pronuncia andrebbero benissimo per descrivere il film), protagonista di un dialogo con Ralph Fiennes che ha dell'incredibile. Insomma, è evidente che David Hare viene ormai riconosciuto più per la sua fama di drammaturgo di livello, che per certi adattamenti ultrafreddi (basti pensare anche a The Hours, senza voler arrivare all'ultratrash Il danno).

Tutto questo non viene risollevato dal lavoro di Stephen Daldry, che dal cineasta pop che era ai tempi di Billy Elliot, sta ormai virando verso un'impostazione troppo classica, fatta di regia elegante ma poco coinvolgente, con continui (e spesso inutili) passaggi temporali ed effetti di montaggio. E come capita spesso con questi prodotti (pseudo)alti, l'impressione è che in realtà ci sia poco da dire e che comunque il regista non sappia bene cosa voglia esprimere. Se continua così, diventerà un Lasse Hallstrom, ma senza neanche avere i suoi momenti leggeri.

In tutto questo, la performance di Kate Winslet non rientra tra le dieci prove (forse anche 15) che preferisco di quest'attrice, anche se probabilmente finirà per essere il ruolo più consacrato della sua carriera fino a questo momento e le darà l'agognato Oscar. Il suo personaggio convince quando appare dura e precisa, ma c'è qualcosa di poco naturale nella Winslet, come se, per la prima volta nella sua carriera, dovesse impegnarsi per trovare le motivazioni dietro alla sua performance. Forse, non è riuscita veramente a capire le sue ragioni (che peraltro, considerando come ci sono state esposte, sono ridicole)? Il giovane David Kross se la cava benino considerando la responsabilità di un ruolo del genere, ma certo non si urla al miracolo, né si riesce a raggiungere una sintonia con la sua interpretazione. Il peggiore è sicuramente Ralph Fiennes, in buona parte perché ha il ruolo più ingrato e meno efficace, ma anche per una prova che non sembra perfettamente intonata al contesto.

Alla fine, siamo di fronte a un polpettone eccessivo e programmatico, in cui i personaggi devono soffrire (e far soffrire) perché... sì. Senza ragione. Piacerà a chi ama i film soltanto per il tasso di contenuti 'seri'. E qui, tra Olocausto, dopoguerra, rapporto padri-figli, senso di colpa nazionale e segreti inconfessabili, di materiale ce n'è tanto. Così come il livello di kitsch...

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