Re della terra selvaggia, la recensione

Il film fenomeno del 2012 arriva in Italia carico di aspettative. Se vi aspettate il miglior film dell'anno forse sarete delusi, di certo vedrete qualcosa che non si vede di frequente...

Critico e giornalista cinematografico


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Andiamo tutti ripetendo da anni che il cinema indipendente americano è diventato un genere più che una modalità produttiva, sforna storie tutte uguali, girate tutte alla stessa maniera, presentate tutte allo stesso festival (il Sundance). L'arrivo di Re della terra selvaggia (e il suo successo mondiale), sebbene all'interno di questo sistema, si configura dunque come elemento di rottura fortissimo.

Il film di Benh Zeitlin ricorda da lontano le idee produttive di Werner Herzog (al netto della componente avventurosa) per come mescola realtà e finzione, per quanto la natura e l'ecologia dei paesaggi (nè buoni nè cattivi, solo cinici) giochino un ruolo determinante e influente sulle azioni degli uomini, mentre se visto da vicino fa pensare al coraggio di Un gelido inverno e la sua America non raccontata, la sua esplorazione quasi etnografica.

E proprio tra etnografia e racconto popolare si situa Re della terra selvaggia, nel suo raccontare della formazione e crescita di una bambina di circa 10 anni nel sud della Louisiana, in una comunità che fa civlità a sè, rispetto al resto degli Stati Uniti. Hushpuppy e suo padre vivono in una zona funestata da calamità naturali e come i loro vicini si sono abituati a tutto questo, prosperano in un ambiente paludoso e fangoso come fossero anch'essi animali.

Poteva facilmente diventare un apologo morale dallo sguardo di un abitante di città, invece Re della terra selvaggia ha il coraggio di andare a scavare nella testa, nelle paure e nei sogni di una bambina cresciuta lontano dalla civiltà, nella maniera più animale possibile per un essere umano. La principale paura di Hushpuppy è di essere mangiata perchè la catena alimentare è tutto ciò che conosce, viene educata al culto della forza da un padre manesco e amorevole come lo sono le bestie, e sotto a tutto cova il sogno di ritrovare la madre.

Forse Re della terra selvaggia non è il capolavoro che tutti i premi vinti in giro per il mondo e le frasi trionfali lasciano sperare che sia, di certo è un film audace e diverso, pensato e girato con una forza filmica che non si vede spesso. Sebbene non disdegni strizzate d'occhio al pubblico, la vocina fuoricampo, lacrimette tirate e momenti melodrammatici che si fanno forza di un'attrice plasmabile e comunicativa come solo i bambini prodigio, riesce comunque ad avere il respiro del cinema più libero e anticonvenzionale in cui il realismo di ambienti e contesti pazzeschi si fonde con la miglior falsità del cinema (gli interpreti sono attori, non gente del luogo).

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