RCL - Ridotte capacità lavorative - La recensione

Paolo Rossi e la sua troupe si recano a Pomigliano D'arco per analizzare la situazione degli operai che lavorano per la Fiat. Più che un brutto film, un orrendo backstage spacciato per documentario...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo RCL - Ridotte capacità lavorative
RegiaMassimiliano Carboni
CastPaolo Rossi, Emanuele Dell'Aquila, Alessandro Di Rienzo, Davide Rossi, Daniele Maraniello
Uscita10-12-2010  

Dopo aver visto diversi spot pubblicitari di RCL, ti vine da pensare che assisterai a un one man show di Paolo Rossi, magari più interessato a dar vita a una sorta di monologo teatrale che a un film documentario vero e proprio. Il timore è normale, il risultato finale anche peggiore delle attese. In effetti, della follia comica che ti attendi c'è proprio poco, se non nulla.

RCL si pone delle domande interessanti e importanti, tra cui la ragione per cui in una città piena di operai il sindaco sia di destra e in generale lo scollamento tra operai e sinistra. Il problema sono le risposte, che non sembrano mai arrivare, anche per colpa di scene come la lettura per quasi 5 minuti della comunicazione degli operai.

Il documentario dà l'impressione di essere un instant movie realizzato fin troppo rapidamente. E Paolo Rossi non sembra a suo agio in questo ambito, tanto da risultare particolarmente sgradevole. In teoria, vorrebbe essere autoironico, ma il tentativo non riesce affatto, a tal punto che la sensazione è che la ricerca sugli operai sia molto politically correct, ma che in realtà a Paolo Rossi e soci dell'argomento interessi poco. Memorabile, in questo senso, una scena in cui, a un gruppo di lavoratori che parlano dei suoi problemi, Rossi risponde citando il suo concepimento, avvenuto in un lussuoso albergo di Venezia, da cui poi i suoi genitori dovettero andarsene (so' problemi...). Insomma, si va tra la gente, ma si avverte una forte distanza reale tra realizzatori e persone di cui si parla.

Ma soprattutto, al di là delle ideologie, manca assolutamente il surrealismo civile che doveva essere il tono annunciato dell'opera. Al posto di un prodotto vivace e frizzante, ci ritroviamo con un film che, nonostante i 78 minuti di durata, arranca stancamente senza sapere bene dove andare, come viene involontariamente rappresentato dalla troupe che cerca le case degli operai. E se Rossi vuole evitare le domande alla Report e Ballarò, non sembra trovare altre strade a disposizione per fare qualcosa di meglio.

In sostanza, più che scoprire informazioni interessanti sugli operai di Pomigliano d'Arco, capiamo meglio (se ce ne fosse bisogno) il narcisismo di certi artisti. E la loro incapacità di comunicare con il loro, presunto (molto presunto), pubblico di riferimento. In effetti, difficile pensare che un operaio spenda sette euro per vedere un prodotto del genere...

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