La nostra recensione di Raymond & Ray, presentato alla Festa del Cinema di Roma e disponibile su AppleTv+ dal 21 ottobre
Non è ancora terminata la prima scena, e già ci sembra che
Raymond & Ray abbiamo spuntato tutte le caselle del filone a cui appartiene. Questi sono infatti due fratellastri dai caratteri diametralmente opposti: Ray (Ethan Hawke) è estroverso e arrogante, Raymond (Ewan McGregor) introverso e bonario. Ad unirli, l'odio verso un terribile padre (solo per dirne una: li aveva chiamati entrambi Ray, e si divertiva a scambiarli, fino a quando è stata la loro madre a chiamarne uno Raymond per distinguerli). Non si vedono da tempo, ma l'occasione per ritrovarsi è la morte del genitore: Raymond raggiunge l'altro e lo convince a mettersi in viaggio per assistere al funerale. Road Movie, possibilità di confronto, famiglia disfunzionale, non manca nulla di quelle storie che presentano "personaggi che devono confrontarsi con situazioni scomode" e che spesso sono presentate al Sundance (anche se questo, prima che alla Festa del Cinema di Roma, è stato proiettato a Toronto). E come potrà mai andare a finire? Come potete ben immaginare: non pensate che il film di Rodrigo Garcia riuscirà, o quando meno proverà, a distaccarsi dai più classici binari narrativi. Arrivati alla cerimonia, i due scopriranno l'ultima volontà del padre: che scavino loro stessi la sua tomba. Costretti loro malgrado ad accettare, da quel momento impareranno a conoscere meglio se stessi e chi li ha appena lasciati.
L'intreccio del film gioca quasi interamente su una dinamica riproposta continuamente: l'imbarazzo in cui si ritrovano i due di fronte agli atteggiamenti, e le sue conseguenze, del defunto padre: le tanti amanti e i figli (che così diventano nuovi fratelli per loro), l'avarizia e la meschinità. A questo fa da contrasto il modo in cui tutti gli altri parlano di quest'ultimo, ricordandone una gentilezza, un'affabilità sconosciuta ai protagonisti. La morale non è dunque tanto scoprire che quello che pensavano di lui era sbagliato, ma imparare a accettarne i difetti, comprendendo le ragioni di certi comportamenti. Così, Raymond e Ray andranno incontro a un percorso di crescita: il primo imparerà ad aprirsi, il secondo a fare i conti con la sua personalità, vedendosi specchiato nel genitore. Nell'interpretarli, la coppia Hawke-McGregor funziona solo in parte: entrambi sono affiatati e giocano su un registro misurato, ma il secondo non sembra così a fuoco nel veicolare la tenerezza del suo personaggio. Se l' impianto narrativo dunque non è certo originale, viene sollevato solo in parte dalla messa in scena.
La storia propone infatti un susseguirsi di situazione assurde, tragiche e comiche assieme, che strappano sempre un sorriso e a cui far seguire una rinnovata consapevolezza da parte dei protagonisti e degli spettatori. Il film dunque a tratti diverte, nei singoli quadretti, nella caratterizzazione dei personaggi di contorno. Ma il modo in cui la leggerezza dell'atmosfera stempera qualsiasi dolore e tristezza, risulta, più che sincero, come un ammiccamento, uno strumento per rasserenare e veicolare pillole di saggezza. Di queste sono portatrici e dispensatrici le varie figure femminili, caratterizzati in maniera così molto schematica, in contrasto con le figure maschili, incarnazione di un'inguaribile infantilità. Tutto, in conclusione, è raccontato con diligenza, ma anche con una ruffianeria chiara fin dall'inizio che esplode nella scena finale, quando si ricorre a una canzone sparata a tutto volume per tramettere una ritrovata malinconia.