Rampage - Furia Animale, la recensione

Pensato per un target molto alla buona ma dotato anche di una lunga scena finale d'azione fantastica, Rampage poteva fare di meglio

Critico e giornalista cinematografico


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È così ingenuo e così classico Rampage da somigliare, nella struttura, ai B movie horror con creature giganti degli anni ‘50. Un misterioso prodotto della ricerca scientifica contamina per errore degli animali causandone la mutazione e mettendo a rischio intere città. Gli scienziati vorrebbero usarlo per scopi militari, un uomo vuole salvare una sola delle bestie che gli è amica. I tre mostri verranno inevitabilmente attirati in città da un richiamo sonoro distruggendo tutto e seminando il panico per il gran finale.
Lo si potrebbe definire un classico se non fosse solo trascuratezza e banalità.

La missione in fase di sceneggiatura (cui ha contribuito Carlton Cuse, una delle menti dietro Lost) sembra essere stata quella di non curarsi del fatto che tutto in teoria viene da un videogame e abbassare l’età media del pubblico potenziale, riducendo la complessità e aumentando la coolness dei personaggi (anzi, del protagonista) fino a che sia smaccatamente evidente anche a chi non ha mai visto un film in vita sua. Le creature mostruose semineranno un po’ di morte mentre i militari seguono il loro avvicinarsi alla città dai monitor, brontolando e dando ordini inutili come gli si addice. L’unico dettaglio che smuove la trama è che una di queste bestie, il gorilla George è amica di Dwayne Johnson, esperto di primati e cacciatore di bracconieri con un passato nei corpi speciali (non si sa bene a fare che).

Il rapporto con la bestia dovrebbe essere il cuore del film, Johnson e il gorilla digitale animato in motion capture ridono, scherzano e si vogliono molto bene (lui lo salvò quando era piccolissimo e da allora l’ha allevato) ma non c’è la capacità di renderlo un rapporto a cui possiamo credere. Così alla fine (quando l’aver costruito questo rapporto dovrebbe tornare utile) avremo solo un grande scontro in cui capiamo essere coinvolti dei sentimenti ma di fatto non lo sentiamo.

Ciò che rimane quindi è la distruzione in questione e, a totale sorpresa, è uno spettacolo di gran livello e magnifica eccitazione. Rampage traccheggia e rimesta nel banale per quasi tutta la sua durata, oscillando tra il protagonismo divistico di Dwayne Johnson, Jeffrey Dean Morgan inutile spalla dell’FBI e Malin Akerman malvagissima donna manager ben vestita (gli ultimi due si riuniscono 9 anni dopo Watchmen), fino a che finalmente inizia la parte migliore.

A confronto con tre mostri giganti, grandi quanto un palazzo, Dwayne Johnson è per la prima volta il più piccolo e fragile dei coinvolti nella rissa, per la prima volta ha avversari più grossi di lui. Eppure proprio la sua stazza fuori misura sembra consentire le proporzioni che il film assume. Solo con un protagonista dal fisico assurdo ed esagerato come il suo Rampage può esagerare come fa senza risultare poi così stonato. Solo un colosso di muscoli come Dwayne Johnson può essere credibile mentre spara praticamente dei razzi da un fucile addosso ad un coccodrillo mutato gigante. Di fatto con il suo corpo unico (che appartiene ad una categoria cui solo Schwarzenegger aveva appartenuto nella storia del cinema) crea possibilità d’azione impensabili per altri, che Brad Peyton sembra aver capito perfettamente e soprattutto sa sfruttare. Il risultato è che in un film dimenticabile tutta l’ultima parte di distruzione totale di una buona porzione di Chicago in un lotta tra mostri come fossimo in un film di Godzilla anni ‘50 (solo con più detriti ed esplosioni) è fantastica e dà un senso a tutto.
Nel finale, quindi, Rampage diventa stimabile perché tira fuori e soddisfa il bambino in ogni spettatore.

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