Tra i raggi del sole, la recensione

Tra i raggi del sole è il terzo manga di Tsukasa Hojo, incentrato su una bambina con un particolare legame con la natura...

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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Dopo il successo di Cat's Eye e City Hunter, Tsukasa Hojo si prende un anno di pausa dalla pubblicazione settimanale su rivista per dedicarsi ad alcune storie brevi; ma nel 1993 torna con una nuova serie regolare che prevedibilmente attira molta attenzione e aspettative da parte del pubblico. Grande è la sorpresa dei lettori quando scoprono - dopo un fumetto su una banda di ladre e uno su un investigatore privato - che la nuova opera di Hojo ha per protagonista una bambina in grado di comunicare con le piante.

Tra i raggi del sole accantona infatti la componente action che aveva un ruolo imponente nei precedenti lavori della mangaka per raccontare la storia di Sara, una bambina appena trasferitasi in una nuova città assieme al padre fioraio. Il giovane Tatsuya fa la sua conoscenza quando la ragazza gli impedisce di distruggere un vecchio albero che ha causato un grave incidente a sua sorella; Sara riesce a farlo ragionare, dimostrando di poter comprendere lo spirito della pianta, e i due diventano presto amici.

Prende così il via la serie, che presto svela una struttura a sottotrame verticali, con situazioni da risolvere in uno o più episodi che quasi sempre coinvolgono i vegetali e la capacità della protagonista di rivelare i loro pensieri. Si tratta di un incipit interessante e abbastanza inusuale per una serie ad ampio respiro, più vicina ai fumetti autoconclusivi di Hojo.

E infatti il fumetto già sulla media distanza inizia a mostrare le sue debolezze, con situazioni ripetitive - già dal secondo volume - e personaggi caratterizzati in modo non particolarmente incisivo. Anche graficamente, alcuni comprimari assomigliano fin troppo a membri del cast degli altri fumetti dell'autore, fino all'eccesso rappresentato dal padre di Sara, identico all'Umibozu di City Hunter, superando abbondantemente il punto in cui potrebbe ancora essere un omaggio o una citazione.

È un peccato che la storia venga conclusa rapidamente, dopo aver manifestato qualche segnale di voler sviluppare alcuni elementi col tempo, lasciando inoltre in sospeso alcune questioni per le quali sono stati disseminati indizi nei pochi episodi realizzati. Il passato della protagonista, il suo aspetto che rimane uguale col trascorrere del tempo e alcuni personaggi che l'hanno conosciuta anni addietro sono tutti agganci narrativi che avrebbero permesso di sviluppare maggiormente l'anima mystery del fumetto.

Hojo ha invece preferito concentrarsi su altro, o forse pensava di aver più spazio a disposizione per svelare tutto gradualmente, ma così facendo la serie è partita in modo meno accattivante e, complice lo scarso appeal nei lettori, ha dovuto giungere a termine dopo appena un anno di pubblicazione. Il finale non appare comunque tronco: c'è una risoluzione emozionante e la lettura del manga regala comunque alcuni momenti poetici, ma probabilmente la resa sarebbe stata più efficace se concepita come miniserie e non come collana regolare.

I tre volumi che compongono la serie sono stati pubblicati per la prima volta in Italia da Star Comics all'inizio del 2000, ma sono ora disponibili in una nuova edizione di Planet Manga, che prosegue la sua riproposta dei fumetti di Tsukasa Hojo. Mancano all'appello Family Compo e le storie brevi dell'artista, perciò ci auguriamo che presto arrivino anche queste opere, così da consentire ai lettori più giovani di completare la collezione di uno dei mangaka più influenti degli anni '80 e '90.

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