Il Ragazzo Invisibile, la recensione
Pensato per un target molto più basso di quello dei cinefumetti e girato da un punto vista paternalista Il ragazzo invisibile non è quel che ci aspettava
Il ragazzo invisibile è una storia di bambini più che ragazzi, raccontata perchè sia comprensibile più agli adulti che ai "giovani adulti" (il target a cui gli americani indirizzano i loro cinefumetti), più ai bambini stessi che agli adolescenti. È paternalistico e poco smaliziato, non indugia su quel che può affascinare un ragazzo ma su quel che gli adulti amano pensare dell'età preadolescenziale. È insomma difficile immaginare che un film simile possa appassionare le stesse persone che affollano le proiezioni di Avengers o Iron Man, di Il Cavaliere Oscuro o anche Lucy per come manca di qualsiasi sensazione forte.
Con rammarico non si può non constatare che alla fine Il ragazzo invisibile non riesca ad essere nulla di tutto quel che si auspicava: non esalta il pubblico con l'esplorazione di possibilità incredibili in una vita credibile nè smuove qualcosa di inedito in una mitologia, quella dei supereroi, nota e consolidata.
L'impressione è che, in una trama ben concepita e in una location perfetta (peccato ci siano poche scene di vento triestino che donano a quel paesaggio un che di irreale e fumettistico!), Gabriele Salvatores abbia concentrato la propria attenzione sugli aspetti meno interessanti, guardando le parti meno clamorose e i risvolti più scialbi. C'è tutto un altro possibile film che si è svolto durante la storia di Il ragazzo invisibile... ma che non è stato filmato.
In chiusura, va detto che esibire il backstage dei (peraltro normalissimi) effetti speciali durante i titoli di coda sveli l'immaturità di una simile produzione rispetto al genere cinematografico cui appartiene.