La ragazza della palude, la recensione
In un film che vuole raccontare la difficoltà ad accettare la diversità non è possibile rintracciare alcuna diversità. Anzi
La recensione di La ragazza della palude, in uscita il 14 ottobre in sala
Che invece la famiglia sarebbe il problema numero 1, una madre fuggita e un padre violento perché traumatizzato dalla guerra che pure ad un certo punto se ne va. Così la bambina sarà cresciuta dagli elementi migliori della comunità ma più che altro da sola, e si scontrerà prima con il maschilismo anni ‘60 dei ragazzi che la vogliono possedere prima che amare (tutti tranne uno, chiaramente) e poi con i pregiudizi di una società che non accetta che lei sia diversa, libera, fuori dagli schemi e non esista a pregiudicarla quando è accusata dell’omicidio di uno dei figli delle famiglie migliori.
Olivia Newman, che questo film lo dirige, non ha il coraggio di creare insomma una vera outsider, e anzi dà forma ad una ragazza della palude accanto. Così quando ne vediamo e scopriamo il lato artistico, sensibile, intelligente e corretto, non ci stupisce troppo e lo scontro con i ragazzi ricchi e per bene, dalla mentalità ristretta, sembra tutto interno alla medesima tipologia umana. Con tutte le minoranze poco rappresentate e realmente discriminate ed emarginate, questa specie di riscossa bianca, molto in forma e molto bella, che pretende di sedersi al tavolo di coloro i quali vengono messi in un angolo e ritenuti dei mostri perché diversi, fa un po’ sorridere.