Race For Glory - Audi vs. Lancia, la recensione

Il campionato rally '83 raccontato dal punto di vista di Cesare Fiorio, in Race For Glory diventa uno dei migliori film sportivi italiani

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Race For Glory, il film di Stefano Mordini con Riccardo Scamarcio in uscita in sala il 14 marzo

Questo è un film di Riccardo Scamarcio, nel senso più pieno del termine. Né è produttore, ne ha scritto il soggetto, ne ha scritto la sceneggiatura (insieme al regista Stefano Mordini e a Filippo Bologna) e lo interpreta come protagonista assoluto. Lui è Cesare Fiorio, intorno alla cui figura e al campionato rally del 1983 si snoda la trama. L’obiettivo del team Lancia è vincere, a tutti i costi contro quello Audi, considerato il favorito per un vantaggio meccanico: un’auto con quattro ruote motrici.

Già dalla trama si capisce che Race For Glory ha capito cosa conti davvero in un film come questo: il nerdismo. Nerdismo per le auto e per la meccanica ovviamente. Tutto il film è realizzato e scritto con la maniacalità giusta per i pezzi di ricambio, per le componenti, per i costumi, i marchi, le tute e le gomme sporche. Sono infatti proprio le questioni meccaniche, e non quelle di guida o di piloti, che danno un senso alla storia e indirizzano il racconto o influenzano gli snodi. Pornografia delle corse, delle mani sporche di olio, delle scocche che si rompono e delle derapate. Tutto per raccontare qualcosa di eminentemente sportivo, la sfida tra due uomini (il team manager Lancia e quello di Audi), cosa significhi vincere e contemporaneamente anche il rapporto con un pilota che rappresenta il contrario, il desiderio di non vincere a tutti i costi.

Non tutto nel film è perfetto (anzi!) è una produzione italoinglese, ed è girato in inglese, quindi a noi arriva doppiato e non benissimo. Le voci sono un po’ scollate e c’è un generale senso di artificio che richiede uno sforzo in più per entrare nel film. I dialoghi poi non aiutano. Nonostante Race For Glory non sia scritto male, le battute e le interazioni sono abbastanza dozzinali e abbassano tutto. Infine è abbastanza scarno visivamente (ma tutto lo sforzo almeno va nelle corse). Per fortuna Race For Glory è un film che esprime un gran calore per il genere cui appartiene (il cinema sportivo) e la sua grande concentrazione sul protagonista (previsto in praticamente ogni inquadratura che non sia nell’abitacolo delle auto da corsa) trova in Scamarcio la colonna che serve. Se Rush faceva un buon servizio al cinema di corsa, puntando su una ricostruzione sontuosa e una coppia di protagonisti opposti, Race For Glory punta su un uomo solo come emblema di un modo di vivere la competizione.

Da qualche tempo la ditta Scamarcio&Mordini sta cercando di centrare un vero film commerciale italiano. Ci ha provato con la commedia (Gli infedeli) e con il thriller (Il testimone invisibile) e finalmente ora centra l’obiettivo in pieno, anche sfruttando a dovere una caratteristica cruciale del cinema commerciale: lo star power. Più facile a vedersi che a spiegarsi, qui lo star power si misura nella capacità di Scamarcio di esprimere il tipo di intensità richiesta dal cinema commerciale, quella che sa occupare tutto il quadro per raccontare una cosa sola con il senso dello spettacolo giusto. Nel caso specifico quel che racconta è la competizione e il senso del pericolo di un personaggio capace di tutto e affascinante anche perché evidentemente migliore degli altri. È schematico, certo, ma saper fare grande cinema commerciale significa anche padroneggiare questo tipo di schematismo.

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