Racconti Indiani, la recensione

Un'antologia di autori e disegnatori italiani che esplorano i miti e le leggende dei nativi americani: Passenger Press esplora il mondo dei Racconti Indiani

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Racconti Indiani, edito da Passenger Press, è un piccolo ma corposo volume in bianco e nero che guida il lettore in un lungo e suggestivo viaggio attraverso i miti e le leggende dei nativi americani. Il curatore principale del progetto, Christian G. Marra, spiega di essersi ispirato all’opera dell’antropologo Jaime de Angulo, autore dell’omonimo Racconti Indiani a cui l’opera a fumetti si ispira, e questo già ci fa capire che il viaggio nel mondo dei miti e delle leggende dei nativi americani sarà più diretto e immersivo possibile.

L’opera è strutturata in un racconto che funge da cornice, e che segue il viaggio intrapreso da una famiglia indiana attraverso i territori selvaggi per visitare la tribù della moglie. La famiglia è composta da padre Orso, madre Antilope, il piccolo Volpe e la neonata Quaglia... solo che non si tratta semplicemente di nomi a tema animale come è spesso consuetudine presso i pellerossa: la famiglia è composta effettivamente dagli animali antropomorfi di cui portano il nome, una pratica che poi si estende a tutte le figure che la famiglia incontrerà nel corso del viaggio, impartendo subito un’atmosfera onirica e sottilmente surreale alla storia, che ben si adatta al tema trattato. Di fatto, nessuna figura umana comparirà mai nel corso dell’opera, ma tutti i protagonisti si comporteranno in tutto e per tutto come uomini, una scelta che oltre a offrire molte occasioni di accentuare il lato favolistico e sognante sul fronte visivo, riesce a trasmettere meglio di qualsiasi dissertazione o scelta più artificiosa il legame intrinseco tra il popolo indiano, la natura e il resto del creato, uno dei temi portanti della raccolta.

La storia della famiglia di Orso e Antilope, tuttavia, funge solo da cornice: rifacendosi alle grandi raccolte di racconti del passato, dal Decameron ai Racconti di Canterbury fino alle Mille e una Notte, Racconti Indiani usa il viaggio della famiglia (vissuto soprattutto attraverso gli occhi del giovane Volpe) come filo conduttore su cui inserire racconti di ogni genere, che i membri della famiglia stessa o altre figure incontrate lungo il cammino raccontano ai viaggiatori. La tecnica del “racconto nel racconto” è un’altra scelta che funziona e convince, contribuendo da un lato ad amplificare ulteriormente il senso del fiabesco ma dall’altro anche a rendere il tutto più reale, incoraggiando il lettore ad ascoltare le storie proprio come se fosse seduto al fianco del piccolo Volpe.

Graficamente, la storia della cornice è affidata allo stesso Marra affiancato da Gaetano Matruglio, mentre ognuno dei racconti brevi è affidato a una coppia di sceneggiatore e disegnatore che va a comporre un interessante e variegato panorama di molti nomi emergenti e affermati del panorama italiano. Anche in questo caso, la diversificazione è una scelta convincente in quanto consente sia di fornire un panorama di illustrazioni e tecniche in cui chiunque è inevitabilmente destinato a trovare il tratto o le atmosfere più affini ai propri gusti, ma anche di adattare ogni disegnatore al tema portante del racconto breve in questione, passando dai tratti epici dei racconti di guerra a quelli onirici dei racconti ancestrali fino a quelli più accattivanti delle storie dalla natura più fiabesca.

Avrebbe poco senso voler stilare una classifica o un confronto serrato tra i molti racconti contenuti nell’antologia, tutti validi e a modo loro interessanti: a livello puramente personale, chi scrive ha gradito in modo particolare Il Bufalo Bianco, una storia senza parole che nei tratti richiama molto da vicino i disegni e i pittogrammi dei popoli nativi americani, e La Guerra dei Serpenti, dai tratti forti ed energici, come ben si addice a un racconto di combattimento, ma ognuno è destinato a trovare la sua storia e i suoi tratti preferiti, come giustamente si addice a un racconto antologico.

Non ci sono particolari connotazioni negative da segnalare in Racconti Indiani, salvo che in un’opera del genere, la suspension of disbelief è essenziale, e riuscire a trasportare il lettore in un mondo e in un’atmosfera diversa da quella reale è importante. Da questo punto di vista forse spezza per un attimo l’incanto il pur divertente racconto Il Furto del Fuoco, che sceglie di far parlare i protagonisti di un racconto mitico usando termini ed esclamazioni in pieno slang dell’epoca attuale, esperimento che a modo suo poteva risultare interessante, ma che pur avendo l’indubbio effetto di strappare qualche sorriso, finisce per avere anche una conseguenza estraniante in quello che in tutto il resto dell’opera è un percorso immersivo in un altro mondo.

Il viaggio della cornice si conclude in grande semplicità, con l’arrivo della famiglia al villaggio di destinazione e con la rinnovata certezza che l’esperienza del viaggio ha condotto i membri della famiglia a una più profonda conoscenza e comprensione l’uno dell’altro: come recitano le righe di chiusura dell’opera:

 Conoscere e capire non sono sempre l’uno diretta conseguenza dell’altro, ma non devono mai essere sottovalutati, per crescere, per vivere.

 Un insegnamento che vale per i membri della famiglia della storia, ma indubbiamente vale anche per il mondo della natura, per il mondo reale, e per estensione anche per il lettore e per il mondo odierno. Da questo punto di vista, si giunge al termine del viaggio di Racconti Indiani arricchiti non solo in termini di storie, di avventure e di leggende, ma anche di validi e fin troppo spesso dimenticati insegnamenti sulla condizione e sull’avventura umana che non fa mai male riscoprire. Gli appassionati di leggende o semplicemente della cultura indiana saranno inevitabilmente destinati ad amare questa raccolta, ma Racconti Indiani riesce a farsi amare e benvolere anche dagli appassionati di fumetto e di buoni racconti di ogni genere.

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