R.M.N., la recensione | Cannes 75

Sugli argomenti intorno ai quali tutti si scontrano faziosamente RMN compie il miracolo di non demonizzare l'altra parte mantenendo un punto vista forte

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di R.M.N., il film di Cristian Mungiu in concorso a Cannes

Come mai Cristian Mungiu non goda del seguito, dell’amore e della considerazione di altri autori europei dei suoi anni è cosa strana e curiosa. Eppure non sbaglia un film da 15 anni! Eppure riesce ad unire una scrittura inesorabile ad incastro (figlia un po’ delle architetture inesorabili di Asghar Farhadi ma meno meticolosa nella costruzione) con una messa in scena che ci soffia dentro tantissimo senso. Eppure è capace di mettersi al di fuori delle parti senza nascondere il proprio punto di vista, è capace di lavorare sempre su una morale di ferro senza imporla.
R.M.N. ancora una volta fa questo. Parte da una questione morale (immigrazione, tenuta del tessuto cittadino, nuovi populismi) per mostrare uno scontro personale e collettivo in un paesino di montagna.

Siamo in Transylvania (senza vampiri) in un paesino formato da comunità ungheresi, rumene e tedesche che convivono da anni, lì arrivano 3 cingalesi in risposta ad un annuncio di lavoro della fabbrica locale a cui nessuno nel paese aveva risposto (perché il salario era eccessivamente basso). Già questo basterebbe. Chi è in loco non vuole accettare paghe da fame di fatto legittimandole, la fabbrica ha diritto a prendere lavoratori che vengono da fuori, la comunità è molto xenofoba. Ci saranno violenze ma quel che più conta è che ci sarà un discorso intorno allo scontro sul senso di appartenenza alla comunità e che ci sarà la messa in scena di Mungiu.

Tutto il film dispone pedine sulla scacchiera (e in questo è un po’ farraginoso e più debole dei precedenti di Mungiu) da sfruttare in un fenomenale consiglio cittadino narrato con una sola inquadratura senza tagli. Lì Mungiu sceglie ad arte chi tenere fuori (il sindaco e il parroco, conniventi con gli xenofobi) e chi in scena, chi mettere in primo piano (i due protagonisti con una storia d’amore clandestina che lì diventa palese mentre infuria il dibattito) e chi nello sfondo. Esattamente questa composizione infonde il senso profondo alla battaglia dialettica fatta di leggende metropolitane, bugie, notizie false, argomentazioni sceme e desiderio di prevaricare. Nondimeno, anche oltre argomentazioni sentite e ben poco appassionanti, tutto questo ci appare come una battaglia dialettica complicata.

È lo stesso scontro che esiste in tanti paesi, nostro incluso, portato avanti più o meno con le stesse ragioni o gli stessi torti. Vedere come l'illustrazione di questa situazione problematica comune a molti paesi europei passi per la messa in scena e per l’intreccio è fantastico. Ci sarà di più ovviamente, in particolar modo un metaforone con orsi in una chiusa non semplicissima da capire (coinvolge un fucile prestato e ritrovato che fa scattare nel protagonista la consapevolezza che un’altra persona se ne vuole andare e mollarlo), ci sarà un bambino spaventato dalla morte e molto altro tutto da discutere. Ma la cosa migliore è la fiducia di R.M.N. nella scrittura e nelle immagini e nella loro capacità di scatenare le domande più giuste.
Cinema che rende le persone migliori.

Sei d'accordo con la nostra recensione di R.M.N.? Scrivicelo nei commenti

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