Quello che so sull'amore, la recensione

Il film più maltrattato di Gabriele Muccino, nonchè il suo primo insuccesso negli USA, arriva in Italia sperando di trovare la comprensione che il pubblico statunitense gli ha negato...

Critico e giornalista cinematografico


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Il nuovo film americano di Gabriele Muccino ci arriva sull'onda dell'insuccesso al boxoffice oltreoceano, delle critiche feroci e di diversi articoli che ne hanno cavalcato il disastro, cantandone i mille problemi. Difficile quindi avercela a prescindere con lui, perdente designato, cane bastonato che cerca riscatto nel paese d'origine.

Quello che so sull'amore è una commedia sentimentale dallo stile americano ma con qualche elemento di complessità all'europea, ovvero con comprimari più drammatici del solito, situazioni più estreme e tristi e decisamente meno umorismo. Non stupisce che il film non sia andato bene oltreoceano.

E' anche impossibile dire che sia un film riuscito. Il ritmo non ha la forza potente e incalzante che solitamente anima i film di Gabriele Muccino, non ne ha le magistrali caratteristiche tecniche e nemmeno quella sorta di asciutto sentimentalismo che dava potenza a La ricerca della felicità.

Sebbene dietro le disavventure dell'ex giocatore di calcio che ora cerca di riprendersi la moglie intenzionata a sposare un altro e il figlio in cerca di padre sia comunque possibile leggere l'idea mucciniana della ricerca di un proprio percorso di vita, il guardarsi avanti sperando di trovare un disegno o un ordine che dia senso al presente, lo stesso Quello che so sull'amore risulta un film pieno di grumi e dossi da appianare, come fosse una versione non finita.

Personaggi come quello di Dennis Quaid sembrano irrisolti e non pienamente inseriti nel flusso drammaturgico (troppo centrale per fare quelle poche comparsate sporadiche, troppo marginale per il peso che hanno le sue azioni) e anche le avventure erotiche del protagonista sembrano susseguirsi una dopo l'altra matematicamente come nelle trame peggiori. Si è sempre detto che il problema di Gabriele Muccino fosse l'ostinazione nello scrivere le proprie sceneggiature, vista la discrepanza tra gli spunti e le idee di regia contrapposti a quelle di sceneggiatura, ma qui Robbie Fox fa un lavoro nettamente peggiore.

Sono quindi i momenti più tipici del genere, quelli di sentimentalismo e confronto tra personaggi, gli unici a beneficiare da questo approccio ibrido al genere e ad apparire più sinceri e sentiti che nelle molte altre commedie a sfondo matrimoniale (se c'è un abito nuziale è a sfondo matrimoniale) che si vedono. Merito anche di un cast di ottimi attori (sebbene commercialmente bolliti) sfruttati, quelli sì, con la consueta maestria.

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