Quasi Natale, la recensione
Un film italiano come se ne attendevano da tempo, Quasi Natale non segue nessuna moda e non vuole somigliare che a se stesso
Quasi Natale (uscito da poco On Demand su Sky Primafila) è un questo film ambientato in alcune stanze di una casa (poche e rare le fuoriuscite) che viene da un’opera teatrale ma che è diretto sapendo sempre da che punto va guardata ogni scena e giocando con la disposizione degli attori nell’inquadratura in modo che già le loro posizioni dicano qualcosa, parlino di aspirazioni, paure e sogni.
È davvero sorprendente quest’opera seconda di Francesco Lagi prodotta in economia con lo stesso cast con cui ha lavorato a teatro, perché ha il tono e il passo del miglior cinema europeo, sembra Un padre, una figlia di Mungiu ma senza la meschinità della società, solo con il calore e la difficoltà dei rapporti personali.
Giocato tra saloni, camere da letto, una soffitta buia e un terrazzo Quasi Natale sa raccontare con ambienti che parlano di un’altra epoca della vita in Italia e personaggi terribilmente credibili, di idee e pulsioni primitive e fondamentali.
Il personaggio interpretato benissimo da Silvia D’Amico (al tempo stesso coinvolta da eventi che non conosceva e titubante ad entrare davvero in contatto con loro), è una figura che recentemente abbiamo visto solo nei film di Xavier Dolan. È l’osservatore esterno che con il procedere del film diventa sempre più importante e centrale. È Marion Cotillard in È solo la fine del mondo o la vicina di casa di Mommy. Un punto d’appoggio del film totalmente decentrato rispetto ai veri protagonisti che tuttavia attira tutta la nostra attenzione ed è il cuore del film.