Punisher vol. 1: War Machine, la recensione
Abbiamo recensito per voi il primo volume della serie Legacy di Punisher, opera di Rosenberg e Guiu
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Nelle ultime settimane si è molto dibattuto sulle dichiarazioni di Zack Snyder e sulla presunta "perdita dell’innocenza" di Batman nella pellicola Batman v Superman: Dawn of Justice. C’è un personaggio del pantheon del Fumetto supereroistico che non si è mai fatto troppi scrupoli a uccidere, perpetuando la sua missione di eliminare a ogni costo i criminali: Punisher. La storia personale di Frank Castle è nota a tutti, così come le motivazioni che hanno modificato radicalmente il modus operandi del veterano di guerra padre di famiglia che era un tempo.
Alzi la mano chi è convinto che, al termine della missione, il Puni restituirà la corazza come da accordi. Appunto, nessuno.
I lettori tradizionalisti possono stare tranquilli: nonostante l’armatura e il contesto globale in cui è calato lo storyarc, il Punisher risulta perfettamente riconoscibile e fedele a se stesso. Inutile ogni parallelismo con il povero Rhodes: quello che troviamo sotto il casco è il badass che amiamo da sempre. In fondo, come dichiara lui stesso, "l’attrezzatura non importa. La sola cosa che conta è la volontà di fare quel che l’altro non vuol fare", e Frank vuole difendere chi non ha la possibilità o i mezzi per farlo. Alla sua maniera, ovviamente.
Forte di uno spunto indovinato – mettere nelle mani di un folle un enorme potere – Rosenberg si diverte a condurre la narrazione in un crescendo di azione e una buona dose di umorismo (divertenti i siparietti tra Frank e la I.A. dell’armatura), con battute a effetto che vivacizzano la lettura.
Purtroppo, però, sulla lunga distanza gli elementi positivi non riescono a sostenere il peso dell'idea iniziale: per quanto dotata di un buon ritmo, la storia di Rosenberg non riesce a svincolarsi da soluzioni già viste, cosa che porta il lettore ad anticiparne gli sviluppi. In tal senso, il tentativo di umanizzare il Punisher legandolo alle vittime fallisce. A questo aggiungiamo la mancanza di un vero antagonista e la prova non incisiva di Guiu Vilanova al tavolo da disegno, con la componente action che ne esce addirittura svilita.
Insomma, il Punisher versione War Machine intriga ma finisce per non convincere del tutto, una volta chiuso il volume. Aspettiamo dunque il prossimo capitolo per scoprire se Rosenberg sarà in grado di risollevare le sorti di questa serie partita con delle premesse interessanti.
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