Providence vol. 1, la recensione
Abbiamo recensito per voi il primo volume di Providence, opera di Alan Moore e Jacen Burrows che scava nella narrativa horror di H.P. Lovecraft
In Providence, il Bardo di Northampton ritorna a raccontarci alla sua maniera della narrativa horror di H.P. Lovecraft, scrittore americano vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, la cui produzione letteraria ha definito questo genere narrativo in modo indiscutibile, che la si apprezzi, o meno. Del resto, lo stesso titolo dell'opera rimanda alla cittadina dove lo scrittore è nato (e morto). Questo percorso di Moore nell'immaginario lovecraftiano è iniziato alcuni anni fa con la scrittura (in prosa) del racconto breve intitolato Il cortile, poi adattato a fumetto, e con la realizzazione della miniserie Neonomicon (trovate QUI la nostra recensione). Lo scrittore inglese decide di continuare ad addentrarsi in questo mondo oscuro e grottesco scegliendo di tornare alle origini, ossia a quel contesto storico e sociale nel quale lo stesso Lovecraft è vissuto e ha scritto le sue opere: di fatto, quindi, Providence è un prequel di Neonomicon, sebbene sia stato realizzato cronologicamente a posteriori. La premessa di base, comunque, è speculare nelle due opere e parte dalla presupposto che il romanziere non abbia inventato nulla, ma gli eventi che ha narrato nei suoi romanzi e racconti brevi non siano altro che una cronaca parafrasata di eventi dei quali è stato realmente testimone. Le due opere, inoltre, sono strettamente connesse: molti elementi appena accennati ne Il cortile e Neonomicon, come i tanti segreti di Salem, il testo maledetto intitolato Kitab Al-Hikmah Al-Najmiyya, il signor Suydam e i suoi loschi traffici che si svolgevano nel distretto di Red Hook vengono riportati in scena e approfonditi, dando vita a quello che è, a tutti gli effetti, un universo narrativo unico ed espanso.
A questa parte realistica dell'affresco narrativo di Providence fa da splendida controparte la mitologia lovecraftiana, fatta di mondi nascosti, segreti taciuti, mostri (marini), magia, esoterismo, incesto e tanto, tanto altro. È davvero magnifico il modo in cui Moore riesce a plasmare questo universo narrativo, con grande consapevolezza della "massa" di partenza, ma anche con sagace inventiva e capacità di rendere il tutto così coerente e affascinante. La grande produzione di Lovecraft ci ha infatti presentato tante di quelle folli stranezze, spesso raccontateci in maniera cruda e spigolosa, che per Moore deve essere stato come recarsi nel Paese dei Balocchi e farsi un giro sulle sue giostre preferite. Spinta propulsiva della narrazione sono la sessualità e l'erotismo, significativi elementi nascosti (e male) della narrativa lovecraftiana: difatti è proprio la pulsione sessuale, carburante primordiale dietro le azioni umane, a dare vita a tutte le orrifiche situazioni delle quali Robert Black si troverà, volente o nolente, protagonist; di fatto, questo personaggio non è altri che il metaforico corrispettivo dello stesso Lovecraft, che scoprirà realtà spaventose e grottesche che poi riporterà nella sua produzione letteraria.
Dal punto di vista grafico, vale quanto abbiamo già asserito per Neonomicon: Burrows, con il suo tratto elegante, incisivo e realista, è l'artista più adatto a dar vita alle pagine di sottile e crescente orrore di Providence. Il suo storytelling classico, fluido e raffinato permette una chiara comprensione di un'opera importante in termini di "peso narrativo".
In conclusione, lasciamo al lettore il compito di trovare le tantissime citazioni presenti nel primo volume di Providence, che rimandano sì a Lovecraft, ma anche a tanta altra meravigliosa narrativa, affermando con ragionevole certezza che in questo caso di troviamo di fronte a un'opera sarà facilmente ricordata negli annali come qualcosa di rivoluzionario, seminale e archetipico, come tante altre opere di Moore, del resto, Watchmen su tutte.