Prima di andare via, la recensione

Nuova proposta italiana del filone "amore e malattia terminale", Prima di andare via è solo interessato a veicolare forti emozioni

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La nostra recensione di Prima di andare via, disponibile su Prime Video dal 26 maggio

Dalla prima all'ultima scena, i due amici al centro di Prima di andare via si salutano continuamente con un reciproco "Bro", che risulta artificiosissimo, se messo in bocca a due ventenni. Più che un omaggio all'ultimo Cameron, questo dettaglio non denota nient'altro che una scarsa livello di accuratezza nei ritratto dei giovani, in una frequente tendenza del cinema italiano a cercare di rivolgersi a questo target proponendo però personaggi che sembrano nascere dall'immaginario adulto. Che non è certo l'unico problema del film.

Prima di andare via si colloca nel collaudato filone "amore e malattia terminale" che recentemente nel nostro Paese ha visto un buon esito con la trilogia iniziata di Sul più bello. Luca è un giovane studente di giurisprudenza che convive con il miglior amico Samuel. In seguito ad un banale incidente in bicicletta, viene ricoverato in ospedale, dove i medici fanno però una scoperta ben più grave: un cancro al cervello, per il quale gli restano solo pochi mesi di vita. Il ragazzo ha difficoltà ad accettare la notizia, ma fuori dalla struttura incontra Giulia, guarita da poco da una malattia simile. Lei lo invita a frequentare un gruppo di ascolto, a godersi la vita, a non rinunciare a divertirsi. Tra i due sembra nascere qualcosa, messo a dura prova dal destino che attende Luca.

Potremmo stare qui a parlarvi dei dialoghi piatti, di attori protagonisti (Jenny De Nucci e Riccardo Maria Manera) non all'altezza, di un'accentuata color correction che vira la maggior parte delle scene in una generica tonalità ocra. Ma in fondo non è così necessario: basta dire che Prima di andare via propone il più classico svolgimento e i più tipici cliché del filone, tra inni alla vita, momenti sdolcinati, visioni del tramonto. Una svolta narrativa sembrerebbe poi portare la storia su altri binari, ma così non accade nella sostanza. Così come non è sufficiente che Giulia dica esplicitamente "non siamo in un film strappalacrime" per rendere Prima di andare via esattamente un prodotto di questo tipo. Non è certo l'originalità che si chiede a un film come questo, ma a stonare è soprattutto come manchi una passione sincera ad animare il progetto.

Evidente infatti come a Prima di andare via più a mettere in scena una storia, dei personaggi, un conflitto, sia interessato a veicolare forti emozioni, in maniera netta e precisa. Si susseguono scene madri dal forte carico enfatico: dolore, gioia, romanticismo. Ma tutto questo risulta forzato, se come in questo caso prima non ci è stata data la possibilità di empatizzare coi protagonisti, di interessarci alle loro vicende. Se questi rimangono sbiaditi, veicolo e non motore del discorso che si prefigge il film.

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