Priest - la recensione

Un grande pasticcio di stile, idee e ispirazioni diverse che non funziona a nessun livello. Non intrattiene, non stupisce, non diverte né regala un'esperienza 3D valida...

Critico e giornalista cinematografico


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Lo può negare quanto vuole (e lo fa), ma c'è qualcosa nella carriera attuale di Paul Bettany che punta verso il cattolicesimo deviato, cioè verso l'esplorazione dei meandri immaginari più bassi della religione che fa capo al Vaticano (quella che più interessa gli americani perchè foriera di misteri, gerarchie e latino).

Emissario sanguinario delle alte sfere nel Codice Da Vinci, angelo caduto ma non infernale in Legion e ora prete-guerriero in lotta contro demoni-vampiro. Il corpo attoriale di Bettany sembra continuare a riassumere in sè i contrasti di un immaginario tutto statunitense che lega alla religione della chiesa di Roma una violenza più fisica che psicologica.

E in Priest di violenza fisica ce n'è molta: il prete-guerriero al centro del film è infatti un reduce che, assieme ad altri compagni, si aggira in città futuristiche e blindate in cui la Chiesa domina le vite dei cittadini dopo avergli assicurato la sopravvivenza nell'eterno scontro tra umani e vampiri. E proprio i preti guerriero che oggi, come i veterani del Vietnam, non hanno un ruolo per la società sono stati l'arma per vincere. Inutile dire che la guerra è ben lungi dall'essere terminata e ci sarà occasione di tornare ad affilare le croci.

La cosa più interessante di questo film di Scott Charles Stewart (di nuovo in coppia con Bettany dopo Legion), che prende le mosse da una graphic novel manwa, è il modo in cui decide di fondere moltissime mitologie cinematografiche diverse in un unico film.

La città chiusa e ipertecnologica in cui l'uomo è oppresso dalla Chiesa sembra ispirarsi agli scenari di Blade Runner (con tanto di fiammate nello skyline), gli ampi deserti fuori da esse e i mezzi con i quali ci si sposta nelle loro immensità sembrano venire da Mad Max, il tono degli scontri al pari dell'abbigliamento dei cattivi sembra guardare a Sergio Leone ma non solo, molto altro ancora è ravvisabile in questo grande pasticcio che gestisce malissimo le diverse istanze.

Con una mescolanza di colori a temperature diverse (il gelo delle città in contrasto con l'asfissiante calore delle immensità che gli sono fuori), una riconversione 3D praticamente inutile e un montaggio che procede per grandi ellissi come se volesse sperimentare qualcosa (ma non si capisce bene cosa) purtroppo Priest non funziona a nessun livello.

Non è un film in grado di mescolare sapientemente i linguaggi, non è un film di puro intrattenimento convincente, non ha autoironia, né infine risulta un passo in avanti nella concezione estetica di un diverso futuro distopico.

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