Pride and Glory - il prezzo dell'onore

Una famiglia di poliziotti affronta una grave crisi personale e professionale per gli errori dei suoi membri. Un prodotto di genere solido e ben recitato, tranne che nel finale troppo retorico...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloPride and GloryRegiaGavin O'ConnorCastColin Farrell, Edward Norton, Jon Voight, Noah Emmerich, Jennifer Ehle,    John Ortiz
Uscita31 ottobre 2008 

Pride & Glory è un prodotto interessante. Difficile considerarlo una pellicola originale, a meno di non aver visto giusto un paio di polizieschi nella propria vita, magari solo quelli italiani, in cui gli agenti corrotti al massimo si prendono una bustarella. Evidentemente, per chi mastica James Ellroy e serie criminali statunitensi da decenni, è difficile trovare elementi rivoluzionari in questo film. Ma, d'altra parte, per quasi tutti i 130 minuti (forse un pochino troppi) di questo titolo, si desidererebbe vedere più prodotti del genere.

Il punto è che, se la trama non brilla per originalità, i realizzatori svolgono un ottimo lavoro nel rendere solidissima questa vicenda, costruendo non solo una storia poliziesca comunque coinvolgente, ma soprattutto analizzando il disfacimento di una famiglia (che forse però doveva essere più coraggioso), divisa tra 'orgoglio e onore'. In un cast fenomenale (che sarebbe bello ritrovare premiato con qualche riconoscimento, anche se non avverrà), fa piacere vedere tornati in forma Colin Farrell ed Edward Norton, ultimamente non sempre nelle condizioni migliori. Farrell è bravissimo nel contenere tutte le sue contraddizioni all'interno di un personaggio solo apparentemente presuntuoso e sicuro di sé, ma che in realtà non ha più il controllo della situazione. Norton riesce a costruire una figura di poliziotto pulito (non del tutto, ovviamente) senza scadere nella falsità, mentre mostra tutta la problematicità della sua situazione.

Ma in questo contesto, a sorpresa l'interpretazione più memorabile si rivela quella di Noah Emmerich, spesso relegato a ruoli di contorno in pellicole come Little Children e Truman Show. Emmerich incarna perfettamente il personaggio più complesso, straziato dal desiderio di fare la cosa giusta e dal senso di colpa per aver lasciato che le cose sfuggissero di mano. Ma, in generale, ogni piccolo ruolo del cast è stato scelto con cura ed è interpretato alla perfezione. Soprattutto, i personaggi femminili, per ovvie ragioni con poco tempo in scena, riescono comunque a farsi valere, grazie alla bravura di interpreti come Jennifer Ehle (la moglie ammalata di cancro) e Lake Bell (la 'signora' Farrell).

Ovviamente, tutto questo non funzionerebbe senza lo sguardo attento e vigile di Gavin O'Connor dietro alla macchina da presa. Il regista dimostra di sapersela cavare non solo con l'azione (quella in realtà c'è in dosi omeopatiche, a parte il finale), ma soprattutto con i momenti di intimità. Pensiamo ai confronti tra padre e figli, decisamente ispirati e sinceri, ma soprattutto alla moglie ammalata di cancro, che in un certo senso ha un ruolo importante nella vicenda (e O'Connor ci pone la giusta attenzione). Per tutti c'è uno sguardo veritiero e che permette al pubblico di sentire questi personaggi molto vicini.

Quello che purtroppo non soddisfa affatto e che limita il consenso nei confronti del film, è un finale decisamente moralista e sopra le righe. E' comprensibile il desiderio di chiudere le vicende in un certo modo, ma lascia perplessi, dopo la maturità di non dividere rigorosamente in bianco e nero situazioni e personaggi, una conclusione fin troppo netta e semplice. Peraltro, se lo scontro da saloon almeno ha un senso (anche se non è una buona idea), quello che avviene in seguito sa decisamente troppo di finale programmatico e perbenista. Beninteso, se gli ultimi dieci minuti non soddisfano, il giudizio sul film in generale è comunque positivo ed è impossibile non rammaricarsi (anche considerando che certi risultati portano i produttori a investire su prodotti più commerciali) per il flop statunitense. Speriamo in Italia vada meglio...

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