Prey: Mooncrash, il lato procedurale della Luna – Recensione
Il nuovo DLC di Prey, Mooncrash, è una prova di forza notevole da parte di Arkane Studios
Non è tuttavia un DLC di storia classico come ci si aspettava, di quelli che Arkane Studios ha prodotto per i suoi titoli. È comunque un contenuto unicamente votato all’esperienza solitaria, in un contesto parallelo a quello delle vicende di Prey.
[caption id="attachment_186686" align="aligncenter" width="1400"] I cinque disgraziati che dovranno scappare[/caption]
Tutto ciò si converte nella realtà reale con la necessità di compiere una serie di partite le quali, in modo similare ad un roguelike, ci daranno sempre più possibilità per quelle successive, fino ad ottenere talmente tante conoscenze ed equipaggiamento da poter affrontare le insidie della base lunare in relativa scioltezza. Per finire completamente Mooncrash, quindi liberare il pover Peter dal suo contratto forzato con la Transtar, sarà necessario completare il contenuto al 100%, un’attività che potrebbe portarvi via anche una ventina di ore, a seconda dello stile di gioco.
Ogni partita verrà accompagnata da un punteggio, calcolato in base alle azioni fatte. Stanze scoperte, cadaveri dei membri dello staff ritrovati, progetti, Transcribe e tanto altro andranno a finire nel paniere dei punti. Questi punti diventano anche una valuta, da spendere per poter acquistare dei vantaggi per le partite successive. Sarà possibile infatti partire armati di una pistola silenziata, dotati di un kit medico, oppure con già un paio di chip installati sulla tuta, tutte cose che potranno anche essere trovate normalmente sulla mappa ma chissà dove e come.
[caption id="attachment_186690" align="aligncenter" width="1280"] Le munizioni sono una risorsa preziosa, e le armi bianche sono la soluzione più parsimoniosa[/caption]
Esistono in generale cinque modi per andarsene, con altrettante condizioni per poterlo fare. Scappare con lo shuttle richiede di avere un certo livello di gradi investiti nell’abilità Pilotaggio, mentre usare il portale dei mimic necessiterà una riparazione dello strumento per attivarlo, e così via. In questo discorso si innestano gli obiettivi Kasma, ovvero una serie di attività da compiere per far sì che l’esperienza in VR sia completa, e che quindi Peter venga liberato. Tra queste richieste c’è infatti la necessità di realizzare determinate fughe con determinati personaggi, scoprire l’ubicazione dei cadaveri di tutto lo staff, trovare progetti di creazione, e così via.
Le prime run sono quindi, senza troppi giri di parole, meravigliose (a patto di amare le atmosfere del gioco originale, che qui ritornano prepotentemente). Armati di una fida chiave inglese per buona parte del tempo vi ritroverete a girare ogni angolo con la tensione a mille, gioendo per il più misero dei medikit o scatola di munizioni che sia. Col tempo, accumulando Neuromod, ogni personaggio inizierà ad essere leggermente più potente (progressi dello skill tree che rimarranno tali ad ogni partita), sarà dotato di due o più abilità psichiche, ed inizierete a fare una buona gestione degli oggetti trovati in giro per poterli riciclare per creare nuovo equipaggiamento, con un crafting relegato a dei particolari macchinari sparsi per la mappa.
Ma Mooncrash mette il fiato sul collo del giocatore, perché col tempo si alzerà anche il cosiddetto livello di corruzione. Ci sono cinque fasi totali, che corrisponderanno al game over una volta riempito pienamente l’indicatore, ma che ad ogni barra completata farà comparire più nemici di prima, e più pericolosi, con pattern di attacco e resistenze differenti, ad esempio.
[caption id="attachment_186688" align="alignnone" width="1280"] Col tempo, la situazione potrà complicarsi notevolmente.[/caption]
Tutto ciò, oltre ad altre fonti di imprevedibilità come tempeste di sabbia, blackout - ma anche situazioni molto più al limite ed imprevedibili che non vogliamo svelarvi - rendono Mooncrash incredibilmente piacevole da giocare. Certo, in fin dei conti stiamo pur sempre parlando di un’esperienza sulla carta ripetitiva (in una location che è molto lineare nelle sue strutture, con pochi guizzi di level design), ma il lavoro di taglia e cuci fatto da Arkane Studios è encomiabile. Grazie anche all’idea di dividere i rami di specializzazione di Prey nei cinque personaggi, rendendo ogni partita quasi un gioco diverso. In questo modo la gestione delle risorse tipica dell’avventura originale è ancora più accentuata, visto che accumulare tante armi ed equipaggiamento con un personaggio significa rendere gli altri più inermi di fronte alle minacce della base Pyhteas.
Mooncrash è quindi un contenuto notevole, che arricchisce in maniera preziosa Prey, un titolo ingiustamente sottovalutato e messo nello scatolone dei “vorrei ma non posso” da parte di molti giocatori. Se le scorribande per la base lunare di Pytheas possono sembrare frustranti e ripetitive al primo impatto, è proprio continuando a giocare che scoprirete quanto Arkane Studios voglia far smuovere la materia grigia del giocatore, premiandone l'intelligenza quando serve. Come quando, pronti a fuggire con le capsule d’emergenza, scoprirete che i sistemi di sicurezza della base vi rilevano come un Typhon, bloccando quindi ogni pannello elettromagnetico di entrata ed uscita, e realizzerete che le granate EMP non servono solo contro gli operatori robotici della base corrotti.