Prehistoric Planet: la recensione

Prehistoric Planet è un trionfo, il perfetto incontro tra tecnologia all’avanguardia, spettacolo visivo ed esigenze didattiche

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Prehistoric Planet: la recensione della miniserie disponibile su Apple TV+

Prehistoric Planet è, in un certo senso, il sogno di ogni documentarista. Perché sprecare intere settimane sepolti sotto un cumulo di foglie o nascosti tra le fronde di un albero nella speranza di catturare un animale per quei pochi secondi a portare a casa la giornata quando si può ricostruire tutto quanto in studio, animali, ambiente, interazioni, clima? Nel caso della serie di Apple TV+, la terza targata BBC e dedicata ai dinosauri dopo la storica Walking with Dinosaurs e la più recente Planet Dinosaur, la scelta è ovviamente una necessità: il sempre affidabile e forse irrinunciabile David Attenborough ci conduce in un viaggio nella Preistoria, in un mondo ormai scomparso non solo in termini di flora e fauna ma anche di paesaggio, persino di forma dei continenti. Ma è anche un vantaggio clamoroso su qualsiasi altro documentario che si deve affidare alle bizze della natura.

Non c’è nulla in Prehistoric Planet che non sia stato creato per avere un senso. Nessuna scena, nessuna animazione, nessun dettaglio per quanto minuscolo è lì per caso, o perché c’era da riempire spazio: ricostruire dinosauri e altri animali preistorici “al computer” e farli interagire permette di eliminare tutte quelle attese da documentario di cui parlavamo sopra. Quando si ha a che fare con animali veri si è costretti spesso a fare di necessità virtù: non tutte le inquadrature sono perfettamente centrate, non tutte le cose che si vuole mostrare sono chiare o leggibili quanto dovrebbero.

Prehistoric Planet dini

La miniserie propone una rappresentazione idealizzata

Prehistoric Planet può permettersi di schivare tutti questi problemi, e dedicarsi a una rappresentazione idealizzata, da manuale nel senso più letterale del termine, della vita di alcune delle bestie più famose della storia del pianeta – per non sbagliare, la serie si apre con una sequenza dedicata a un Tyrannosaurus Rex, l’equivalente preistorico di quando Piero Angela apriva Quark con un bel documentario sui leoni nella savana. Prehistoric Planet, però, ha anche ambizioni didattiche, e vuole servire, un po’ come faceva Jurassic Park, anche da showcase per alcune delle teorie più recenti relative a questo o quel dinosauro (o in generale animale preistorico: ci sono relativamente pochi dinosauri propriamente detti in questo parco dei dinosauri). La miniserie diventa quindi anche un banco di prova soprattutto per chi si occupa di studiare il comportamento di questi animali estinti, gente costretta a inferire e formulare ipotesi più o meno azzardate basandosi solo su frammenti di ossa, segni di denti e tracce di code.

Un progetto visivamente affascinante

La fortuna di Prehistoric Planet, oltre a quella di contenere parecchi dinosauri, è che tutte le cose che vuole raccontare non solo sono interessanti e affascinanti da un punto di vista scientifico, ma hanno anche un enorme potenziale scenografico. Nei (tanti) momenti di azione vera, la serie di Apple TV+ smette di essere un documentario scientifico per diventare un film action con protagoniste alcune bestie preistoriche che, in un modo o nell’altro, se le danno di santa ragione. Sono sequenze che abbondano di citazioni visive da note opere cinematografiche (potete immaginare quali), nelle quali si vede la mano del produttore Jon Favreau; non rinunciano alla verosimiglianza (o al suo equivalente in paleontologia), ma non si risparmiano neanche di flettere i muscoli e far vedere tutta la strapotenza tecnologica della serie.

Dini

Negli ultimi anni, e in particolare con l’esplosione delle TV di grosse dimensioni e ad alta definizione, i documentari targati BBC e narrati da David Attenborough hanno conosciuto una rinascita, e sono diventati qualcosa che fa figo guardare anche in circoli molto diversi da quelli degli esperti e appassionati di natura. Prehistoric Planet assomiglia molto al coronamento di questo percorso: l’apertura definitiva all’immaginazione, la messa in scena di qualcosa che intere generazioni sognano fin dalla più tenera età e che ora è possibile godersi senza neanche bisogno di un pezzo d’ambra e una zanzara.

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