Preacher 3x04 "The Tombs": la recensione

La recensione del quarto episodio stagionale di Preacher

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi
Spoiler Alert
Naturalmente, ogni slancio di mitologia che Preacher ci fa assaggiare anche solo per un istante, deve essere compensato subito con un netto ridimensionamento di ambienti e personaggi. Accade con Dio, accade con l'ultimo discendente di Gesù, e accade infine anche con Satana, nell'episodio The Tombs, quarto della terza stagione. A fronte di una storia che rimane inchiodata ad Angelville, per motivazioni anche logiche, la serie offre una cold open e un epilogo legati tra di essi nel riproporre un vecchio personaggio accanto ad uno nuovo. Si tratta del Santo degli Assassini che, dopo la sconfitta subita nella scorsa stagione, si trova negli Inferi privo delle sue micidiali pistole.

L'attacco è micidiale e in pieno stile Preacher. Il Santo degli Assassini viene inquadrato come se fosse un personaggio inedito. Silenzioso (pronuncerà due parole in tutta la puntata), e con il cappello a coprire gli occhi. L'antro di Satana è un delirio di fuoco nel quale si apre una voragine che sembra una bocca spalancata e piena di zanne aguzze. Entriamo dentro, e ovviamente tutto viene riletto sotto una forma più familiare e contemporanea. Questo Satana non ha nulla dell'angelo caduto e lucente cui sarebbe ispirato, ma è il classico bestione rosso e cornuto, con un volto che sembra quello dei vampiri di Buffy. Di più, nulla nel suo carattere evoca timore o imponenza. Somiglia ad un uomo d'affari, con tanto di scrivania e segretaria-Angelo della Morte.

Nell'intervallo dell'episodio corre idealmente lo spazio delle frustate che il personaggio subisce fino alle ossa – letteralmente – prima che si possa finalmente parlare di affari. La storia del Santo non si incrocerà con quella di Jesse nelle prossime puntate, ma il personaggio sarà invece impegnato nella caccia a Hitler e Eugene. Decisione logica, che permette di riportare al centro della scena alcuni personaggi secondari tramite una storyline comune, nell'impossibilità di agganciarli alle vicende di Jesse, Cassidy e Tulip. A proposito del trio, rimaniamo ad Angelville. Preacher gioca sulla lunga distanza per costruire l'importanza di questo luogo e rimarcarne la minaccia rappresentata.

Questa settimana, tramite il racconto di Boyd, affondiamo in un flashback che ci riporta al Jesse adolescente, che arringava la folla accorsa per assistere alle lotte nelle Catacombe. Tutto quel che accade, dal tentativo di Jesse di allontanare Cassidy ai retroscena violenti dell'infanzia del protagonista, deve servire a costruire un'immagine più profonda di Jesse alla luce dell'ambiente di Angelville. E va detto che la puntata riesce a scavare con una certa profondità e complessità nelle motivazioni del protagoniste, contraddittorie, magari autodistruttive, ma umane.

Jesse viene attirato inevitabilmente dalla malvagità insita ad Angelville, come se fosse una parte di sé. C'è paura, incapacità di ribellarsi, ma anche il sottile piacere nell'accordarsi a quella violenza insensata, assaporando la possibilità di ispirare le folle per compiere il male – che è il contrario di quello che dovrebbe fare un pastore. D'altra parte, emerge anche un latente senso di colpa per Jesse, che incapace a fuggire non trova miglior soluzione se non quella di agire con rabbia nei confronti delle persone a cui tiene, per scacciarle e proteggerle. È accaduto nel flashback, accade anche nel presente, con Tulip. Temendo moltissimo che la donna che ama possa scoprire la parte peggiore di lui, Jesse reagisce all'opposto, esaltando quel momento. Se ci deve essere odio e separazione, allora che questi emergano nella maniera più netta possibile. È anche un modo per autopunirsi.

L'episodio probabilmente è un po' ridondante in alcune considerazioni, ma come abbiamo visto il materiale c'è. E comunque rimane molto apprezzabile l'idea della serie di non voler sprecare l'occasione di Angelville, ma di cercare di ritagliarsi tutto il tempo necessario.

Continua a leggere su BadTaste