Preacher 3x02 "Sonsabitches": la recensione

La recensione del secondo episodio stagionale di Preacher

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Spoiler Alert
Il passato in Preacher è sempre il luogo dei drammi, dei ricordi che non fanno dormire la notte. Per una serie così grottesca – anche in questo episodio – c'è sempre un'idea di intoccabilità serietà per ciò che il passato rappresenta nel definire il presente. Accade ancora in Sonsabitches, secondo episodio della terza stagione. In un bianco e nero inquietante, un ragazzo, che poi scopriremo essere Jesse, minaccia un uomo che ha chiesto un favore a madame l'Angelle. L'orrore e il senso di condanna inevitabile trasmesso visivamente fin dalla prima inquadratura trovano riscontro in un'esecuzione sempre più violenta, che culmina in una tortura sovrannaturale. In questi momenti la serie della AMC si aggancia come può ad un passato che assume connotati quasi mitologici nel definire il senso di minaccia, angoscia e paura che il luogo dovrebbe evocare.

Poi in realtà tutto quel che vedremo una volta catapultati nel presente torna a risentire delle sfumature grottesche, quando non comiche, della serie. E in qualche modo il senso di "sacro timore" ne viene ridimensionato. L'espressione non è casuale. Il timore di Dio instillato nella mente di Jesse è una deviazione di un senso di subordinazione quasi naturale alla propria famiglia del passato. L'obbedienza cieca ad un ordine superiore, anche crudele, ma accettabile come regola naturale e semplice modo di essere delle cose. Nell'ottica della serie, e del fumetto anche, la ribellione, rispetto ad una nonna crudele o ad un Dio insensibile, è il modo per definire se stessi oltre una morale precostituita.

E la Angelville della serie non riesce del tutto a riprendere e a rendere giustizia a quei connotati così terrificanti. Ci riesce in realtà sporadicamente. Qui c'è una bella cold open che abbiamo citato, ma anche un finale che per certi versi ne mostra le conseguenze alla luce ancora una volta di un coinvolgimento diretto di Jesse Custer che, letteralmente, riporta alla luce il suo passato. Nel mezzo ci sono i due uomini di Herr Starr che si rifanno sotto per cercare di uccidere i nostri, ma vengono facilmente sottomessi e condannati a morte. Jesse li lascia andare, ma potrebbe esserci dell'altro dietro il suo gesto apparentemente caritatevole. Qui la serie rimette in gioco Herr Starr, e lo fa in un bel momento in cui lo rivediamo intento nell'eliminazione sistematica di ogni altro potenziale candidato al ruolo di Messia.

Herr Starr rimane un bel personaggio perché il suo ruolo, il suo carattere, la sua stessa fisicità sono intimamente legati allo stile della narrazione. È il prodotto grottesco di un mondo grottesco. Qui sentiamo per la prima volta citare l'Allfather, e abbiamo uno scorcio sull'organizzazione dietro Starr. Jesse paga come al solito il fatto di essere un personaggio un po' respingente. Qui molto delle sue azioni è definito dal desiderio di riappropriarsi a pieno titolo del potere di Genesis, che ovviamente è importante per la serie, ma non dovrebbe definire del tutto il protagonista. Non a caso la scena forse migliore della puntata è quella che vede sinceramente a confronto Jesse e sua nonna, in uno scambio sofferto, carico di risentimento, ma anche di accettazione dell'inevitabile dolore che seguirà alla situazione attuale.

Nel suo rendere, quando ci riesce, più umani i suoi personaggi, Preacher ha tutto da guadagnare. Cassidy finora ha un po' sofferto in questo senso, mentre Tulip ancora soffre, e soffrirà, i postumi della resurrezione.

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