Preacher 2x11 "Backdoors": la recensione
Ci avviciniamo al finale di stagione di Preacher: la recensione dell'undicesimo episodio, intitolato Backdoors
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Si riparte ancora una volta dal conflitto, prima silenzioso, ora sempre più rumoroso, in seno al trio di protagonisti. Le macchinazioni di Starr si insinuano all'interno delle crepe che già esistevano tra Jesse, Cassidy e Tulip, spingendoli in direzioni opposte. Ne conosciamo le ragioni. Starr vuole rimpiazzare la discendenza di Cristo con una figura più autorevole, Custer quindi, ma anche e soprattutto Genesis. La scrittura si prende i rischi del caso a rappresentare tutto in questa mitologia attraverso un filtro grottesco, prima nella figura di Cristo, ora nella rappresentazione del suo presunto sostituto e della persona che vorrebbe reclutarlo. Starr ancora una volta verrà umiliato dalla scrittura.
L'episodio è buono, gli scambi all'interno del trio – particolarmente la costruzione della tensione in un dialogo – funzionano bene, ed è riuscita, anche se non del tutto chiara, la parentesi all'inferno, completamente slegata dal resto e quindi molto rischiosa. Anche perché qui non si tratta di raccontare la vicenda di Eugene, ma di fare un salto ancora più in là e narrare la “origin story” di Hitler, malvagio non per nascita (come nessuno del resto). Dall'altra parte si poteva costruire meglio la tensione sulla scoperta della fuga del Santo degli Assassini, e al tempo stesso il personaggio di Tulip continua a perdere qualcosa della sua forza, anche rispetto a Jenny.