Preacher 2x06 "Sokosha": la recensione

Jesse e gli altri affrontano il Santo degli Assassini in uno dei migliori episodi di Preacher

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi
Spoiler Alert
Preacher non è esattamente la serie più equilibrata in circolazione, ma quando funziona lo fa dannatamente bene. Sokosha in questo senso era l'episodio migliore da sganciare in questo momento, a metà della seconda stagione e dopo una puntata come Dallas che non aveva brillato particolarmente. Invece qui la serie della AMC fa tutto nel modo più giusto. Sokosha è divertente e creativo, gioca con la mitologia e mette al centro la sfida con il Santo degli Assassini, muove i personaggi con grande abilità restituendoci quell'empatia che si andava perdendo. Ripaga tutto con un finale degno di questo nome, che chiude per il momento una parentesi e proietta Jesse e gli altri verso nuove sfide. Uno dei migliori episodi di Preacher senza dubbio.

Scoprire l'universo di Preacher significa aprire le porte di un mondo segreto infiltrato nel nostro più grande. La compravendita delle anime, che gioca un ruolo fondamentale nella cold open e più tardi nell'episodio, è solo uno dei modi con cui il sacro viene ridotto al profano, spogliato di ogni valore spirituale e ridotto ad una visione estremamente terrena. Eppure così funzionale e giusta una volta che ci troviamo a scontrarci con essa, quasi da apparire naturale. Non un senso di scoperta e meraviglia, la l'idea che le cose devono andare così perché, diciamoci la verità, in quale altro modo potrebbero essere trattate le anime, se non come merce di scambio?

Il Santo degli Assassini ha un particolare interesse nel concetto di anima, e per la prima volta lo vedremo vacillare di fronte alla notizia della scomparsa di Dio. Scorrono di fronte ai nostri occhi le pagine del fumetto a lui dedicate, insieme ad una montagna di materiale cartaceo. Viene narrata ancora una volta la sua storia, quella che abbiamo conosciuto nella prima stagione, ma una narrazione funzionale al racconto e ben eseguita. Il trio si accorge di avere a che fare con l'unico uomo senza anima, e questo spiega il perché Genesis con lui non funzioni. Ma l'episodio trova anche il modo di giocare sulla tensione inserendo i personaggi in una cornice familiare e normale che funziona di per sé: anche senza tutto il resto, il semplice dialogo a colazione funziona molto bene.

Il ritmo dell'episodio è serrato, non in tempo reale ma quasi. Jesse deve cercare entro breve un'anima per salvare la vita ai suoi compagni. E qui la scrittura ancora una volta corteggia il passato finora sconosciuto del protagonista e lascia intravedere traumi passati. A quanto pare nella sua famiglia il commercio di anime era un'attività normale. Ora, questa consapevolezza improvvisa di Jesse sarebbe disturbante di solito, ma qui tutto vuole servire qualcosa che ancora non abbiamo visto, una luce gettata sul passato del personaggio. L'episodio poi ha quelle piccole chicche di stile e di scrittura che lo elevano, tra un proiettile ripescato in frigo e una battuta su Dick Cheney da rotolare dalle risate.

Il Santo ne esce in qualche modo ridimensionato nel suo carattere implacabile, soprattutto alla luce di tutto quello che aveva fatto finora, ma è anche vero che Genesis è una circostanza eccezionale, ed è solo grazie ad esso che Jesse riesce a vincere la sfida. Questo addio tuttavia appare come un arrivederci. Una piccola parentesi che si chiude mentre così tante altre sono aperte.

Continua a leggere su BadTaste