Powers 1x01 "Pilot": la recensione

Il debutto di Powers, la serie di Playstation Network, non convince del tutto

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Spoiler Alert
I supereroi sono una realtà. No, non stiamo ancora parlando di Powers, la prima serie originale prodotta da Playstation Network e basata sul fumetto di Brian Michael Bendis. Si tratta semplicemente di una considerazione più generale, basata sull'ondata di prodotti di questo genere che più o meno dall'inizio del millennio sono la vera costante del cinema e della tv e che stanno segnando storicamente questa fase dell'intrattenimento su piccolo e grande schermo. Questo è un trend, uno di quelli che risaltano immediatamente e che sono sotto gli occhi di tutti, e che in questo caso si incontra con un altro, che sta ancora muovendo i suoi primi passi. Si tratta della nascita di un nuovo gruppo di attori che diventano produttori sul mercato delle serie tv, oltre il via cavo e i normali canali broadcast.

Queste sono le coordinate sulle quali si muove Powers. La serie si svolge in un mondo nel quale l'esistenza di supereroi e supercattivi è una realtà accettata e nota, e segue le indagini del detective Christian Walker e della sua assistente Deena Pilgrim alle prese con i reati riguardanti queste figure a Chicago. Powers quindi parte da una prospettiva originale sul genere, che ci porta lontani dal classico canovaccio incentrato sul singolo supereroe e sul suo sguardo personale. Qui l'eccezionale è già arrivato ed è stato perfettamente incamerato dalla società e dalle istituzioni, che hanno reagito creando apposite strutture per il contrasto dei crimini di tale genere. Si tratta proprio della Powers Division, dove il protagonista, interpretato da Sharlto Copley, lavora.

Il celebre fumetto originale risale al 2000, ma in questi ultimi anni non sono state poche le trasposizioni partite da una prospettiva di questo tipo. The Incredibles ovviamente, tanto per restare in tema di reintegrazione, ma anche l'immortale Watchmen e tutto quel filone di supereroi al limite che ha in Kick-Ass il suo esponente più famoso al cinema e nei delinquenti di Misfits la sua incarnazione più particolare in televisione. E non esiste prova più grande del successo del filone supereroico e di come ormai faccia genere a sé, del fatto che ormai sia diventata la regola anche questa prospettiva metanarrativa, che gioca sui canoni di un genere le cui regole sono talmente note a tutti che ormai si è pronti per andare oltre e crearne di nuove.

E questo è punto di maggior forza di un debutto che per il resto mostra il fianco a molte critiche. Powers costruisce, o meglio ci illustra come già costruita, una sottocultura perfettamente formata, coerente, con un suo gergo e caratteristiche sue proprie. Si muove lungo gli scenari del tipico poliziesco, ma è chiaramente anche qualcosa in più ciò che vediamo. Si parla di Powers e di giovani "wannabe", c'è un'epoca d'oro alla quale molti guardano (sicuramente lo fa il protagonista, un ex Power che soffre la perdita dei poteri come se fossero un arto mancante) e ci sono vecchie minacce che tornano alla carica.

Nel pilot, diretto come il secondo episodio da David Slade, non si riesce tuttavia a tracciare un giusto equilibrio tra concessioni all'anima più fumettistica e al cuore da police drama. Fra teste mozzate in modi originali e strani orpelli indossati da alcuni powers, i caratteri sfuggono di mano e non colpiscono come dovrebbero. Olesya Rulin, che dà il volto alla giovane Calista, è una bella sorpresa, e in generale in cast funziona, ma al momento manca la giusta chimica tra i due partner. In particolare rimane davvero difficile da decifrare il personaggio interpretato da Susan Heyward (nella realtà addirittura più giovane della Rulin!). Powers non eccelle sotto nessun aspetto e, sebbene nessuno chiedesse questo, è vero che questo esordio, in modo non troppo diverso da Gotham, non riesce a coniugare bene i vari generi della vicenda e a trovare un equilibrio coerente al suo interno. Ma rimane solo un debutto, e le prospettive di crescita sono molto alte.

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