Post Mortem, la recensione | Trieste Science+Fiction Festival 2020

Il regista ungherese Péter Bergendy firma con Post Mortem un film interessante e coinvolgente dall'atmosfera suggestiva che coinvolge fantasmi ed eventi sovrannaturali

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Arriva dall'Ungheria una suggestiva storia di possessioni e spiriti inquieti: Post Mortem, diretto da Péter Bergendy e presentato all'edizione 2020 del Trieste Science+Fiction Festival, che crea un'atmosfera perfetta per la tipologia di storia proposta, faticando però a mantenere alta la tensione ben costruita fino a metà del racconto.

Un convincente Viktor Klem interpreta nel lungometraggio il protagonista Tomás che, dopo essere sopravvissuto alla prima Guerra Mondiale e aver avuto una visione misteriosa, inizia a lavorare come fotografo. I suoi soggetti, tuttavia, sono i morti: le famiglie dei defunti possono posare accanto alle persone amate per avere un ultimo ricordo da conservare, tradizione in passato molto diffusa in alcune nazioni. Nel 1918 Tomás si trasferisce in un villaggio ungherese dove stringe amicizia con Anna (Fruzsina Hais), ritrovandosi però alle prese con eventi sovrannaturali sconvolgenti e mortali su cui indaga con la collaborazione della ragazzina.

Post Mortem colpisce immediatamente per il lavoro compiuto sulla fotografia e sulla ricostruzione storica del periodo post conflitto mondiale, costruendo un'atmosfera che sembra riflettere sullo schermo il fascino di opere pittoriche e l'inquietudine di quegli scatti realmente realizzati con al centro i defunti. Il regista sfrutta molto bene la bravura di Klem e della giovanissima Hais, che hanno costruito un feeling perfetto per coinvolgere gli spettatori con una parte centrale quasi in stile detective dell'occulto e per gettare le basi, senza affrettare i tempi, utili a sostenere i momenti spaventosi in cui gli spiriti si scatenano nel villaggio.

Nonostante alcune sequenze in grado di far sobbalzare sulle sedie, tra cadaveri che prendono vita e apparizioni a sorpresa, Bergendy riesce a non far intuire la svolta compiuta nell'ultimo atto, caratterizzato da un crescendo di tensione ed effetti visivi realistici che non fanno mai scivolare il racconto nel campo dell'incredulità.

A metà tra The Others e The Conjuring, il lungometraggio ungherese diretto con sicurezza da Péter Bergendy si propone per gli appassionati del genere horror-gotico come una proposta in grado di soddisfare e intrattenere.

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